Un tema lasciato sonnecchiare negli ultimi anni, poi risvegliato bruscamente un paio di settimane fa dall’ordine di sgombero del Maglio ordinato dal Consiglio di Stato. Una decisione improvvida, l’ha definita il capogruppo liberale- radicale Rocco Olgiati, interpretando i sentimenti del legislativo comunale, che ora approva (in genere con scarso entusiasmo, bisogna ammetterlo), la necessità di scendere a patti con il Molino, una presenza che comincia a diventare ingombrante da quando le attività del centro sociale sono state riproposte direttamente nelle piazze di Lugano.
Il Municipio è disposto ad intavolare trattative e ad ascoltare e discutere le richieste degli autogestiti (che ieri sera hanno distribuito ai gruppi politici il proprio progetto di autogestione inserito nell’ex autorimessa ACT di Cornaredo), ma pretende il rispetto delle regole del gioco e vuole evitare tentativi di condizionamento dell’autorità. Insomma, si chiede più serenità. L’obiettivo ribadito dal sindaco è quello di elaborare una soluzione transitoria per arrivare entro metà gennaio ad una risposta definitiva per quel che riguarda l’insediamento del centro socioculturale.
Ieri mattina il Municipio ha designato i propri rappresentanti nel gruppo operativo che analizzerà le proposte, di cui faranno parte anche esponenti del Molino e dello Stato. Un incontro è previsto la prossima settimana. Il sindaco non intende, però, tollerare provocazioni.
Gli insulti rivolti alla sua persona («Giudici infame»,«Giudici fascista»,«Giudici testa di ….» scritti sabato sera sulle pareti del sottopassaggio pedonale di Besso durante l’ultima uscita del Molino) rischiano di compromettere i rapporti fra l’autorità e le realtà antagoniste che rivendicano spazi autonomi in città. Gli accordi scritti, che il Municipio di Lugano settimana prossima sottoporrà ai rappresentanti del Molino, andranno rispettati: le attività pubbliche del centro sociale dovranno essere presentate preventivamente all’amministrazione comunale e gli orari concordati andranno osservati, non come sabato a Besso quando la musica, anziché all’una è cessata alle 3 di notte.
Condizioni le chiedono un po’ tutti. Il PPD Giovanni Antonini ne pone due: il rispetto della legalità («non si possono creare zone franche dove si fa ciò che si vuole») e il coinvolgimento del Cantone, dei Comuni limitrofi, delle associazioni interessate e delle persone competenti. L’esperienza di altre città – ha concluso Antonini – ha dimostrato che un centro socioculturale può esistere.
Michele Foletti (Lega) ne aggiunge una terza, «irrinunciabile» : che il Municipio segua le vie istituzionali e trasmetta al Consiglio comunale il progetto che verrà proposto entro gennaio. Il motivo? La possibilità per i cittadini di Lugano di eventualmente pronunciarsi attraverso un referendum. Un’opportunità quella del referendum evocata anche da Roger Etter: «Seguiremo da vicino questa vicenda e se la proposta non ci soddisferà faremo in modo che il popolo luganese venga interpellato» ha detto il capogruppo UDC, molto critico sull’autogestione e sull’esperienza del Maglio. Ma anche il PLR diffida degli interlocutori con i quali Lugano intende dialogare e respinge l’equazione che traduce automaticamente un bisogno in un diritto. «Senza alcun entusiasmo» , il capogruppo Rocco Olgiati ammette che la questione deve essere risolta con il concorso anche della Città. Per il gruppo di maggioranza i prossimi mesi dovranno servire per verificare l’effettiva disponibilità al dialogo e al rispetto delle regole minime di convivenza da parte dei molinari. Se le aspettative saranno deluse, il PLR si riserva di rivedere la propria posizione in senso evidentemente meno tollerante. La sinistra riconosce invece piena legittimazione all’autogestione dipinta come l’essenza dell’illegalità, quando in realtà si è dimostrata essere «un progetto culturale qualificante di una società, di una collettività capace di mettere a disposizione uno spazio di confronto e di crescita anche al di fuori dei luccicanti e stereotipati circuiti convenzionali, che sembrano essere gli unici ad avere diritto di cittadinanza a Lugano. È senz’altro ampiamente l’ora – ha concluso Daniela Baroni (PS) – di dar posto anche agli “ scomodi”: una vera città si riconosce anche da queste cose» .
i. p.

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