TAZ a Locarno, in occasione del Festival Internazionale del Film promossa da CSOA il Molino, Movimento dei Senza Voce, Gbb e Selva

Il pieghevole con gli interventi delle altre realtà (pdf)
Foto1 e Foto2

Viviamo quotidianamente la diffusione di un razzismo sempre più presente in ogni fascia della popolazione, una situazione dove la crisi economica non crea alternative e altri mondi possibili ma rinnova nazionalismi fatti di chiusure e paure verso tutto ciò che è diverso. La fortezza Europa si chiude a riccio su stessa sperimentando ulteriori tecniche di repressione e di controllo le cui vittime principali sono le migliaia di migranti che trovano la morte e la violenza polizesca per raggiungere il sogno dorato.
Parallelamente assistiamo a strani fenomeni di spettacolarizzazione della multiculturalità.

Una di queste espressioni la troviamo presso la rotonda più grande d’Europa, quella tanto in voga durante il Festival del Film di Locarno, che come ormai da qualche anno a questa parte, si trasforma in un vortice consumistico pseudoetnico. Appuntamento ormai irrinunciabile nelle notti locarnesi, la rotonda multietnica (?) diviene luogo privilegiato dove poter annusare profumi e gustare sapori da tutto il mondo. Una NON-luogo pensato per utenti passivi, dove consumare e fare da spettatore agli eventi in programma. La rotonda sembra progettata per farti prendere da una strana frenesia, simile a quella che si prova nei centri commerciali.
Tanti stimoli, visivi, sonori, olfattivi attirano la nostra attenzione e ci spingono a guardare tutto, senza vedere niente, a scivolare fra le persone, senza né incontrarle né lasciarsi contaminare.

Un ipocrita paese dei balocchi che dietro luci e profumi invitanti, accompagnati da costi proibitivi, di etnico possiede ben poco. Ci mostra unicamente il lato più digeribile dell’altro, nascondendo gli aspetti che meno ci piacciono. Vogliamo il curry, ma non gli indiani, il cus cus, ma non i magrebini, la musica tzigana ma non gli zingari.

Inoltre, come se non bastasse l’assidua presenza di polizia e la videosorveglianza costante, un occhio più attento scorge l’esercito degli agenti di sicurezza privata, sempre presenti a ricordarci che stiamo vivendo uno spazio a libertà limitata.
In questo caso, come già avvenuto nella semi privatizzazione della polizia ferroviaria, il controllo sociale è appaltato a privati e sfugge a qualsiasi forma di controllo.
Come d’altronde verificatosi in occasione della tragica fuga di un giovane migrante che per paura si gettava dal terzo piano dell’autosilo di Lugano.

Se da cittadini accettiamo di trasformarci in consumatorori, dobbiamo anche accettare che siano gli sponsor a decidere per noi. Allo stesso modo l’etnico diventa accettabile solo quando è da vendere o comprare, quando rientra nel circuito delle risorse economiche, o quando è reso inoffesivo epurato dagli aspetti che ci spaventano. Il cibo non deve essere troppo piccante, e la diversità non deve essere troppo visibile.

La rotonda rappresenta una buona metafora della nostra società, nonostante le luci colorate, rimane un gigantesco buco protetto da mura di cemento armato e circondato da automobili che vorticano incessantemente.

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