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UN MAGGIO PALESTINESE PER RILANCIARE LA PRIMAVERA ARABA

Lo scenario di rivolta e di insubordinazione generalizzata che dal gennaio scorso sta scuotendo il mondo arabo è stato descritto a più riprese come qualcosa di inaspettato, improvviso, inimmaginabile. I movimenti che stanno attraversando e costituendo la primavera araba hanno connotazioni indefinibili e rientrano difficilmente nel gioco delle rappresentabilità. Inaspettati e indefinibili proprio perché provenienti dal basso, questi movimenti hanno però dovuto confrontarsi da subito con il corollario preciso e puntuale di una repressione tanto prevedibile quanto esasperata.

Tale esasperazione è infine sfociata, per l’ennesima volta in pochi anni, nel consueto abominevole ossimoro della guerra umanitaria. Ecco perché, rispetto all’inumana pratica dei bombardamenti, dei respingimenti in mare, di frontex e dello stato di guerra come modo di produzione e di vita (guerra umanitaria, guerra al terrore, guerra al narcotraffico, guerra alla mafia…), il monito di Vittorio Arrigoni “Restiamo umani” squarcia il velo di ipocrisia che ci circonda e rilancia in termini rivoluzionari una pratica che dovrebbe essere del tutto naturale, quella appunto di rimanere degli esseri umani. Lui lo gridava dalla catastrofe palestinese della striscia di Gaza, dove uno stato legittimato all’assassinio come Israele non deve nemmeno ricorrere a sottili giochi di parole per giustificare uno sterminio di massa. Vittorio scelse di restare umano sotto una pioggia di “piombo fuso” perpetrata ai danni della regione più densamente popolata al mondo, denunciando continuamente i soprusi e il soffocante isolamento nel quale è costretta la striscia: senza acqua, senza materiali per ricostruire le macerie, senza medicinali negli ospedali e soprattutto senza la possibilità di gridare e mostrare al mondo la propria lenta, straziante agonia.

Quello di Israele nei confronti della striscia di Gaza è uno stato d’assedio postmoderno, uno vero e proprio laboratorio della repressione che ha nei suoi strumenti più efficaci il controllo totale delle informazioni. Il lavoro di informazione e denuncia di Vittorio era decisamente più fastidioso dei razzi qassam lanciati su Sderot. Il suo “restare umano” era ed è intollerabile per la barbarie inumana dello stato di Israele.

Sono questi i motivi che ci hanno portato a sfilare il primo maggio a Lugano in ricordo di Vik, sventolando ancora una volta, dopo tanti anni di militanza a fianco della causa palestinese, l’unica bandiera che non rappresenta uno stato, ma una lotta riconosciuta da tutti i movimenti globali. Una lotta lunga più di mezzo secolo che la nakba del prossimo 15 maggio riproporrà nei termini contemporanei della primavera araba.

Sono questi i motivi che ci spingono ad appoggiare e sostenere il Convoglio Umanitario Restiamo Umani. Perché restare umani oggi, di fronte alla virtualizzazione continua di catastrofi del tutto reali, si impone in primo luogo attraverso la mobilitazione dei corpi. Corpi umani che fuggono guerre umanitarie, che si immolano per protesta, che attraversano mari e frontiere, che si oppongono al transito di scorie nucleari nelle città, che bloccano i flussi della metropoli globale, corpi che incontrano popoli in lotta. Mentre redigiamo e discutiamo il nostro comunicato di appoggio, il CO.R.UM. sta incontrando i ragazzi di piazza Tahrir: si tratta del primo grande portato di questo convoglio proveniente dal basso e in grado di incontrarsi e riconoscersi soltanto dal basso. L’idea di un convoglio che entri via terra dall’Egitto che ha sbaraccato il regime di Moubarak, dal nostro punto di vista rappresenta una suggestione estremamente potente, in grado di oltrepassare il simbolico per riconnettere nuovi scenari di lotta. In definitiva, pensiamo che non vi possa essere una reale conquista di libertà per i popoli arabi senza una decisa riaffermazione della causa palestinese dal basso. I corpi assassinati di Vittorio Arrigoni e Mohamed Bouzazi oggi si incontrano e si moltiplicano attraverso i “corpi vivi” della solidarietà in resistenza. Sono i corpi e le menti che abbracciano finalmente le due sponde del Mediterraneo, contro lo spirito xenofobo che ci viene continuamente riproposto.

Ciò che dall’alto viene continuamente diviso e indebolito si unisce e si rafforza dal basso, attraverso la mobilitazione in prima persona, la coordinazione in rete, i movimenti.

Questa è l’idea meravigliosa e potente che intendiamo sostenere oggi e sempre.

Finchè resteremo umani, Vittorio non sarà mai morto.

CS()A IL MOLINO

LUGANO

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