08 DICEMBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

“Centri sociali” contro la Tav Sit-in di protesta alla stazione
Protesta degli studenti contro le espulsioni «No alla repressione»
Il ministro Martino: «La pace nel mondo parte da Vicenza»

La manifestazione per esprimere solidarietà alla Val di Susa
“Centri sociali” contro la Tav Sit-in di protesta alla stazione
Una trentina di giovani hanno occupato l’atrio per circa un’ora

Un sit-in nell’atrio della stazione ferroviaria per dire no alla Tav ed esprimere “solidarietà” agli abitanti della Val di Susa che protestano da giorni contro il progetto dell’alta velocità. Ieri, poco dopo le 18 e per circa un’ora, nel momento in cui rientrano in città molti studenti e lavoratori pendolari, un gruppo di una trentina di giovani che gravitano nell’orbita dei centro sociali e delle associazioni “Capannone sociale” e “Ya Basta” ha occupato l’atrio della stazione affiggendo alle pareti striscioni e fotografie dei presidi piemontesi e delle aree dove è prevista la realizzazione del nuovo tracciato ferroviario. I giovani manifestanti hanno distribuito ai molti pendolari, soprattutto giovani lavoratori e studenti, un dossier da loro preparato sulla questione della Tav. In esso sono contenute le ragioni della contrarietà al progetto. «Invece di potenziare la rete ferroviaria esistente - spiega Francesco Pavin, uno dei leader del gruppo - vogliono un progetto da 15 miliardi di euro che avrà un impatto ambientale enorme. Tra l’altro l’offerta sarà poi così costosa da non essere accessibile per le fasce di cittadini a reddito basso». Col sit-in di ieri i giovani hanno voluto anche esprimere la propria vicinanza alla popolazione della Val di Susa. «C’è chi definisce eversive le loro proteste - conclude Pavin -, quando in realtà è una popolazione intera a chiedere alla politica di fermarsi ad ascoltare le loro ragioni». L’azione dei giovani della sinistra radicale ha fatto seguito ad un’altra protesta, quella inscenata dalla federazione provinciale dei Verdi l’altro ieri con un piccolo presidio organizzato sotto la prefettura. Quella manifestazione era giunta all’indomani dell’intervento della polizia a sgomberare i presidi anti-Tav a Venaus, in Val di Susa. Il blitz della forze dell’ordine ha suscitato reazioni disparate e innescato subito una serie di polemiche tuttora non sopite tra le forze politiche .


Dal Giornale di Vicenza 8/12/05:
All’istituto professionale S. Gaetano
Protesta degli studenti contro le espulsioni «No alla repressione»

di Anna Madron

«Basta espulsioni, no alla scuola caserma». Recitava così lo striscione esibito dai ragazzi del Coordinamento studenti, riuniti ieri pomeriggio davanti all’istituto di formazione professionale San Gaetano, in stradella Mora, per manifestare contro una scuola «eccessivamente rigida, dove ogni anno vengono espulsi definitivamente un numero di studenti al di sopra di qualsiasi media». Motivo? Gli esponenti del Coordinamento spiegano che «non si tratta di fatti gravi. Al San Gaetano è sufficiente avere tatuaggi, piercing o partecipare alle manifestazioni studentesche per far scattare la sospensione». E citano come esempio il caso di un allievo, «già sospeso temporaneamente per aver partecipato a uno sciopero studentesco», che sarebbe stato «espulso senza possibilità di difendersi perché “colpevole” di aver chiacchierato con il compagno di banco durante un’ora di lezione». E aggiungono: «Siamo nettamente contrari a un modello scolastico/educativo di stampo repressivo e fortemente punitivo, a maggior ragione in un tipo di istituto come il San Gaetano, spesso frequentato da ragazzi con problemi a livello sociale o familiare». Di qui la richiesta di riammissione dell’alunno in questione da parte degli esponenti del Coordinamento che ieri pomeriggio hanno incontrato il direttore del Cfp Paolo Faccin con il quale si sono trattenuti a lungo per esporre il loro punto di vista. Che non coincide, però, con quello della scuola la quale replica punto per punto alle accuse del Coordinamento. «Nel nostro istituto gli alunni vengono espulsi per ben altri motivi che un piercing o un tatuaggio - spiega Faccin - in realtà abbiamo cercato di fare il possibile per seguire e motivare questo ragazzo. La scuola non può, però, essere lasciata sola ad affrontare gravi situazioni di disagio adolescenziale, né sostituirsi alla famiglia. Se fino a venti giorni fa con la famiglia c’era un dialogo, non sempre facile, ma sicuramente costruttivo e che riusciva a supportare questo ragazzo debole e bisognoso di punti di riferimento certi e autorevoli - sottolinea Faccin - oggi questo dialogo non esiste più. Sono pertanto venuti meno i presupposti del progetto educativo di cui è stata decretata inevitabilmente la fine. Una cosa, comunque, è certa: qualunque sarà l’epilogo di questa vicenda, il dramma implicito rimane proprio questo fallimento, oltre al fatto di aver reso di dominio pubblico una “storia” privata».

dal Gazzettino 8/12/05:

LA PROTESTA Manifestazione e striscioni degli studenti che difendono il compagno
«Basta con la scuola caserma»

(L.P.)Un colloquio durato oltre un’ora che ha aperto il dialogo tra le parti. Ieri, l’incontro tra il direttore del Cfp "San Gaetano" Paolo Faccin, il tutor Don Giuseppe Biasio, due studenti del Coordinamento Studentesco e il ragazzo che di recente è stato allontanato dalla scuola (per motivi disciplinari), ha permesso di affrontare una questione che negli ultimi giorni ha reso rovente il clima dell’istituto. All’origine delle polemiche l’espulsione di O., 17 anni, della provincia di Vicenza: la sua causa è stata fatta propria dai giovani del Coordinamento Studentesco, che ieri pomeriggio hanno messo in atto una pacifica manifestazione di protesta nei confronti della scuola e dei suoi metodi educativi. Richiedendo a gran voce la riammissione dello studente. "Basta con la scuola caserma", recitava lo striscione alzato davanti alla sede del Cfp San Gaetano. E accanto ai ragazzi del Coordinamento c’era anche lo studente espulso (quest’anno avrebbe dovuto terminare il terzo e ultimo anno del Cfp) e i suoi genitori. «Stiamo parlando di una scuola e non di una caserma - fanno sapere dal Coordinamento Studentesco - Siamo contrari a un modello scolastico ed educativo di stampo repressivo. Al San Gaetano vige la regola dei cartellini gialli e rossi che determinano il richiamo o la sospensione definitiva dello studente. Il provvedimento preso per questo studente ci sembra sproporzionato a quello che è successo. Valuteremo le prossime mosse e non escludiamo di coinvolgere altri soggetti». Pronta è la risposta del direttore dell’Istituto: «Ma quale caserma? Con questo ragazzo abbiamo esaurito tutte le possibilità, abbiamo tentato di responsabilizzarlo senza riuscirci e il suo rapporto con noi si è concluso. Ma questo non significa che per lui non ci siano più prospettive. Stiamo creando i presupposti per un percorso che passerà attraverso il Centro per l’impiego. E la qualifica la potrà ottenere ugualmente, lavorando. La scuola, come un’azienda, deve "vendere" un prodotto, che in questo caso è un progetto educativo. E’ chiaro che qualcuno può dissentire, ma si tratta di una persona su 500 che invece ci hanno scelto».

ALLIEVO, FAMIGLIA, SCUOLA TRE ATTORI, PROGETTO UNICO
di PAOLO FACCIN*

Ogni progetto educativo ha una sua logica nella definizione dei cardini che lo caratterizzano rendendolo autentico e, soprattutto, realizzabile. I punti fermi che connotano il progetto dell’istituto San Gaetano sono, imprescindibilmente, l’allievo, la famiglia e la scuola uniti nella libera condivisione dell’obiettivo centrale: il bene del ragazzo ed il suo inserimento nel mondo del lavoro. Proprio perché crediamo nella "valorizzazione delle potenzialità" di ogni singolo, facciamo in modo che si costituisca un’unità tra questi tre attori educativi motivata e motivante; in sintesi un centro di responsabilità per il successo del’allievo. Per dare certezza che ciò si realizzi, abbiamo, da sempre, creato la figura del Tutor (insieme con il Tutor di ogni singola classe) che personalmente segue ogni ragazzo ed ogni famiglia offrendo un punto di riferimento reale, raggiungibile e propositivo. Detto ciò appare evidente come i ruoli di famiglia e scuola diventino fondamentali nel momento in cui il ragazzo, comprensibilmente, possa vivere situazioni di disagio adolescenziale, ma è altrettanto evidente che mai, la scuola, potrà essere "sola" in questo compito di sostegno. Ecco quindi che, se pur con grandi difficoltà, fino a non più di 20 giorni fa tra le due parti (scuola e famiglia) c’era un dialogo non sempre facile ma sicuramente costruttivo, che riusciva a supportare la terza parte (l’allievo) più debole e bisognoso di punti di riferimento certi e autorevoli.Oggi questo non esiste più, sono venuti meno i presupposti di questo progetto educativo decretandone inevitabilmente la fine. Il dramma implicito rimane e riguarda, aldilà di come sarà chiusa questa vicenda, proprio questo fallimento ed il fatto di rendere di dominio pubblico una "storia" privata. Il nostro istituto forma da sempre ragazzi e ragazze inseriti nella società con la propria dignità di uomini e lavoratori capaci di rispettare e di essere rispettati come persone e come cittadini. Questa è una missione che ci coinvolge, che ci fa sostenere attraverso percorsi personalizzati per più di 500 allievi ogni anno, anche chi ha diverse abilità o chi ha difficoltà particolari; proprio nel rispetto di tutti questi "singoli" abbiamo la convinzione che ogni "singolo" progetto, per essere fattibile e non danneggiare gli altri, debba essere condiviso e non imposto.

prof. Paolo Faccin Direttore del CFP San Gaetano


Il ministro Martino: «La pace nel mondo parte da Vicenza»

(d. n.) «Le crisi vanno governate. Non esiste un ristretto ed esclusivo club di paesi virtuosi, le situazioni di conflittualità sono quanto mai numerose nel mondo. Il buon andamento delle relazioni planetarie è un vantaggio per tutti, e deve essere un dovere. Il fardello da portare è stato pesante». Il ministro della Difesa Antonio Martino ha spiegato perché ha scelto di venire a Vicenza. Premiare i primi diplomati dal Coespu è un’occasione importante per dimostrare che l’Europa e l’Italia sanno pianificare il futuro e hanno un ruolo decisivo, quello della formazione, per la pace nel mondo. La cerimonia. Ieri, per la caserma Chinotto e per i carabinieri vicentini, è stata una giornata speciale. Per la conclusione del primo corso del neonato Centro di eccellenza, sono arrivate le massime autorità della Difesa italiana e dei paesi alleati. Il ministro è stato accompagnato dal comandante generale dell’Arma Luciano Gottardo e dal capo di Stato maggiore ammiraglio Giampaolo Di Paola; non mancavano l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia Ronald Spogli e i colleghi di Kenya, Giordania, India, Marocco e Senegal. Ad accoglierli il prefetto Tranfaglia con il sindaco, il questore e tutti i vertici dell’Arma vicentina. Gli onori di casa, per una cerimonia con un servizio d’ordine d’eccezione, li ha fatti il direttore del Coespu, il generale Pietro Pistolese, che al termine ha ceduto il timore al generale Leonardo Leso poiché è stato destinato alla missione lungo la striscia di Gaza. I discorsi. Pistolese ha spiegato come si è strutturato il primo corso (per ufficiali di alto livello, destinati a formare i connazionali), e ha ricordato che a gennaio partirà il secondo. «Questi sono pionieri di un nuovo modo di produrre sicurezza». Spogli ha precisato come gli Usa credano molto in questo progetto, un concetto ribadito anche dall’assistente del dipartimento di Stato e consigliere per la sicurezza del governo americano Jonh Hillen e dal police advisor Mark Kroeker. Tutti hanno sottolineato come, in un conflitto, sia importante l’opera dell’esercito per bloccare i focolai di guerra, ma altrettanto importante è quella della polizia militare, che consente di stabilizzare la situazione riportando ordine e legalità in situazioni difficili. È quello che dovranno fare i diplomati al Coespu. Il corso e i frequentanti. Ieri, con grandi onori, sono stati premiati 8 ufficiali indiani, 10 giordani, 5 kenioti, 2 marocchini e 3 senegalesi. Hanno iniziato il primo corso del Coespu a Vicenza, dopo una lunga selezione, il 7 novembre. Dopo un inquadramento storico, etnico, religioso e geografico delle aree d’intervento, gli insegnanti - ufficiali dei carabinieri - hanno spiegato loro le procedure da adottare nel corso di operazioni di sostegno di pace, fino all’esame finale. Il ministro. Il ministro Martino, fra i primi a caldeggiare l’iniziativa che riguarda anche l’attività della Gendarmeria europea, che coabita alla Chinotto, si è soffermato anche sulle «esperienze nella ex Jugoslavia, a Timor Est, in Africa, nel Medioriente, in Afghanistan hanno insegnato molto alle nazioni che vi hanno partecipato. La componente militare è certamente determinante in queste missioni». Inoltre, Martino ha parlato anche di stretta attualità: «Non so nulla sui voli della Cia in Italia», riferendosi all’inchiesta sul rapimento di Abu Omar, e ha detto di non poter ancora conoscere i tempi sulla missione italiana in Iraq: «La missione viene rifinanziata ogni sei mesi e a gennaio dovrò riferire al Parlamento. In quell’occasione indicherò il profilo temporale del nostro contingente in Iraq per il resto del 2006. Noi seguiamo una strategia di successo: a mano a mano che gli iracheni addestrati da noi possono assumere su di sé il compito della sicurezza, noi possiamo continuare a perseguire la missione con un numero minore di unità». Il ministro ha sottolineato che nella sua visita, il 13 novembre scorso a Baghdad e a Nassiriya, ha visto il presidente iracheno Talabani «e tutti mi hanno detto grazie per quello che abbiamo fatto e che non lo dimenticheranno mai. Per carità, non ci abbandonate, mi hanno detto, non ci lasciate soli. Ci hanno chiesto di restare, non vogliamo che restino solo gli americani. Ci teniamo, hanno aggiunto - ha spiegato Martino - perché siete italiani e perché siete europei. La vostra presenza - hanno concluso - oltretutto incoraggia il popolo iracheno a proseguire la marcia verso la democrazia e la libertà». «Il Coespu è l’Accademia dei migliori». Il ministro Martino ha definito il centro di eccellenza di Vicenza un’università specializzata. È stato istituito dai carabinieri il primo marzo nella caserma Chinotto. Il centro, diretto fino a ieri dal genenerale Pietro Pistolese, fa parte di un più ampio progetto della comunità internazionale che mira ad offrire assistenza tecnica e finanziaria al fine di incrementare le capacità globali per le operazioni di sostegno della pace. L’iniziativa fu annunciata al vertice G8 di Sea Island (giugno 2004) come contributo italiano alle operazioni di pace e stabilizzazione, con particolare riguardo all’Africa. Il programma consiste nella formazione di istruttori di polizia con status militare provenienti in prevalenza da Paesi in via di sviluppo. Attualmente sono sette i Paesi (Camerun, Giordania, India, Kazakistan, Kenia, Marocco e Senegal) che hanno aderito all’iniziativa, finanziata dal governo italiano con la partecipazione degli Stati Uniti che contribuiranno, per il 2005, con 10 milioni di dollari. Nei prossimi cinque anni al centro si addestreranno 3.000 ufficiali e sottufficiali che ritorneranno ai loro Paesi e completeranno l’addestramento di almeno 4.500 ulteriori unità entro la fine del 2010.