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folletto25603@inventati.org

archivio NEWS 2008

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- 21/dic/oo8

Lettera alla stampa:
Chiedete al contadino che ne pensa delle lumache

Gentile redazione,
in queste settimane è giunta voce delle polemiche che hanno attraversato l’Italia, e che in parte sono state riprese dai giornali, in seguito alle dichiarazioni coraggiose e condivisibili del Governatore di Slow Food Carlo Casti.
Il Governatore in occasione de “La Terra Trema - Vini e vignaioli autentici, agricolture periurbane, gastronomie autonome” al Leoncavallo (iniziativa organizzata dal Folletto di Abbiategrasso insieme a centinaia di vignaioli e agricoltori da tutta Italia) ha fatto delle forti dichiarazioni ma buone, pulite e giuste riguardo all’incoerenza di Slow Food e soprattutto di Città Slow (“alcune città slow sono assolutamente invivibili, per niente slow…”).
Per quel che ci riguarda non abbiamo trovato sorprendenti le dichiarazioni di Casti e, anche se le riteniamo veritiere, non crediamo abbiano colpito più di tanto la platea dei tre giorni al Leoncavallo. Altri sono stati i contenuti e le parole che hanno sorpreso e emozionato chi ha attraversato “La Terra Trema”.
Questi cinque anni di lavoro, relazioni e progettualità hanno fatto crescere un’idea critica riguardo l’agricoltura, ma soprattutto hanno dato sostanza politica e sociale a parole come territorio, enogastronomia, filiera, cucina, coltura e cultura. La Terra Trema sta rilevando una carica “eversiva” rispetto al modo e al mondo in cui viviamo. Rispetto a come si consuma, produce e distribuisce.
La Terra Trema è uno strumento in più per le battaglie che si dovranno affrontare in Italia. Come, ad esempio, nell’abbiatense, a sud ovest di Milano metropoli, dove è diventato fondamentale tenere vivo il territorio per impedirne la devastazione.
Le decine di agricoltori del Parco Agricolo Sud e del Parco del Ticino insieme alle centinaia di uomini e donne del nostro territorio che hanno attraversato il Leoncavallo a fine novembre, possono e devono difendere il luogo in cui vivono, possono e devono immaginare e costruire nuove forme di società e di economia. Si possono sperimentare progetti concreti, lo si sta già facendo.

Ciò che ci preoccupa del discorso sul vivere Slow è altro, non certo le dichiarazioni dello sfortunato Signor Casti.
Ci preoccupano le scelte intraprese dalle istituzioni, dai comuni come Milano e Abbiategrasso, da Provincia, Regione, Parco Agricolo Sud e Parco del Ticino, scelte che cadono dall’alto in nome di uno sviluppo che già sulla carta ci impoverisce, che è svilente e aggressivo, che protegge il bene di pochi a scapito di patrimoni (economici, culturali, sociali, ambientali,agricoli,gastronomici) comuni.
Ci preoccupa che sia questa condiscendenza supina tra sistema politico ed economie private il principale responsabile del degrado ambientale del territorio tutto (la T/terra trema). Che siano politiche fameliche a divorare le risorse ambientali, umane e territoriali.
Ci preoccupa la scelta di Slow Food e Legambiente di appoggiare Expo2015 (evento facilmente eleggibile a simbolo delle speculazioni di cemento e bugie).
Ci preoccupano le scelte dell’Assessore all’Agricoltura e Ambiente della Provincia di Milano e Presidente del Parco Agricolo Sud Milano di concedere al cemento troppi metri quadri di Parco Sud, avviando di fatto la svendita dei terreni agricoli, del lavoro a questo territorio legato, e il via libera ad un cambiamento radicale e difficilmente reversibile.
Ci preoccupa che la Presidentessa del Parco del Ticino nulla dica a riguardo della superstrada che devasterà di fatto il territorio abbiatense.
Ci preoccupa che il comune di Abbiategrasso voglia presto superstrada e inceneritore (a tal riguardo condividiamo le dichiarazioni del buon Casti che dice che una città che vuole l’inceneritore e la tangenziale non può essere slow). Ci preoccupano la Provincia di Milano e la Regione Lombardia perchè vogliono più inceneritori, strade, alberghi, palazzi e soldi per l’Expo2015.
Ci preoccupano i professionisti che arrivano da lontano per parlarci di economie solidali, quando dietro le facciate etiche spesso si annidano delle grosse bufale. Ci preoccupano gli agricoltori, tirati per le giacchette da tutti questi bei personaggi con promesse di futuri di vacche grasse e chiamati a partecipare ad iniziative teatrali a “tutela” dell’agricoltura e del territorio con il fior fiore delle istituzioni appena elencate. Tutto questo lo troviamo grottesco e controproducente.
Siamo molto preoccupati, ma poco rassegnati.
Uniti, lucidi e incazzati andiamo avanti.
Cibo e vino buono non ci mancano.

Folletto25603, La Terra Trema
www.laterratrema.org

 



- 17/dic/oo8

Non sparate sui nostri sogni. Lettera degli amici di Alexi

Non sparate sui nostri sogni.
Siamo i vostri figli! I noti sconosciuti!
Vogliamo un mondo migliore!
Aiutateci. Non siamo terroristi, “incappucciati”, “i soliti ignoti”.
Sogniamo, non uccidete i nostri sogni. Abbiamo l’entusiasmo, non uccidete il nostro entusiamo.
Ricordatevi! Siete stati giovani anche voi.
Adesso inseguite il denaro, vi interessate solo delle “vetrine”, siete ingrassati, avete perso i capelli, avete dimenticato!
Aspettavamo il vostro sostegno
Aspettavamo il vostro interesse per farci sentire orgogliosi di voi.
Invano!
Vivete una vita falsa, avete chinato la testa, vi siete piegati e aspettate il giorno in cui morirete.
Non immaginate, non vi innamorate, non create.
Solo vendete e comprate.
Cose e oggetti dappertutto.
Amore da nessuna parte, verità da nessuna parte.
Dove sono i genitori?
Dove sono gli artisti?
Perchè non vengono fuori a proteggerci?
Ci uccidono!
Aiutateci
Ps: non tirateci altri lacrimogeni, stiamo già piangendo



- 28-30/nov/oo8



- 30/ott/oo8

"DOBBIAMO VINCERE" di Militant A

Dobbiamo vincere. Questo è il pensiero che dai primi di settembre contagia l’Italia come una febbre collettiva. Dobbiamo bloccare i decreti 133 e 137. Molti capiscono che sono leggi dannose per la scuola e l’università pubblica, ma chi è dentro questo mondo già percepisce la violenza che si sta abbattendo sulle nuove generazioni: dai neonati ai ricercatori universitari, tutto il ciclo del sapere e della formazione pubblica è sotto tiro. Ci stanno rapinando il futuro. E’ un affondo troppo grave per passare liscio e tutte le forze devono essere mobilitate e crescere ancora di intensità e qualità. Mamme preoccupatevi, studenti sollevatevi, cittadini che non volete la dittatura combattete in mille forme diverse. Possiamo farcela e in parte stiamo già portando a casa dei successi. Anche se il decreto ha incassato il voto della camera e del senato, tutto è in ri-discussione e la resistenza ha sabotato i sogni di Tremonti. Questo movimento nato in modo spontaneo e auto organizzato e cresciuto grazie al tam tam e ai mille contatti di cui si è dotato non è solo potente: è emozionante! Pensare che migliaia di bambini dalla culla ai 10 anni stanno lottando con i loro genitori e le loro maestre e con tutti gli studenti e i loro professori, e che metà dell’intero paese condivida la lotta è un fatto epocale che commuove per il carico di speranze che porta con sé. I partiti, grandi o piccoli che siano, come anche i sindacati sono stati lentissimi a capire cosa stava accadendo e hanno reagito tardi, rigidi, hanno atteso appuntamenti lontani e sono stati anche loro sommersi dall’onda anomala. La base ha surclassato tutti i vertici. Le facce pallide e sperdute dei senatori PD davanti a Palazzo Madama assediato resteranno nella storia, come anche il silenzio dei vertici della CGIL che hanno atteso un mese(!) per indire lo sciopero generale e lo hanno fatto solo perché la loro base guardava sgomenta all’inazione e spaventati dallo sciopero dei cobas del 17 ottobre. Se ci fosse stata una loro seria reazione già dai primi di settembre chissà… ma la battaglia è lunga e il declino culturale prima ancora che politico di Berlusconi sembra iniziato grazie a una sollevazione di massa che è venuta tutta dal basso.

PIU’ TEMPO PIENO (MA “PIENO” DI CHE?)

Per entrare nel merito della questione. Il decreto 133 e 137 sulle materne e le elementari (che mi investe da vicino e che conosco meglio) è un attacco devastante. Tremonti ha deciso che la crisi e i debiti elettorali vanno messi in conto per prima cosa alla scuola primaria: 8 miliardi di tagli in tre anni! Blocco del turn over e chiusura di migliaia di scuole dei piccoli comuni. Questo vuol dire che 87.000 maestre e maestri nei prossimi tre anni andranno in pensione e non saranno sostituiti (e 44.000 personale ATA, segretari, bidelli e personale non docente). Nel 2012, quindi, nelle materne e nelle elementari pubbliche italiane ci saranno 87.000 maestre e maestri in meno! Una strage. Ma, ancora più grave del danno sull’occupazione, questa strage mina alla base i modelli organizzati della scuola primaria, impoverendo il luogo dove i nostri figli trascorrono 8 ore al giorno e compromettendo la scuola pubblica per i prossimi dieci anni almeno. Niente più moduli, né tempo pieno come lo abbiamo conosciuto finora. Fine dell’era del “team”. In più, migliaia di scuole di piccoli paesi saranno accorpate (260 scuole chiuse nel Lazio, 520 in Sicilia, …..) con evidenti ricadute nella dispersione scolastica. Per nascondere questi tagli Berlusconi e la Gelmini hanno cercato di farci credere che stavano facendo una riforma: con la favola dei grembiulini, del voto in condotta e del “maestro unico”. Tutte cazzate. Con il tempo si è svelato che non si trattava di una riforma, ma di una truffa!
Quando la Gelmini ha presentato il suo decreto a “Buona domenica” su canale 5 chi c’era a sostenerla? Il segretario dell’associazione “Scuole private cattoliche”… chissà perché?
Il fatto è che la scuola pubblica primaria in Italia è di eccellenza. Esistono 3 modelli: a 24, 30 e 40 ore. Quando si parla di tempo pieno si intende il modello (maggiormente sotto attacco) delle 40 ore. E questo modello dobbiamo tutti sostenere e promuovere come vera riforma della scuola di domani. I bambini entrano a scuola alle 08.30 e ne escono alle 16.30, dal lunedì al venerdì. Durante queste otto ore sono seguiti da due maestre che si alternano 4 ore ciascuna. Sono otto ore che hanno la stessa qualità dalla prima all’ultima ora, dall’ingresso all’uscita, passando per il momento del pranzo (fatto in comune e importante per una corretta alimentazione). Sono otto ore tutte di serie A. I bambini imparano soprattutto a stare insieme e relazionarsi con i propri simili (di qualsiasi nazione siano). Il modello si basa sull’idea che i bambini da 1 a 10 anni imparano stando a scuola tanto tempo e che tutti ci debbano andare. Che per avere più conoscenza ci vogliono più ore, che per avere conoscenza bisogna stare con gli altri e vicino alla cultura. In questo modello (di massima) i compiti si danno solo il venerdì perché studiare non deve essere noioso, ma deve essere fatto in modo concreto e in un luogo motivante.
Ora, con il decreto Gelmini, una delle due maestre andrà via, ci sarà il “maestro unico”, come scritto nell’articolo 4 del decreto 137 (che sottolinea anche di promuovere il modello a 24 ore, la vera sciagura!). Questo che vuol dire? Alcune mamme ingenue pensano che ci sarà una sola maestra dalle 08.30 alle 16.30. Errore! Attenti mamme e papà! Una maestra ha un contratto di 24 ore, quindi più di 4 ore di insegnamento al giorno non può fare. E allora? Dalle 08.30 alle 12.30 ci sarà la maestra “unica” (che nel linguaggio di Berlusconi ora sta diventando “prevalente”, visto lo sgomento che ha provocato la sua proposta e la sollevazione generale senza precedenti) e poi si vedrà. Inglese, religione, laboratori a scelta interclasse…. A carico di chi? Non si sa. C’è scritto senza oneri per lo Stato, quindi a carico dell’istituto (che diventeranno fondazione con aiuti privati nelle regioni ricche). Quindi non un “maestro unico”, ma un vortice di maestri che si inter cambiano in continuazione a pagamento delle famiglie! Insomma, quando Berlusconi dice che addirittura aumenterà il tempo pieno, bisognerebbe rispondere: “Ma pieno di che”? L’orario sarà diviso in orario di serie A e orario di serie B. Fino alle 12.30 è scuola di serie A, poi “doposcuola” di B. Non sarà più tempo pieno di qualità come è stato concepito per il bene dei bambini. Non è questo un delitto crudele? E per cosa?
La filosofia che c’è dietro questa riforma è: Troppa scuola fa male. Meno scuola si fa, meglio è. Bambini state a casa (per questo invogliano alle 24 ore). Per cui una mamma dirà: “Va bene, se il dopo scuola fa schifo a questo punto me lo porto a casa alle 12.30”. O, meglio, subito dopo, dirà ancora: “Va bene, allora tanto vale che lo iscrivo a scuola privata”. Capito? Questi fanno i tagli e ci distruggono la scuola pubblica, così allo stesso tempo procacciano clienti per la scuola privata!
I pedagoghi che proposero il modello “tempo pieno” partivano dalla constatazione che (fino ai primi anni’80) in prima media venivano bocciati troppi alunni (il 12%). L’attuale riforma del tempo pieno e dei moduli 24 e 30 ore ha fatto si che venisse abbassata la percentuale dei bocciati e quindi diminuita la dispersione scolastica.
Per questo la difesa della scuola pubblica non è (solo) difesa dei posti di lavoro delle maestre. E’ difesa di tutti i bambini che vivono in Italia, e soprattutto dei ceti medio bassi e degli stranieri.
Il presidente Napolitano dice: “Non si può dire solo no!”. Capisco l’età, ma sveglia! A Napoli, la sua città, (e in generale nel sud) solo il 5% dei bambini fa il tempo pieno. Quindi il 95% dei bambini di Napoli alle 12.30 se ne torna a casa. A fare che? A guardare la tv con i nonni o la mamma, oppure in parrocchia, o, meglio, nei vicoli a imparare i mestieri della strada. Non sarebbe meglio che questi bimbi stessero a scuola fino alle 16.30?
Allora vogliamo approfittare di questo momento di mobilitazione per lanciare una campagna di alfabetizzazione? Portiamo il sud al 50% del tempo pieno!
Tutti i bambini e le bambine hanno diritto al tempo pieno pubblico di qualità con due maestre!

LA LOTTA

In questa lotta è come andare in mare aperto. Ogni tanto prendi il vento e parte, poi boom, scende, poi riprende alla grande. Il nemico è forte, certo, ma non potrà finire il lavoro e vincere facilmente. Mi azzardo a dire, anzi, che il nemico sta arretrando e sul tempo pieno sta cercando una via d’uscita per non perdere la faccia. E’ in difficoltà e perde consensi e si vede dalla faccia tirata di Berlusconi. Ora dobbiamo lottare sui decreti attuativi della legge. Dobbiamo fare le barricate per difendere il tempo pieno e far ritirare le leggi in questione. La posta in gioco è troppo alta e coinvolge troppe persone. Se qualcuno si ferma a prendere fiato c’è sempre qualcun altro che raccoglie il testimone, in ogni città, in ogni momento, c’è sempre qualcuno che sta lottando contro i decreti Tremonti - Gelmini. Sono due mesi che andiamo avanti ininterrottamente. Angosciati, indignati, incazzati, ma determinatissimi.
Io ho due figlie, di cui una ha 5 anni e va a scuola al 126° circolo didattico di Roma, l’Iqbal Masih. Naturalmente fa il tempo pieno ed è felice della sua classe e delle sue due maestre. E da qui, da questa scuola alla periferia sud est di Roma, abbiamo creato e organizzato una delle basi della resistenza. È un circolo, il nostro, con un gruppo di docenti e genitori attivi e il decreto e’ stato subito accolto con un grido di dolore e di guerra. Bisognerebbe forse scrivere un manuale su come la lotta sia partita da poche persone (in tutte le città) e nel giro di due mesi sia riuscita ad arrivata a un tale livello di fuoco (in cui non si capisce quasi più niente, ci sono 6 cortei al giorno solo a Roma). Forse era la rassegnazione per la batosta elettorale, forse l’abitudine a chinare la testa, ma quanta gente aveva detto: “Tanto non si può fare niente”. Ora si sta ricredendo. Forse qualcosa si può fare. Il primo livello è stato la raccolta di firme, abbiamo fatto dei moduli e cercato di coinvolgere i genitori e far capire la gravità della situazione. (Molti ripetevano quella frase di cui sopra). La raccolta di firme serve soprattutto a chi si sente isolato, per cercare di entrare in contatto con altre persone altrettanto preoccupate. Noi eravamo già avvantaggiati avendo un bel gruppetto di genitori e maestre e abbiamo costituito un coordinamento chiamato “Non rubateci il futuro”. All’interno del nostro coordinamento ci siamo ritrovati chi aveva voglia di lottare e reagire subito, nei momenti d’oro cento (duecento?) persone, anime diverse, dalla CGIL di base al giro dell’autogestione, a singole mamme e papà (anche cattolici), una sorta di fronte di liberazione. E’ stato un momento in cui ognuno è riuscito a dare il meglio di sé e della propria cultura, nella massima libertà e rispetto reciproco, senza calpestare gli altri e arricchendo tutti e tutte.
I primi dieci giorni di settembre sono serviti per parlare con altri circoli didattici e capire il da fare. Lottare in una scuola elementare è difficile. I bambini sono piccoli e hanno bisogno di attenzioni e i genitori lavorano e sono schiacciati dagli impegni quotidiani. Ma abbiamo deciso che bisognava partire subito con una lotta eclatante, fin dal primo giorno di scuola, il 15 settembre: l’occupazione di una scuola elementare insieme ai bambini. Ci siamo buttati nel centro della lotta al volo. Chi doveva difendere la scuola pubblica? Noi. Dormire a scuola con i nostri figli, tutti insieme, con questi bimbi dai 5 ai 10 anni che hanno srotolato i tappetini e i sacco a peli e dormito nella loro scuola per difenderla imparando così presto a lottare per i propri diritti è qualcosa che ci ha dato una carica indescrivibile. E’ stata un’occupazione anomala, alle 06.30 di mattina ci svegliavamo per pulire tutto e far trovare la scuola pronta per gli altri bimbi che arrivavano per le lezioni normali. E durante le notti, la pattuglia della polizia che passava ci chiedeva se avevamo bisogno di qualcosa e diceva che avevamo ragione. Erano già segnali premonitori del consenso successivo. Abbiamo fatto assemblee, incontri con pedagoghi e con Ascanio Celestini e anche con politici, trasmissioni in televisione, “fioccolate” in quartiere (manifestazioni con i “fiocchi”), feste con lanci di palloncini, merende collettive per orde di bimbi e bimbe. Notti bianche. Fondamentalmente cercavamo di aggregare sempre più gente nella lotta e sfondare nei media per spiegare l’attacco in corso. Abbiamo fatto magliette che sono diventate una specie di logo con la scritta “Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini” e “Io amo e difendo la mia scuola”. Io, personalmente, ho cominciato a fare delle rime rap con i bambini che non mi mollano più da allora e mi chiedono sempre di fare “C’ho un’idea disse Enea…” (in una versione riveduta contro la Gelmini). Insomma una lotta creativa e a misura di bambini e super determinata. Quelle prime notti di occupazione pensavamo spesso: “Speriamo che parte l’università, speriamo che parte l’università…” e quando è partita sono andato in un’assemblea alla scalinata di lettere e davanti a duemila persone ho raccontato questa cosa suggellando l’unione tra i due movimenti. Noi lottiamo con voi e voi con noi. Da quelle notti di occupazione siamo usciti stremati ma ormai i meccanismi erano partiti. Epifani il 21 settembre andò da Lucia Annunziata e al programma “in mezz’ora” non disse neanche una parola sulla scuola! E il decreto era in vigore dal primo settembre. Erano tutti presi dall’affare Alitalia, ma quanta distrazione e incapacità di capire i sentimenti e gli interessi di una base che ormai non si sente più rappresentata da nessuno. Solo ai primi di ottobre si decisero a convocare lo sciopero generale (fuori tempo massimo?). Dico questo perché nelle scuole elementari le maestre con la tessera CGIL sono la maggioranza e hanno fatto un grandissimo lavoro auto organizzandosi. Invitati, andammo anche al cinema Capranica a parlare con Veltroni a fine settembre, il quale davanti a centinaia di maestre allibite dette appuntamento a tutti e tutte al 25 ottobre alla manifestazione del suo partito. Al 25 ottobre? Tra un mese? E chi aspetta! Ormai il movimento si muoveva in maniera autonoma e trasversale e senza chiedere il permesso o la spinta da nessuno. Abbiamo lanciato un “No Gelmini day”, per vedere cosa succedeva in giro, chiedendo di attaccare uno striscione alle scuole come minimo. La risposta è stata manifestazioni di scuole elementari in tutti i quartieri della città. Striscioni appesi a ogni scuola, e poi 4 sit in sotto alla camera che di solito sono una cosa noiosa ma questa volta movimentati e partecipati. Poi lo sciopero dei COBAS ultra partecipato, in cui abbiamo lavorato per trasformarlo in uno sciopero di tutta la scuola, abbiamo scritto una lettera dei genitori dell’Iqbal chiedendo a tutte le maestre di aderire al di là delle rappresentanze sindacali, di approfittare della giornata per bloccare la didattica, perché c’è bisogno anche di questo e ai genitori di accogliere il “danno” con un sorriso complice. E il risultato è stato che nel nostro circolo un plesso ha chiuso e due chiusi per metà, un successone. E poi è storia di questi giorni, con gli assedi al senato e gli studenti medi e universitari che lottano senza sosta. Dai che ce la facciamo.

 

NO GELMINI DAY E NIGHT - Articolo per il manifesto 30.09.2008

Sono un genitore della scuola Iqbal Masih della periferia sud est di Roma, in mobilitazione permanente dal primo settembre e vi scrivo da queste mura che sono ormai come una seconda casa. Siamo in emergenza, in allarme rosso e non c’è un’ora da perdere perché dobbiamo bloccare il Decreto Legge 137 del ministro Gelmini. Molti capiscono che è una legge dannosa per la scuola pubblica, ma solo chi è dentro questo mondo può già percepire la violenza che si sta abbattendo addosso ai nostri figli. Dietro la formula del “maestro unico” (e la farsa del grembiulino) ci stanno togliendo sotto gli occhi una delle poche cose che funzionano in Italia: la scuola primaria del tempo pieno. Noi siamo angosciati dalle notizie che arrivano dal ministero e la disinformazione in atto, ma anche carichi e determinati a vincere questa battaglia o a vendere cara la pelle.
In questi giorni qui all’Iqbal Masih succedono cose incredibili: genitori già gravati da cento impegni e maestre e maestri di tutte le classi si stanno trasformando in leoni che lottano. Il 15 settembre, alla prima campanella, abbiamo deciso di occupare la scuola. E’ stata una decisione presa alla maniera classica con alzata di mano durante un’affollata assemblea, ma per il resto tutta questa esperienza è nuova, fresca, totalmente autorganizzata di giorno in giorno. Simonetta Salacone, la direttrice, la chiama presidio permanente ed è felice di aprire la scuola a questa esperienza che ci fa crescere tutti e ci permette di comunicare e spiegare le ragioni della lotta. Nella sala grande del plesso abbiamo fatto la nostra base e c’è un via vai continuo di gente che viene per restare o solo per portare un appoggio o prendere contatti o portare una torta per i bimbi. Arriva il pedagogo Alberto Alberti a raccontare perché fu deciso di introdurre i due maestri e il tempo pieno e fa un discorso chiaro davanti a trecento persone: “Chi dice riduciamo il tempo nella scuola non ce l’ha col tempo pieno, ce l’ha con la scuola! Vogliono che i ragazzi vengano bocciati per mandarli alla scuola privata, vogliono clienti per la scuola privata.” Quando scende la sera srotoliamo i sacco a peli e i materassini per dormire tutti insieme, bambini, maestre e noi genitori in un clima di gioia e eccitazione che è difficile da contenere. Questa notte a scuola oggi è speciale e vale più di un giorno di lezione normale. Sono le esperienze formative come queste che fanno la conoscenza e oggi impariamo a lottare per i nostri diritti. Se ci si addormenta a mezzanotte, per questa volta non fa niente. Piano piano scende il silenzio e noi “grandi” facciamo turni di “guardia” ogni due ore, e che sia un’occupazione nuova si vede anche quando arriva la pattuglia della polizia al cancello: ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa e che possono fare per noi, poi si allontanano dicendo che abbiamo ragione. Sveglia alle 6.30 per pulire tutto, alle 8 comincia la lezione regolare, arrivano gli altri genitori con i loro figli. C’è chiaramente anche chi è scocciato dagli striscioni, dalle magliette, dalle assemblee, dalle foto e gli articoli sui giornali. Mentre volantiniamo si accendono discussioni. Qualcuno minaccia di togliere i propri figli e trasferirli dalle suore (contenti voi…). C’è chi è fatalista e già sconfitto per cui non c’è niente da fare. Chi è confuso e convinto che maestro unico e tempo pieno sono un aumento della qualità come dice la Gelmini. Buonanotte. La maggior parte, però, comincia a comprendere meglio i meccanismi della truffa che ci stanno cucinando. Non c’è nessuna riforma in atto, è Tremonti il pedagogo di riferimento della Gelmini. Bisogna fare cassa? Tagliamo le spese e gli stipendi dei militari! E’ venerdì 26 settembre, quando dopo una settimana di occupazione e una di assemblea quasi permanente, usciamo dal cancello dell’Iqbal Masih e attraversiamo il quartiere Centocelle con più di duemila persone! E chi se le aspettava. Con 38 scuole al nostro fianco. Dobbiamo resistere. Riguardo le foto di quelle prime notti di occupazione e mi commuovo, ma non c’è un minuto da perdere. Dobbiamo intensificare le azioni. In questi giorni il decreto arriva in parlamento per l‘approvazione alla camera. Abbiamo sentito istituti della Puglia e di Milano, maestri del Veneto, a Bologna la scuola elementare XXI aprile ha occupato e anche a Quartu S. Elena vicino Cagliari (e si chiama anche lei Iqbal Masih). Una scuola di Torre in Pietra ci dice che sono pronti a entrare in occupazione. La situazione è bollente. Dopo un veloce consulto collettivo lanciamo per giovedì 2 ottobre prossimo in tutta Italia un “No Gelmini Day”. E’ un modo per far parlare insieme queste scuole e le università, per produrre uno sciame di azioni diffuse. Chi può presidiare oltre l’orario scolastico è il momento di farlo. Anche chi si sente isolato può fare qualcosa. E che sia il giorno prima o quello dopo va bene uguale. Attacchiamo striscioni ovunque perchè sia chiaro e visibile il nostro NO! Ricordate le bandiere dell’arcobaleno appese alle finestre? Che ogni scuola abbia il suo striscione. Sarebbe bello che ognuno faccia una foto scrivendo il nome della scuola e la città e la invii a questa mail: nonrubatecilfuturo@gmail.com. Poi chiederemo a trasmissioni “amiche” come Blob o Striscia o le Jene o la Dandini se possono mandarle tutte con la musica di sottofondo dell’intervallo di un tempo (quando appunto c’era il maestro unico) a rappresentare una rete di scuole in lotta e degne che sono la nostra Repubblica. Come uno spot contro il decreto. Mettiamo sotto pressione la Gelmini. Noi amiamo e difendiamo la nostra scuola.

http://it.youtube.com:80/watch?v=Qe5sSFo1xEs

 

tratto da www.assalti-frontali.com/notizia2.asp?id=19



- 6/set/oo8


- 31/lug/oo8

T.G.M.

Notizia n. 0, Milano, 31.07.2008

Articoli di stampa di qualche giorno fa, ricalcando schemi già noti, hanno annunciato l'ennesima "estate calda dei centri sociali", per i quali "si avvicina l'ora X di sfratti e sgomberi".

In merito, possiamo confermare che la giunta comunale, con delibera del 20.06.2008, ha dato mandato ai suoi avvocati di avviare le pratiche per ottenere il rilascio dello stabile di via Conchetta 18.

Con questa nostra prima "notizia" riconosciamo pubblicamente che il CSOA Cox 18 ha commesso tre errori, imperdonabili per questa giunta di fascisti, xenofobi, voltagabbana e affaristi.

Da quando è nato, il Centro ha sempre svolto iniziative libere dai vincoli del denaro e dalla spettrale ideologia del "vincente". È cioè un luogo in cui le attività scaturiscono da una pratica di autogestione, svincolata da ogni "cordata" paraistituzionale. Le sue scelte non sono dipese mai da quella logica utilitaristica che è andata sempre più impregnando i pori e gli alveoli di questa città, fino ad asfissiarla. Sia che si trattasse di un concerto, di un dibattito politico, di una iniziativa di solidarietà, di un film e di quant'altro è stato qui fatto. Ieri, oggi, domani.

Il Centro è cresciuto mantenendo vivo un legame con la memoria, cosa rara e di per sé trasgressiva in questi tempi che vanno controcorrente. Ha ospitato con reciproco affetto, comprensione e pazienza la libreria Calusca di Primo Moroni; e di quella esperienza conserva il mestiere, la Calusca City Lights e un Archivio unico in Italia. Da sempre, ha dato spazio a momenti di discussione e confronto che tenessero accese le "Luci di questa città".

Infine, il terzo, è un errore di leggerezza. Il Centro si è collocato da subito in un luogo improprio. Un quartiere d'illustre storia, già proletario e malavitoso, "fiammeggiante di bandiere rosse e rossonere", prima d'essere ricondotto a ragione (mercantile) e abbassarsi a luogo pittoresco pieno di locali in cui si "vendono vino e panini senza amore e senza memoria", come scriveva lo stesso Primo. Dove, se va bene, i residenti storici che ancora sopravvivono prendono 500 euro al mese di pensione, quando le immobiliari valutano più di 5.000 euro a metro quadro il prezzo degli appartamenti. Mentre, a cento metri di distanza, via Tibaldi segna la nuova demarcazione con l'altro, il diverso, lo straniero.

Che la giunta delle retate contro i "clandestini", delle cartolarizzazioni sfrenate, dell'EXPO, del "disastro dei derivati" e della chiusura di ogni spazio sociale riservi anche a noi le sue moleste attenzioni non ci stupisce né ci spaventa.

Quest'estate, come sempre, il Centro sarà aperto. Gira la mola dell'arrotino, e il vento fa il suo giro.

Contatti:

Tel.: 02 58105688 / 02 89415976

e-mail:
cox18news@yahoo.it
Archiviomoroni@ecn.org
Libreriacalusca@yahoo.it

COX18 - Calusca City Lights - APM


- 23/giu/oo8


- 17/mag/oo8

PRoFeTèS

APPELLO ALLA MANIFESTAZIONE DEL 17 MAGGIO A VERONA

Nell'odio e nella violenza, nella esasperazione, nella paura, nella diffidenza, nel rancore, nel chiudere gli occhi.
il presagio ti è già stato raccontato
una tensione che hai percepito sulla pelle e negli sguardi addosso.
Lo hanno gridato nei cortei, nelle manifestazioni, nei comunicati:
Verona è una città malata, cova rancore e fiele, nutre e alimenta sentimenti pericolosi e fuori controllo,
mette in scena il pamphlet della violenza scellerata terrorizzata
sbraita e dice convulsa che è inevitabile, conseguenza dei tempi, delle ondate,
dice che bisogna reagire, anticipare, estirpare.
Nell'odio e nella violenza, nella paura, nella diffidenza, nel rancore, nel chiudere gli occhi Verona ha deciso di affidarsi e di crescere.
Il presagio ti è già stato raccontato: il vento che soffia a verona non promette niente di buono.
Che Verona genera mostri, li allatta, fomenta, protegge
che ora non ha nient'altro da dargli, se non paura, orrore, odio.
Non ha nient'altro,
s'inventa e partorisce identità assassine, bestie, senza testa.
La linea di confine tra possibile e impossibile è sottile,
l'orizzonte aperto delle possibilità, degli scambi, è chiuso.
Verona è un sentimento diffuso, un lombardo veneto esteso, facile, comunicabile e nazionale.
Il presagio che ti è già stato raccontato.

Folletto 25603, Abbiategrasso (Mi)
www.inventati.org/folletto25603

Appello, adesioni e altro materiale su: http://verona17maggio.noblogs.org

 


- 30/mar/oo8

NON SI PUO’ COSTRUIRE UN FUTURO FATTO SOLO DI ASFALTO E CEMENTO

Questa domenica (30 Marzo) cittadini, primi cittadini, 25603 folletti, contadini, trattoristi, rappresentanti di amministrazioni, comitati locali, ecologisti, marziani si sono dati appuntamento a Magenta (Piazza del Mercato ore 9.00) per raggiungere insieme lo svincolo di Vanzaghello, dove avrà luogo l'inaugurazione (con la I maiuscola e alle ore 10.00) del nuovo tratto di tipo autostradale fra Malpensa e Boffalora, alla presenza di Di Pietro, Formigoni e Penati.
Si chiedera' che i lavori, arrivati a quel punto, si fermino, e che quella soglia (Magenta) non sia mai oltrepassata.
Ci saremo anche noi.

Riteniamo questo momento cruciale, lo abbiamo piu' volte ribadito, come quelle scelte che se si fanno diventano gravemente irreversibili.

Non e' solo natura che scompare, non e' neanche romantica ideologia ecologista,
e' di piu', è cultura, ragione sociale.
Un territorio sommerso da una valanga di cemento sta perdendo - ha gia' perso - identita' e io (diffuso) che lo abito, in questa scala di grigi, non so piu' dove vivo, perdo orientamento e memoria di me.
Periferie tutte uguali, villettopoli diffuse, centri commerciali.
Lo sguardo scandito da insegne pubblicitarie, rotonde, svincoli, cartelli stradali, perde la misura del luogo.
Stravolgimento dei sensi, del gusto, dei sapori.
Veneto, Lombardia, Piemonte. Un casermone raccordato diffuso.

Si aggiunge la rabbia della gente, la stanchezza, la negazione e la delusione di un qualunque agire politico.
Ci piace come lo ribadisce Paolo Rumiz, con chiarezza 'che i politici scendano dagli elicotteri e imparino a camminare; o l'Italia diverra' in breve una terra di locuste e avremo non una, ma mille banlieues di furore.'

Domenica le modalita' del dissenso saranno - immaginiamo - varie, eterogenee, come le persone fisiche che parteciperanno.
Ma crediamo ci sia in tutti la voglia/necessita' comune di lasciarsi coinvolgere insieme, come era gia' stato anni fa, ancora contro la tangenziale.
Noi porteremo il nostro contributo, piu' o meno condensato nel comunicato che trovate a seguire, e qualche striscione.

Folletto25603 - La Terra Trema
www.inventati.org/folletto25603
NO TANGENZIALE
NO INCENERITORE

 

NON SI PUO’ COSTRUIRE UN FUTURO FATTO SOLO DI ASFALTO E CEMENTO

Folletto25603 For High Quality Life


Abitiamo in luoghi che mancano di un ragionare sociale e urbanistico, in citta' che si costruisco intorno ad interessi di altri, in nome di qualcosa di non civile, imposti da oneri di urbanizzazione, speculazioni, grandi opere piovute dall'alto, continui stravolgimenti che offendono la terra, campagne, corpi che vivono e lavorano, tutto quanto sia coltivabile.

Crescono il malessere e la rabbia. Le cose, i luoghi, le priorita', si deformano in un disagio che si diffonde sotto strati di cemento, asfalto, merci da distribuire. Sono momenti cruciali, questi 25 km da Milano sono una preda ambita. Sono momenti cruciali che valgono o una presa di coscienza diffusa e producente o periferia e cemento per sempre.

Parliamo di un vivere che è precario già nella sua geografia minima, fuori dalla porta di casa. E di orizzonti che cambiano. Da un giorno all’altro.

Cambia la città, la campagna, la strada. In un equilibrio neanche acrobatico che tiene sospese storie e destini del territorio. E il lavoro, le vite, gli inganni, le illusioni che scorrono su questo filo. Che ne chiamano altri e ne seppeliscono di vecchi.

Nel cemento. Nel territorio eroso che quantuplica i capitali.

Nel cemento. La condensazione di cose già viste, sbagli già fatti, parole già sentite. La terra trema.

Riempire. Più di così non si dovrebbe. Qualche contadino direbbe che è insensato. Che hanno già fatto abbastanza e che la misura è colma. Ma questa parola non compare nei bandi, nelle gare d’appalto, negli uffici delle holding.

Ancora più strade, ancora più case, ancora più ipermercati. Anche se lo spazio è saturo.

Non abbiamo bisogno di strade, ma di scegliere come muoverci. Non abbiamo bisogno di case, ma di affitti plausibili. Non di supermercati, ma di forme nuove di consumo e produzione che sappiano rendere il valore giusto al lavoro di piccoli produttori e di piccoli territori che resistono.


Folletto25603 - La Terra Trema
NO INCENERITORE
NO TANGENZIALE

vai al video "L'Italia si fa strada"
di blitzrattazoom



- mar/oo8

NO TANGENZIALE NO INCENERITORE

articolo dall'eco della città di E.G.

Con una mail in redazione hanno chiesto un appuntamento per dire la loro su diversi argomenti che riguardano il nostro territorio. Ci incontriamo mercoledì mattina, si presentano Paolo, Luca e Simone. Sono reticenti ad apparire personalmente, spiegano di rappresentare un gruppo di una ventina di giovani e meno giovani che da tempo, anni ormai, condividono tra loro e con la città progetti, eventi musicali, proposte culturali, battaglie. Loro punto d’incontro l’ex casello ferroviario occupato in zona Folletta. In questo momento sentono il bisogno di intervenire su due argomenti in particolare: la strada per Malpensa ed il termovalorizzatore dopo che la stampa ha riportato diverse notizie e novità al riguardo.

Paolo: “Recentemente si è saputo che il ministro Di Pietro avrebbe confermato il finanziamento della strada per Malpensa così come sembra che un nuovo inceneritore sia concretamente realizzabile ad Abbiategrasso. Due argomenti che riteniamo importanti per la trasformazione che il nostro territorio sta subendo. Stiamo lavorando con gli agricoltori della nostra zona, partecipiamo al progetto nazionale “La Terra Trema” che vede coinvolti centinaia di piccoli produttori di vino “resistenti”.
Simone: “Abitiamo in luoghi che mancano di un ragionare sociale e urbanistico, in citta' che si costruisco intorno ad interessi di altri, in nome di qualcosa di non civile, imposti da oneri di urbanizzazione, speculazioni, grandi opere piovute dall'alto, continui stravolgimenti che offendono la terra, campagne, corpi che vivono e lavorano, tutto quanto sia coltivabile."
Paolo: “Crescono il malessere e la rabbia. Le cose, i luoghi, le priorita', si deformano in un disagio che si diffonde sotto strati di cemento, asfalto, merci da distribuire.”

Cosa dite ai pendolari che ogni giorno percorrono strade intasate, spendendo molte ore nel traffico?

Simone: “E’ un bluff pensare che le strade risolvano questo problema, vale la legge fisica come per l’idraulica: più il tubo è grosso e più acqua passa. Porterà più traffico, si riempirà comunque."
Paolo: ”Costruire una strada è solo una questione di businnes come l’inceneritore che non brucerebbe solo i rifiuti di 30.000 abitanti ma significherebbe un andirivieni quotidiano di camion che attraversano le nostre strade."
Luca: “Basta vedere il polo logistico Bartolini, sulla Mi-Baggio quanto traffico e inquinamento comporta..."

Le strade sono segno di civiltà, i Romani hanno costruito strade ancora oggi importanti collegamenti per scambi, incontri, conoscenza e confronto oltre che commerci...

Paolo: ”Sì ma lungo le strade non crescevano i centri commerciali, la logistica, grandi insediamenti produttivi o residenziali”.

Quali alternative al termovalorizzatore?

Luca: “Bisogna puntare sulla raccolta differenziata che ad Abbiategrasso non è mai stata fatta seriamente ed è una delle più basse della Lombardia.. Bisogna riciclare, ridurre i consumi e di conseguenza i rifiuti.Bisogna cominciare a ragionare su come produrre, consumare e distribuire il prodotto."
Paolo: “Ci stiamo abituando a consumare prodotti che prima di arrivare a noi attraversano mezzo pianeta. Colti acerbi, trasportati per giorni su mezzi inquinanti. Per noi è importante supportare una filiera corta. Per esempio l’acqua di Abbiategrasso è buona, controllata e migliore di molte acque in bottiglia. Sai perché non si fa una seria campagna informativa e promozionale riducendo il consumo di acqua in plastica? Perchè nessuno ci guadagna."

Ma per i rifiuti che comunque rimangono da smaltire, che non sono riciclabili cosa proponete?

Paolo. “Gli inceneritori che già esistono bastano e avanzano. Gli inceneritori come i grandi centri commerciali, la TAV, il Ponte sullo stretto e tutti questi mega progetti infrastrutturali sono solo il simbolo della devastazione planetaria. Ribadisco il concetto di attenzione al territorio: questi 25 km da Milano sono una preda ambita. Questi sono momenti cruciali che valgono o una presa di coscienza diffusa e producente o periferia e cemento per sempre. Si sta decidendo se conserveremo le nostre peculiarità o se diventeremo una banlieu con tutte le problematiche di una periferia di una metropoli."

E per il traffico locale cosa proponete?

Simone: “Una riqualificazione al posto di uno stravolgimento a 4 corsie, l’aggiunta di una sola corsia riservata ai mezzi pubblici, non obsoleti come ora, ma efficienti, che trasportino ogni mezz’ora da e verso Milano.
Paolo: “Su questi temi non c’è contraddittorio perché nessuno sa cosa succederà veramente compresi il sindaco e le forze politiche, ognuno ha la sua visione, i suoi interessi e le scelte non vengono analizzate e condivise con i cittadini.”


- 13/gen/oo8

Folletto25603 e Leoncavallo s.p.a.

LA TERRA TREMA al LEONCAVALLO
Vini critici e vignaioli autentici, agricoltori periurbani, produzioni agricole di qualità

Considerazioni e bilanci

Quanto segue è prima di tutto un ringraziamento. A chi ha partecipato (a chi avrebbe voluto), chi ci ha creduto, chi ha dato fiducia, chi ha sorriso, chi ha faticato.
Cerca di racchiudere quanto non è stato possibile dirvi nei tre giorni e quanto è stato rimuginato nei mesi a seguire su questo evento.

 

L’importanza di fare.
La necessità e la voglia di portare l’esperienza piccola e locale de La Terra Trema da Abbiategrasso a Milano e di farla confluire nell’evento annuale che è stato laFiera dei Particolari/Critical Winele abbiamo spiegate spesso. Ci siamo ritornati in questi giorni per fare i conti con quello che rimane.

Abitiamo tra il Parco Sud Milano e il Parco del Ticino, lo stato delle cose risulta profondamente alterato. Crescono il malessere e la rabbia. Le cose, i luoghi, le priorità, si deformano in un disagio che si diffonde sotto strati di cemento.
Per tanti è quasi un sentirsi sperduti. In luoghi che mancano di un ragionare urbanistico e in città (servizi, socialità, sicurezze) che si costruisco intorno ad altro, qualcosa di non civile, oneri di urbanizzazione, speculazioni di vario genere, grandi opere, stravolgimenti che offendono terra, campagne, corpi che vivono e lavorano, tutto quanto sia coltivabile.

La terra.
Per chi lavora qui, la terra è difficile. Per tanto altro. C’è, attorno a noi, un’agricoltura che non è più sufficiente, non è più sufficiente per prima cosa a se stessa.
Che abbiamo super bisogni da super mercati, vogliamo troppo. Le necessità sono dopate. Vogliamo quello che il mercato ci offre e il mercato ci offre tutto.
Il contadino deve fare i conti con questo anche. Con la comodità di avere ognicosa subito, di avere tutto a un prezzo che sembra modico, di avere tutto pulito, congelato, precotto, tagliato. E allora gli sembra che deve cambiare. Adeguarsi, evolversi, offrire altro. Agriturismi, accoglienza, benessere e natura, cicloturismo, didattica scolastica, gli sembra che ora deve mettere in scena la campagna. E pazienza se non c’è più farina in loco da vendere.
Quanto si può resistere?
Ci sembra che questi siano anni cruciali, questi 25 km da Milano sono una preda ambita, comoda dimora notturna per chi lavora nella metropoli, per chi è disposto al quotidiano vai e vieni, perché Milano è invivibile, e questo significa affari sicuri per l’industria immobiliare.
Sono momenti cruciali che valgono o una presa di coscienza diffusa e producente o periferia e cemento per sempre. I grandi industriali comprano i terreni in comoda attesa di tempi a loro favorevoli, di modificazioni della destinazione d’uso, di caduta di vincoli.
La forma Milano aggredisce. Impone il suo modus vivendi, commerciale, largo, diffuso, veloce.
Ci sembrava giusto mollare il nostro colpo. Contro il suo naso rifatto.
Fare tutto questo, al Leoncavallo, ci sembra potente e ci piace.
                                                                     
Da dove siamo partiti.
Milano/Abbiategrasso/Parco Agricolo Sud Milano/Parco del Ticino (al Tesinn, el nost Tesinn).
Qui che la maggior parte di noi vive. Qui che incontriamo gli agricoltori, alcuni di noi lo sono.
Cemento, asfalto e merci da distribuire. Un territorio, una storia e una cultura contadina che velocemente stanno sparendo. Milano è vicina: nel bene e nel male.
Milano da indagare. Per capire quel sistema urbano e sociale contorto che più che altrove in Italia addensa attività editoriali, di comunicazione, imprese, impresine, moda, fiere e finanza. E dietro questo: la vita di migliaia di precari atipici, sotto scacco, interinali, giovani e non, tanti migranti senza diritti. Il costo della sopravvivenza è alle stelle.

A una manciata di chilometri, altre contraddizioni: chiudono le grosse fabbriche metalmeccaniche, crollano ancora le cascine tra i campi e resistono e si reinventano i piccoli agricoltori.
Abbiategrasso. All’orizzonte lo smog di Milano e le Alpi.
La Terra Trema viene da qui, nel lembo di terra ai margini di Milano. Vuole arrivare a quei territori che narrano di altre resistenze, parallele. Vuole portare a Milano porzioni di questo, periferie capaci di tenere vivi i territori e di impedirne la devastazione finale. Le tracce di un rapporto conflittuale e vivo tra città e agricoltura periurbana. E’ un invito ai guardiani dei territori ad uscire temporaneamente dai propri ambiti e darsi al racconto.

Il Circulòn.
La prima edizione de La Terra Trema ha luogo al Circolo dei Contadini detto anche Circulòn, uno spazio nel centro storico di Abbiategrasso, fondato più di cento anni fa da una società di mutuo soccorso di contadini ed ora cooperativa. Attraverso questo evento si è ridato senso e contenuto a questo bel luogo e alla sua bella storia. In quella occasione viene presentato ad Abbiategrasso il progetto Critical Wine.

Folletto, Leoncavallo, aziende agricole, cascine: luoghi di resistenze.
Centri sociali nelle metropoli, nelle periferie, cascine nelle campagne, nei territori periurbani.
Luoghi, distanti geograficamente e non solo,  che s’incontrano. Non per caso.
I centri sociali hanno rappresentato, materializzato, catalizzato certe trasformazioni sociali avvenute nelle metropoli più o meno estese del nostro paese: il desiderio, la sensibilità, la creatività e il conflitto di un vivere altro (più negli anni ‘80 e ‘90, meno negli ultimi 7/8 anni). Se poi siano riusciti a reggere la sfida è un’altra storia.
In questi ultimi anni le esperienze, legate all’agire militante, e, prima ancora, le organizzazioni strutturate come i partiti, hanno faticato ad essere e rimanere riferimento e produttori di stili, analisi, pensieri e pratiche di trasformazione sociale e vitale.
I centri sociali hanno faticato, soprattutto tenuto conto del dato anagrafico di queste esperienze ancora sospese nella lotta per la sopravvivenza.
Il Leoncavallo, storia trentennale, a breve riceverà l’ennesima ingiunzione di sgombero, la quattordicesima.
Uno spazio relativamente giovane come il Folletto25603 di Abbiategrasso (6 anni di attività) è ad oggi spazio occupato abusivo con l’incognita di sgombero nel prossimo futuro.
Sono esempi di spazi che hanno prodotto ricchezza sociale e culturale, che continuano a farlo, resistono  e in un sistema e in un tempo sociale ed economico che non li vuole e che non sa cosa farsene (se non come soggetti strumentalizzabili o culture da sussumere).

Le cascine. Altra storia sembrano subire le cascine e le aziende agricole. Sembra che in pochi e in rare eccezioni di nicchia ci si ricordi il patrimonio che questi luoghi rappresentano: storico, culturale, saperi e tradizioni centenari che spesso si tramandano da generazioni in generazioni. Luoghi della produzione di beni primari prevalentemente forniti dal lavoro dei componenti di una famiglia. Spesso devono trasformarsi: in luoghi del terziario quando va bene, inglobate dall’agroindustria, in residenze per la borghesia che arriva dalla città, oppure accerchiate dall’urbanizzazione, crollano abbandonate, dismettono le loro attività abituali.
In altri casi sono luoghi simbolo della resistenza alla modernità, all’annientamento e alla devastazione dei territori.

Continuità o discontinuità con Critical Wine.
Senza l’esperienza di Critical Wine condivisa al Leoncavallo (in questo luogo ma non solo) non ci sarebbe stata La Terra Trema al Leoncavallo.
Luigi Veronelli e Critical Wine: l’intuizione preziosa di guardare ai centri sociali metropolitani come a luoghi di visibilità e di rappresentazione per i temi della terra, per i piccoli vignaioli critici e sensibili, il prezzo sorgente, l’autocertificazione, il piacere di organizzare e partecipare a tre giorni di festa assaporando vini buoni e scambiando saperi e sapori, alimentare discussioni su certi temi come le problematiche attinenti al settore vitivinicolo o a possibili progettualità di filiera e distribuzione.
Quello che per noi ha rappresentato Critical Wine non andava perso, un errore abbandonare un percorso che coglieva tematiche importanti, strategiche, con modalità di espressione mai viste prima in Italia, in Europa.
Abbiamo attraversato questa esperienza, grande, vasta, percorrendo strade nuove, muovendoci per l’Italia, l’abbiamo conosciuta, esplorata e supportata.
Critical Wine è un movimento vasto costituito da centinaia di produttori, persone vicine ai centri sociali (e non solo) e attraversato da migliaia di persone. Manca di uno spazio collettivo di condivisione e confronto. Quanto è rimasto rischia di trasformarsi in stigmate di un’etichetta, un nome che rimanda ad un immaginario forte e bello, ma passato. Impossibilitato a fare sintesi piena e veritiera delle varie visioni, convinzioni e progettualità. Una moltitudine di esperienze che è ingiusto far procedere per dettami nazionali, perché forte della molteplicipità che la compongono.
Per noi, che abbiamo condiviso, animato e attraversato questa esperienza imparando e acquisendo competenze e desideri, era naturale dare continuità e poi sciogliere il vincolo. Avevamo voglia di continuare ma anche di muoverci, verso nuove esperienze, sperimentare, aggiungere e togliere pezzi.
C/W la grande Fiera dei Particolari al Leo, il viaggio e l’incontro coi produttori, le storie, il vino da assaggiare e capire. Ci hanno trascinato. C’erano stati gli spasmi, le stilettate dolorose, l’alito acidulo dalle bocche, le notti a rigirarsi, le gastriti, il malumore. Ma la voglia di buttarsi era più forte. Senza (con la) paura di farsi anche male: qualcosa come scendere in corteo, scontrarsi se si deve, scappare e spingere, come partecipare arrivare ad una manifestazione in trattore, prepararsi a uno sforzo incredibile, da chiedersi ogni metro percorso se ne è valsa la pena: una gioia, una sfida, una vittoria solo dentro. Incoscienza.

Di pancia, di cuore.
Annegare nel groviglio di cose importanti da fare, percorrere il salone del Leo circondati da storie, ascoltare la gente che passa, le voci, gli accenti, il sapore, le domande, cogliere sguardi, stordirsi, di luci, odori, rumori, emozioni, impegni, responsabilità.
Non è un colpo facile.
È successo. Però.

Come/chi.
Una decina di folletti, le anime salve del Leo, e figure più o meno estranee più o meno entusiaste, più o meno costrette, più o meno corrette. Siamo partiti tra maggio/giugno. Ci abbiamo pensato tanto. Le forze (economiche) erano minime e dovevamo osare.
In mente avevamo ben chiaro quanto bisognava costruire (comunicazione, propaganda, logistica), sapevamo quanto non avevamo rispetto alle precedenti organizzazioni. Sapevamo quello che avevamo.

Quello che avevamo.
Relazioni. Senza le relazioni intrecciate nel tempo non sarebbe stato possibile. Non potevamo.
E la fiducia (fuori, oltre da noi) riposta nel progetto (e in noi) era punto vitale della questione.
Ci abbiamo lavorato su per sei mesi, ritagliando il tempo al nostro tempo.
In questi mesi abbiamo inciampato spesso, ci siamo rialzati, tante volte ci hanno teso la mano.
Gli stands. Il legame di reciproco rispetto e amicizia ci hanno permesso di collaborare con la Comunità Cascina Contina per ideare e realizzare gli stand. Nel momento del bisogno e dell’urgenza, quando occorreva risolvere la questione fondamentale degli stands, alternativa a service esterni per noi troppo costosi. La soluzione l’abbiamo trovata nella progettazione cooperativa artigianale in loco. Impagabile immaginare, progettare, lavorare, insieme così; impagabili le giornate trascrorse in Cascina Contina, impagabile il contributo.

I produttori. Coinvolgere più agricoltori locali per noi non era scontato. Una parte del lavoro è stata fatta dagli agricoltori che già ci conoscevano, cha hanno voluto crederci, che hanno tirato in mezzo nuovi agricoltori, vecchi amici.
I vignaioli storici di Critical Wine: ci hanno spronato a fare, con l’entusiasmo, la fiducia, le critiche, hanno scherzato e giocato con noi, ci hanno protetti e difesi.
La Terra Trema è successa.
Il nostro piccolo terremoto l’abbiamo fatto.
L’evento è avvenuto. Una festa di senso e di sensi, che per noi è diventata anche un momento di riflessione su quanto può, quanto ha potuto, l’autogestione, l’autorganizzazione.

La cucina del Leo.
La scommessa non l’abbiamo ancora vinta, la cucina del Leo non è ancora convertita per bene alla filiera zero. È un percorso lento che trova un primo scoglio nella natura del luogo.
Nel corso dell’anno  la cucina del Leo è il luogo dell’accoglienza e del transito, è soprattutto rifugio e tepore. 
Migliaia di pasti caldi e costi contenuti. Per tutti (studenti, lavoratori, migranti, disperati e esploratori da ognidove).
Dalla cucina del Leoncavallo puoi guardare alle contraddizioni del mondo. 
La trasformazione avviene nei giorni di manifestazione. Riusciamo a far acquistare alla cucina una buona parte delle materie prime dai produttori presenti (farine, orzo, riso, carne di maiale e manzo, verdure ).

Temi concreti.
Comunicazione e propaganda. Molto ha fatto il passaparola. Un bel modo che in parte si è rivelato efficace, ma che certo non è abbastanza per arrivare al maggior numero di persone coinvolgibili.
Il web è stato il mezzo che abbiamo potuto curare di più, il più utilizzato e in effetti abbiamo avuto dei buoni riscontri: il sito ha avuto, continua ad avere, un buon numero di visite giornaliere; l’informazione in rete è viaggiata bene, soprattutto sui siti e sui blog di settore.
Dei giornali siamo meno soddisfatti. Bene la stampa locale, meno quella nazionale (è disponibile sul sito una piccola rassegna). Abbiamo comprato spazi pubblicitari a pagamento sul Manifesto: sia nella pagina locale che in quella nazionale. Pubblicità a pagamento anche su Radio Popolare, sul network nazionale e in quello di Milano. Abbiamo stampato 15000 flyers e un centinaio di locandine. Non abbiamo attacchinato per scelta (in primo luogo per i costi di repressione).

Incontri con giornalisti scrittori e produttori.
Abbiamo scelto il Baretto come luogo degli incontri. Uno spazio piccolo ma accogliente, lontano dal casino e meno visibile. Per scelta. Interessava una certa tranquillità. Siamo soddisfatti: a parte un incontro, gli altri sono stati partecipati e interessanti, in modo speciale gli incontri con i produttori e le enodegustazioni guidate (sul sito sono disponibili le registrazioni audio).
Le proiezioni video al Colda (spazio riscoperto nel cortile del Leoncavallo), nonostante gli sforzi di preparazione e la qualità dei video ricercati, sono state poco seguite.
Sono andati molto bene i concerti (noi, i musicisti, gli spettatori siamo soddisfatti).

Incontri all’enoteatro e all’oltrevino.
La struttura degli stand ha facilitato questo compito. Dialoghi a 360°, incontri e assaggi. Qui gran parte dello spirito e degli obiettivi dell’iniziativa: incontrarsi nella festa, relazioni, scambio, acquisti, trovare finalmente sapori buoni e gustosi, trovare clienti, vendere.
C’erano i nostri fratelli, le sorelle, gli amici, i parenti, i compagni: un pretesto per incontrarsi e scambiare chiacchiere. Compagni che non hanno perso un giorno: venerdì, sabato, domenica, si sono mossi tra gli stand ormai convinti esperti alla quarta edizione. Ordinare il solito vino, scoprire qualcosa di nuovo, portarsi a casa l’olio, il formaggio, o il miele. Scambiarsi, chiedere il biglietto da visita o l’indirizzo perché “poi ti vengo a trovare”. Gli addetti ai lavori, forse pochi, un magma strano e controverso: sedicenti giornalisti, appassionati, sommelier che si prendono troppo sul serio, proprietari di enoteche, ristoranti, locali, quelli che già conoscono e che vengono per salutare l’amico vignaiolo, per l’ennesimo ordine e curiosare se c’è qualche novità. Questo il progetto di distribuzione che abbiamo in mente: diffuso, diretto e autorganizzato. A nostro avviso più efficace, autonomo e meno dispendioso di un ulteriore nodo distributivo sovradeterminato.
Quello che ci interessa è il confronto, l’adunata critica e coscienziosa.
Contadini, allevatori, piccoli produttori si sono rivisti, hanno parlato, in tanti. Un brusio felice, un suono. La partecipazione dei produttori è multiforme. Quanto si innesca è suscettibile a questa natura: contadini critici, le figure storiche, vicini di casa, amici, amiche, conoscenti, fratelli, compagni, soci, cooperanti, associati, conterranei, uomini e donne stretti da vincoli di parentela, ideologici, sentimentali.
Per noi è una rete fitta e meravigliosa così. Abbiamo cercato di non alterarla.
Abbiamo ascoltato, seguito.
Abbiamo fatto scoperte. Tra queste, una per tutte: passione e conoscenza del giovane sedicenne figlio di vignaiolo, a La Terra Trema per accompagnare il padre.
Ancora: volevamo che tutto questo si aprisse a Milano, alla gente, ai coproduttori (se vogliamo ancora chiamarli così). Volevamo avvenisse uno scambio, tra persone, parole e sapori, senza intermediari, senza mediazioni.
Volevamo che tutto fosse chiaro una volta per tutte. Per questo ci siamo accaniti sulle autocertificazioni: tanta storia, tanta informazione, di fronte a un bicchiere di vino, un pacco di riso, un vasetto di miele difficilmente è possibile avere (le autocertificazioni dei prodotti sono pubblicate e disponibili sul sito).

Il Bilancio.
Abbiamo fatto i conti. A guardarli non dovremmo dirci soddisfatti delle entrate, di quanto abbiamo portato a casa.
Messi in conto gli sforzi, l’impegno e il lavoro fatto da ognuno di noi non saremmo arrivati a un netto. Sottozero se avessimo messo in bilancio, come lavoro retribuito, le mansioni svolte nel corso dei mesi a precedere e durante la settimana dell’iniziativa.
Le uniche persone e mansioni pagate sono state: i gruppi musicali che hanno partecipato, le pulizie dei capannoni e dei bagni, i turni di sorveglianza notturna e una piccola parte di facchinaggio, abbiamo rimborsato per quanto possibile (c’è chi l’ha fatto di tasca propria), le spese di viaggio e/o di soggiorno di chi è stato invitato.
Sono state completamente gratuite e/o messe a disposizione dal Leoncavallo e dal Folletto (non messe a bilancio quindi):

- Segreteria organizzativa: telefono, fax, internet, il lavoro di contatto coi produttori e gli altri invitati, l’ufficio stampa, la redazione del sito, la grafica, i flyers, la preparazione dei manifesti, la preparazione della cartella stampa, il libretto informativo, l’organizzazione intera dell’iniziativa (ore e giorni non quantificabili)
- Ideazione e realizzazione degli stand (2 giorni lavorativi per 6 persone più 3 persone della falegnameria della Cascina Contina)
- Carico, scarico, trasporto moduli stand (6 persone per 2 giornate)
- Montaggio e smontaggio al Leoncavallo degli stand e dell’impianto elettrico, luci e audio (10 persone per 5 giorni)
- Scarico e carico del vino (6 persone a turno per una settimana col picco durante i tre giorni dell’iniziativa)
- Magazzino (2 persone fisse per una settimana e 5/6 persone a turno durante i tre giorni)
- Accoglienza e infopoint (non quantificabile)
- Ingresso e cassa (12 persone a turno per 7 ore per tre giorni)
- Lavaggio dei bicchieri per le degustazioni guidate e/o lasciati in giro (2 persone per 4 giorni)

 

Guizzi, tracce per il futuro.
Qui, oggi, continuiamo a mantenere vive le relazioni con gli agricoltori del territorio. Confrontandoci sulle questioni che ci coinvolgono e che ci interessano, acquistando i loro prodotti, andando a trovarli in cascina. Vorremmo di più con i vignaioli, le distanze non facilitano, siamo più lontani, vorremmo avere più tempo.
Qui, oggi, continuiamo il lavoro iniziato più di un anno fa di indagine e mappatura. Cerchiamo di capire meglio le questioni essenziali, quelle su cui noi possiamo agire.
Nel prossimo futuro vorremmo incrementare e valorizzare la piccola e preziosa Carta dei Vini adottata al Folletto, vorremmo crearne una su misura per il Bar Centrale del Leoncavallo.
Nel corso dell’anno promuoveremo piccoli terremoti: serate “enogastroautonome” nella cucina del Leoncavallo, micro eventi La Terra Trema ad Abbiategrasso e nei paesi limitrofi, e, finalmente, qualcosa anche al piccolo Folletto.
Continueremo a muoverci, a vedere e confrontarci con esperienze simili, altre e diverse in giro per il Bel Paese.
Con l’augurio di saper reinventare nuove progettualità, ulteriori sfide al mercato, alla società e alla cultura ufficiali. Creare momenti di scambio e di socialità.
Vogliamo favorire nuove forme di consumo e produzione, vogliamo che tutto questo si sviluppi in miriadi di tipologie, ambiti e luoghi diversi.
Speriamo si possa condividere questo percorso.

Ci auguriamo di rivedervi presto. Ci auguriamo abbiate voglia di tornare a Milano alla fine di questo 2008 per La Terra Trema al Leoncavallo la Seconda Volta.

Un caro saluto
Grazie
Folletto25603
Leoncavallo s.p.a.


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