Titolo originale: L’esquive, di A. Kechiche, Francia 2003, drammatico, colore, 117′, con Osman Elkharraz, Sara Forestier, Sabrina Ouazani, Nanou Benhamou, Rachid Hami, Hafet Ben-Ahmed, Aurélie Ganito, Carole Franck

Dopo Voltaire, Marivaux. Così Abdellatif Kechiche abbatte i confini dello spazio-tempo e costruisce un ponte tra passato e presente. L’esquive è soprattutto questo: un poema didascalico in salsa banlieue, l’Ulisse joyciano nell’era degli eterni adolescenti. Krimo (Osman Elkharraz) somiglia molto a quel Leopold Bloom che abbiamo visto perdersi tra le strade di Dublino, in una serie di (s)fortunati eventi. Al contrario del suo alter ego irlandese però, il protagonista dell’intreccio, schiva l’altrui flusso di coscienza, per eclissarsi in un circuito di elisioni che renderanno il suo silenzio un’arma a doppio taglio. Siamo nel quartiere di Saint-Denis, mai nominato, ma facilmente identificabile dagli HLM che circoscrivono la scena e su cui rimbalzano milioni di parole al secondo: è il linguaggio della racaille, dei giovani esclusi, un rap esplosivo di sonorità d’oltralpe, cadenzato da un accento che tradisce origini ben più lontane. Il tempo è scandito da furti, incarcerazioni ed episodi di sottile violenza, mentre la vita continua, nel suo grigiore, a regalare attimi d’eccentrica normalità: un vestito da comprare, uno spettacolo da allestire, una ragazza da conquistare.
Tutta colpa del teatro. Il gioco dell’amore e del caso smette infatti di essere solo una recita di fine anno e diventa il fil rouge che muove le marionette sul palco di Kechiche: Lydia (Sara Forestier) è Lisetta, la nobile che si finge serva nella commedia di Marivaux e che fa innamorare perdutamente di sé Arlecchino, inizialmente incarnato da Rachid (Rachid Hami) e poi, ovviamente, da Krimo, che riesce a comprare il ruolo all’amico in cambio di un paio di scarpe, di una tuta da ginnastica e di un po’ di caviale. Ma Krimo non sa recitare, così come non sa palesare il suo amore: le battute di Arlecchino gli riempiono la bocca, ma appaiono piatte e mute quando pronunciate dalla sua voce. Il suo approccio è inconcludente e confusionale, genera equivoci, provoca tumulti. Estraniato dal suo contesto naturale, Krimo perde se stesso, schiva la folla, il confronto, infine si arrende. Eppure, sul finale, si concede un unico lusso: quello di non dire niente, di sottrarsi, ancora una volta, alla vita che lo chiama dalla finestra. leggi oltre

Qui non si rassegna nessuno: carceri, fughe e repressione
Marzo, aprile, maggio 2012 al CINEMOLINO @ CSOA IL MOLINO – Lugano
Inizio proiezioni: 21’00 – entrata libera

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