LE DEE
(di: gilda)

In principio c'era la GRANDE MADRE, dispensatrice di ogni forma di vita o di morte, totalità libera ed indeterminata dell'essere elementare femminile, forza primordiale della natura, che dà e toglie la vita, terra madre in cui tutto ha inizio e in cui tutto ha termine, unità toticomprensiva dell'essere che raccoglie tutti i significati. In lei i contrari non sono ancora disgiunti, la grande madre terribile contiene in sé femminile e maschile in una unità indivisibile; è il matriarcale terribile, simbolo della potenza femminile della natura, dove il maschile possiede solo il momento fuggevole dell'accoppiamento.
È insieme madre e figlia-vergine (Demetra e Kore).
È Afrodite-Urania che uccideva il compagno divino dopo l'accoppiamento.
È la dea babilonese Ishtar, dea dell'amore e della fecondità, e insieme dea delle armi e della guerra, signora della terra e del cielo.
È Kalì., l'Oscura, che contemporaneamente crea, preserva, distrugge.
Si tratta dell'immagine primordiale della natura, come principio creatore femminile, in tutta la sua poliedricità e ambiguità, la figura divina del caos primordiale.
Quando successivamente, dall'unità indifferenziata della grande madre, i vari aspetti del femminile vengono maggiormente differenziati, troviamo da una parte Afrodite, che rappresenta la totalità dell'amore, la voluttà come legge suprema della vita, e dall'altra Artemide e Atena, la cui modalità verginale è quella della resistenza all'Eros.

Il principio vitale della coscienza femminile è l'Eros, che, in quanto dimensione della relazione e del sentimento, del non-poter-vivere-senza-l'altro, del non potersi realizzare senza un Tu, può contenere un rischio di dipendenza e può entrare in conflitto con l'esigenza di restare fedele a se stessa e di mantenere indipendenza e libertà. Mentre il Logos vive e si nutre di oggetti e idee, di "interessi obiettivi", l'Eros vive di persone e relazioni e ha bisogno di oggetti viventi per vivere e per operare. La donna in genere cerca la concretezza del corpo, agisce per amore di una persona, e non per amore di una cosa, è interessata agli esseri singoli. Questa è una grande ricchezza, ma comporta anche dei pericoli.
Il bambino maschio ad un certo punto del suo sviluppo sperimenta la madre come un Tu estraneo e diverso, vive perciò il principio dell'opposizione maschile-femminile all'interno del rapporto originario, a cui deve rinunciare se vuole raggiungere se stesso e la sua identità con il maschile. Da questa esperienza egli trae la tendenza all'oggettivizzazione, a porsi a confronto con le cose, a distanziarsi dall'altro. La bambina invece non sperimenta nessuna opposizione nel rapporto originario con la madre, non deve rinunciare allo stato d'identità con la madre per riconoscere se stessa come essere femminile. L'aspetto negativo di questo consiste nella tendenza all'identificazione con l'altro e nel rischio di una fissazione a questo stato di unità completa e appagante.

Torniamo ora alle DEE. Le principali dee dell'Olimpo greco erano sei: Estia, Demetra, Era, Artemide, Atena e Afrodite. A queste si può aggiungere Persefone, la cui mitologia è inseparabile da quella di Demetra. Queste sette dee possono essere divise in tre categorie:
Al gruppo delle DEE VULNERABILI appartengono ERA, dea del matrimonio, DEMETRA, dea delle messi e PERSEFONE, la "fanciulla" (Kore). Le tre dee vulnerabili rappresentano i ruoli tradizionali di moglie, madre, figlia. Sono archetipi di orientamento al rapporto, quelle dee cioè la cui identità e il cui benessere dipendono dall'esistenza di un rapporto significativo, esprimono il bisogno (sacrosanto e produttivo: senza relazione non c'è vita) di legame e di rapporto con l'altro.
Del gruppo delle DEE VERGINI fanno parte ARTEMIDE, dea della caccia e della luna, ATENA, dea della saggezza e dei mestieri, e ESTIA, dea del focolare. Le dee vergini rappresentano le qualità femminile dell'indipendenza e dell'autosufficienza. Esprimono la capacità della donna di concentrarsi consapevolmente su quanto è significativo per lei in quanto persona autonoma.
AFRODITE, dea dell'amore e della bellezza è la DEA ALCHEMICA, dea trasformativa e del cambiamento. Tutti gli dei dell'Olimpo sono soggetti al potere di Afrodite, tranne Atena, Artemide e Estia, le dee vergini.

"Vergine", in senso psicologico, è la donna autosufficiente, che sia moglie, madre, o meno; essa è "una con se stessa".
ESTIA è il focolare come centro della casa e come sede del calore e della preparazione del cibo. È l'aspetto statico e immutabile del femminile, il suo principio non conflittuale, fisso e immutabile, che resta saldo al di là di qualsiasi mutamento. Ogni donna ne ha bisogno, per non perdere se stessa nella varietà di aspetti contraddittori che coesistono nella psiche femminile e nelle tappe del proprio processo di maturazione. È la sicurezza, il punto fermo, il fuoco perpetuo di cui ogni donna ha bisogno per ritrovare se stessa ogni volta che si trova travolta dal disorientamento.
ATENA è la dea che possiede lo spirito d'azione e si associa con uomini. La sua capacità di riflessione trasforma l'impulso aggressivo in spirito d'iniziativa, in energia costruttiva indirizzata a un fine.
ARTEMIDE è la divinità lunare, signora della natura vergine, libera e selvaggia. È la dea della castità, protettrice delle fanciulle, custode di ogni divenire, di ogni sviluppo futuro. È un'immagine guida nel processo di presa di coscienza della donna.
Artemide e Afrodite appaiono come polarità apparentemente opposte in un conflitto insuperabile: da una parte la totalità dell'amore, dall'altra la resistenza all'Eros come aspetto verginale archetipo del femminile.
La verginità psicologica costituisce una difesa contro il rischio di dipendenza e partecipation mistique nei confronti dell'uomo. E' necessaria una resistenza alla modalità femminile di vivere l'Eros come stato edenico di identità con l'altro, in cui ogni distanza è annullata e la donna rischia di perdere la consapevolezza di sé.
La disperazione di Demetra per il ratto di Kore esprime il rischio di annientamento psichico del femminile ignaro. Come si è detto l'uomo ha una distanza naturale dall'Eros: la sua coscienza, centrata sul Logos, ha la sua vita di "interessi obiettivi" che lo protegge dal rischio di dipendenza nei confronti della persona amata. La donna invece è più esposta a cadere in uno stato di partecipazione mistica con l'essere amato. Ma "la relazione è possibile solo quando esiste una distanza psichica" (Jung).
"Perdermi per una persona è sparire dalla mia vita….se si investono tutte le proprie energie nel desiderio della persona amata, in fondo le si fa torto: perché allora non rimangono più forze per essere veramente con lei…questa distanza fa bene" (Etty Hillesum)
Perché l'Eros di Afrodite possa aspirare alla dimensione dell'amore come relazione con l'altro occorre mantenere e rispettare l'aspetto verginale della dea "una con se stessa". L'uomo, se segue ciecamente la legge di Afrodite, realizza se stesso in modo più completo, per lui l'essenziale resta salvo. Per la donna .invece, la RESISTENZA ALL'EROS è un meccanismo istintivo di difesa. È un sano segnale d'allarme di fronte a una situazione che può minacciare la sua personalità. La donna deve rispettare e tollerare questo aspetto della sua natura.
Afrodite, nei miti, porta fortuna agli uomini, mentre alle donne è spesso funesta (Medea, Elena, Fedra, Didone): Afrodite non ha nessuna pietà per gli uomini che rifiutano l'amore, perché per loro si tratta di un colpevole sottrarsi alla vita, mentre tollera e sembra rispettare le donne che scelgono una vita senza Eros. Questo perché la resistenza all'Eros non ha lo stesso valore nell'uomo e nella donna.
Mantenersi internamente vergine, coltivare sempre Artemide, per poter vivere pienamente Afrodite, con gioia, con coscienza e piena libertà, instaurando relazioni in cui non ci sia più il rischio della dipendenza, dell'annullamento e della perdita di sé. Perché essere "una in se stessa" (che non vuol dire bastarsi) è ciò che permette di costruire una strada di libertà, dove l'amore, l'incontro e il rapporto con l'altro siano apertura, accettazione della propria mancanza, disponibilità al cambiamento di sé. Per sviluppare un pensiero femminile, legato all'eros, un pensiero sentimentale, che non sia solo sapere intellettuale, un pensiero finalizzato all'essere, che in qualche modo coincida con l'essere. E trovare un modo di esprimerlo, renderlo azione, pratica quotidiana, spostare il centro verso il mondo, ma in un modo proprio, senza violentare la propria natura.

Liberamente tratto, rimescolato, arricchito dalla mia voce e dai miei pensieri, utilizzato per la mia storia, i miei casini e nodi personali (anche pensando che possa essere utile a qualcuna/o altra/o, come le cose di ognuna/o possono esserlo), da:

"La donna e la sua ombra", di S. Di Lorenzo, ed. Liguori
"Le dee dentro la donna" di J. Bolen, ed. Astrolabio
"Il diario di Etty Hillesum", ed. Adelphi

Con le dee si può anche giocare, scoprire quali vivono dentro di noi, imparare a conviverci, farle dialogare, interagire, scontrarsi e collaborare, attivarle nel momento del bisogno, scegliere a quale dare la prevalenza nei vari momenti della nostra vita, imparare che ognuna ha le sue ragioni, i suoi difetti, i suoi limiti e le sue ricchezze, ascoltare cosa ognuna ha da dire nei momenti delle scelte importanti.
Ve le presento.

Le dee vergini
L'aspetto della dea vergine rappresenta quella parte della donna che l'uomo non può possedere, che non viene toccata dal bisogno di un uomo o della sua approvazione, che esiste di per sé, separata da lui. Il termine vergine significa incontaminata, pura, incorrotta, non consumata, non manipolata. Artemide, Atena ed Estia non sono mai state possedute, sedotte, violentate o umiliate da divinità maschili o da esseri mortali. Sono le uniche che restano indifferenti al potere irresistibile di Afrodite.

ATENA
Dea della saggezza e dei mestieri, imponente e splendida guerriera, protettrice degli eroi , degli eserciti e di molte città. Dea dei tessitori, degli orafi, dei vasai e dei sarti, era nota per le sue capacità di tessitrice, un'attività in cui mente e mani lavorano insieme. Caratteristiche della sua saggezza sono la strategia, la praticità e i risultati concreti. Rappresenta il dominio della volontà e dell'intelligenza sull'istinto e sulla natura.
Atena uscì dalla testa di Zeus già adulta, con indosso una corazza di oro splendente, l'elmo, lo scudo e la lancia, emettendo un potente grido di guerra. Non conobbe mai sua madre Metis, ingoiata da Zeus quando era incinta di lei. Si dice che al momento del nascere di Atena avesse tremato la terra, il sole avesse interrotto il suo corso,. Dea bellicosa, nata in mezzo alle lotte celesti e con l'armi in pugno, era però anche dea della quieta e serena luce celeste, della pace e della saggezza.
Come dea guerresca, Atena porta l'egida della Gorgone, si diceva fosse la pelle della capra Amantea con in mezzo la terribile testa di Medusa.
Suoi attributi sono l'egida, la lancia , l'elmo. Gli animali in rapporto con lei sono soprattutto il serpente, la civetta, il gallo.
È una dea vergine che cerca la compagnia degli uomini, le piace coinvolgersi nelle azioni e nel potere degli uomini, è attratta dai potenti, uomini che corrispondono all'archetipo del patriarca o del "capo". Fu protettrice di molti eroi: Perseo, gli Argonauti, Ercole, Achille Ulisse.

ARTEMIDE
Dea della caccia e della luce lunare, slanciata e incantevole figlia di Zeus e Leto, armata di un arco d'argento e di una faretra colma di frecce, scortata da uno stuolo di ninfe, preceduta da ardenti cani, indossando una tunica abbastanza corta per correre, vagabondava nel folto della foresta per montagne, prati e radure e tirava con l'arco con mira infallibile.
Appena nata aiutò la madre nel lungo e difficile parto del suo gemello Apollo, dio del sole, fu levatrice di sua madre e venne perciò considerata protettrice delle partorienti. Era poi dea della castità e protettrice delle fanciulle fino al momento del matrimonio, e anche dei giovani maschi.
Artemide agiva in maniera rapida e decisa, per portare protezione e soccorso a chi le chiedeva aiuto, ma era altrettanto rapida nel punire chi la offendeva. Così uccise Orione, che l'aveva sfidata, e, dopo averlo trasformato in cervo, fece sbranare Atteone dai suoi cani, perché aveva osato guardarla mentre si bagnava nel fiume. Ripetutamente venne in aiuto di sua madre: uccise il gigante Tizio che aveva tentato di violentarla e le figlie di Niobe, che l'aveva insultata.
Come dea della vita selvaggia veniva associata a molti animali selvatici: il cervo, la daina, la lepre,
la quaglia, che hanno in comune con la dea una natura sfuggente; la leonessa era il simbolo della sua regalità e della sua abilità di cacciatrice; l'orso feroce rappresentava il suo aspetto distruttivo; era poi associata al cavallo selvatico, che girava libero con i suoi compagni, come Artemide con le sue ninfe.
Artemide era anche dea della luna, si sentiva a suo agio la notte, mentre vagabondava nel suo regno selvaggio alla luce del pianeta o di una torcia, quando il paesaggio si trasforma e i particolari si fanno indistinti, belli e misteriosi.

ESTIA
Primogenita di Rea e Crono, quindi sorella di Zeus ed Era, Estia era la dea del focolare, del fuoco che arde su un focolare rotondo. Era la divinità principale della famiglia, la sua protettrice, così come era patrona dello stato. La sua presenza si avvertiva nella fiamma viva, posta al contro della casa, del tempio o della città, era fuoco sacro che forniva l'illuminazione e il calore necessari a cuocere il cibo. Perché una casa divenisse un focolare era necessaria la sua presenza. Rappresentava il luogo dove far ritorno.
Estia non si coinvolse mai nelle storie d'amore e di guerra che hanno tanta importanza nella mitologia greca. Una volta Afrodite fece sì che Poseidone e Apollo si innamorassero di Estia, ma lei li rifiutò fermamente, facendo solenne giuramento di rimanere per sempre vergine. Anche le donne che attendevano al suo culto dovevano essere vergini, venivano portate al tempio quando erano molto giovani ed erano tenute a vivere come la dea.
A differenza delle altre due dee vergini, non si avventurò nel mondo a esplorare luoghi selvaggi o a fondare città, ma rimase nella casa e nel tempio, racchiusa all'interno del focolare. L'orientamento della sua coscienza è diverso, non si concentra sul conseguimento di mete o la realizzazione di progetti, ma sull'esperienza soggettiva interna, mette a fuoco ciò che è significativo a livello personale.

Le dee vulnerabili
Sono le dee orientate al rapporto, che trovano identità e benessere in un rapporto significativo. Il fuoco dell'attenzione è sugli altri, e non su una meta esterna o su uno stato interiore. Esprimono il bisogno femminile dell'affiliazione. Nei miti che le riguardano, tutte e tre furono violentate, rapite, dominate o umiliate da divinità maschili.

ERA
Figlia maggiore di Crono e Rea, sorella e moglie di Zeus, Era è la divinità femminile del cielo, come Zeus è quella maschile. Maestosa, regale e splendida, era la dea del matrimonio.
Era fu inghiottita dal padre appena nata. Quando emerse dal corpo di Crono era già fanciulla e fu affidata alle cure di due divinità della natura. Divenuta bellissima, fu notata da Zeus, che, per avvicinarsi, si trasformò in un tenero e tremante uccellino. Lei si impietosì e, per riscaldarlo, se lo pose sul seno. Zeus abbandonò allora il travestimento e cercò di prenderla con la forza. Ma lei resistette finchè lui non promise di sposarla. Quando finì la luna di miele, dopo 300 anni, Zeus tornò alle sue abitudini promiscue. Tante e tante volte le fu infedele, suscitando la sua gelosia vendicatrice, che si rivolgeva sempre verso l'"altra" o verso i suoi figli, e mai contro il marito. Molte sono le storie che narrano di Era e della sua ira. Ma collera e vendetta non erano la sua unica reazione, a volte se ne andava, peregrinando fino ai confini della terra e del mare. Suoi figli furono Efesto e Ares, il mostro Tifeo, Ebe e Ilizia.
I suoi simboli erano la mucca, la via lattea, il giglio, l'iridescente coda del pavone, simbolo della vigilanza che le era tipica.
Nei rituali le venivano dati tre appellativi, che corrispondevano ai tre stadi della vita della donna: a primavera la si onorava come Era Parthenos, la Fanciulla; in estate e in autunno la si celebrava come Era Teleia, la Perfetta, la Realizzata; e in inverno diventava Era Chera, la Vedova.

DEMETRA
Demetra, dea delle messi, presiedeva all'abbondanza dei raccolti. Veniva raffigurata come una bellissima donna dai capelli d'oro, vestita di blu, seduta. Veniva venerata come una dea madre (meter). Portava un fascio di spighe in mano, e a volte anche una fiaccola e una scatola chiusa, la cesta mistica
Fu secondogenita di Crono e Rea, e la seconda ad essere inghiottita dal padre. Fu la quarta consorte di Zeus, che le era anche fratello, e da lui ebbe una sola figlia, Persefone.
La storia di Demetra e Persefone si incentra sulla reazione di Demetra al rapimento della figlia da parte di Ade, dio degli Inferi. Persefone stava cogliendo fiori su un prato, quando il suolo si spalancò, emerse Ade sul suo carro, l'afferrò e la portò con sé nell'abisso. Demetra cercò la figlia rapita per nove giorni e nove notti, per tutto il mare e per tutta la terra. Dopo essersi recata da Elio, che le aveva detto che Zeus aveva dato il consenso al rapimento, sentendosi tradita, abbandonò l'Olimpo e se ne andò vagando travestita da vecchia. Giunse ad Eleusi, e, vicino a un pozzo, la trovarono le figlie del re della città, che la condussero con loro perché facesse da nutrice al loro fratellino, Demofonte. Sotto le sue cure, il bambino crebbe come un dio. Rivelatasi a tutti come dea, ordinò che le fosse costruito un tempio, dove si sedette, rifiutando di adempiere alla propria funzione di dea delle messi. Così niente poteva crescere e niente poteva nascere. La carestia minacciava di distruggere tutto. Zeus se ne accorse e infine mando Ermes, messaggero degli dei, da Ade, ordinandogli di restituire Persefone. Persefone fu libera di tornare sulla terra, ma prima Ade le diede dei semi di melograno, simbolo dell'amore, che lei mangiò. Dopo che madre e figlia si furono riunite, Demetra restituì fertilità e crescita alla terra, ma Persefone, avendo mangiato i semi di melograno, dovette passare un terzo dell'anno nel mondo sotterraneo.

PERSEFONE
Era venerata in due modi: come fanciulla, o Kore, che risorge ogni anno a nuova vita, giovane dea slanciata e bellissima associata ai simboli della fertilità (melograno, grano, cereali, narciso); e come regina degli Inferi, colei che trae ogni essere vivo nell'oscuro grembo della terra, donna matura, che regna sulle anime dei morti e guida i viventi agli Inferi. Fu la figura centrale dei Misteri Eleusini, nei quali si viveva l'esperienza del ritorno, o del rinnovarsi della vita dopo la morte, attraverso la ricomparsa annuale di Persefone dall'oltretomba.
All'inizio del mito di Demetra e Persefone, Persefone era una ragazza spensierata, ingenua e indifesa, che coglieva fiori e giocava con le amiche. In seguito divenne regina degli Inferi e fece da guida ad eroi ed eroine della mitologia greca. mostrò ad Ulisse le anime delle donne leggendarie; riempì lo scrigno di Psiche con l'unguento dell'eterna giovinezza per Afrodite; da lei si recò anche Eracle venuto per domare il cane Cerbero.

La dea alchemica
Afrodite non appartiene né al gruppo delle dee vergini né a quello delle dee vulnerabili, benchè abbia alcune caratteristiche in comune con entrambe. Ebbe molte storie sessuali, e quindi non fu una dea vergine anche se, come queste, faceva ciò che le piaceva; si legò a divinità maschili ed ebbe figli, come le dee vulnerabili, ma non fu mai vittima e non soffrì.
Chiunque o qualsiasi cosa Afrodite ricolmi di bellezza, diventa irresistibile. Ciò che Afrodite genera è il desiderio di conoscere e di essere conosciuti. Ogni volta che avviene una crescita, che viene coltivata una visione, incoraggiata una scintilla di creatività, sviluppate delle risorse, Afrodite è presente.

AFRODITE
Dea dell'amore e della bellezza, esercitava su tutti gli esseri, umani e divini (ad eccezione delle dee vergini), un fascino irresistibile, provocando l'innamoramento e il concepimento di una nuova vita. Ispirava la poesia e le parole persuasive, e rappresenta il potere di trasformazione e di creazione proprio dell'amore.
Era la più bella tra le dee e veniva associata ai colombi, ai cigni, noti per la loro bellezza e fedeltà; ai fiori, in particolare alla rose; alle dolci fragranze e ai frutti, soprattutto le mele e le melagrane, rosse come la passione.
Esistono due versioni della nascita di Afrodite. Secondo Omero essa nacque semplicemente come figlia di Zeus e della ninfa del mare Dione. Secondo Esiodo la sua nascita fu la conseguenza di un atto di violenza: Crono tagliò i genitali del padre Urano e li gettò in mare; dal rimescolamento di sperma e acqua si sollevò una candida schiuma da cui nacque Afrodite, già adulta. Narra il mito che essa approdò a Cipro e, accompagnata da Eros e Imeros (Desiderio) fu accolta dagli dei come una di loro. Molti la chiesero in sposa. A differenza di altre dee, Afrodite fu libera di scegliere, e scelse Efesto, lo storpio dio dei fabbri, del fuoco e della fucina, da cui non ebbe figli e che spesso tradì. Amò Ares, dio della guerra, dal quale ebbe molti figli (Armonia, Deimo, Fobo). Altro suo amante fu Ermes, messaggero degli dei, da cui ebbe Ermafrodito.
Anche i rapporti della dea con i mortali furono importanti. Venne in soccorso ad uomini che le avevano chiesto aiuto (Ippomene, Pigmalione). Ebbe anche degli amori mortali, come Anchise, da cui concepì Enea, o Adone, un giovane cacciatore bellissimo che divise con Persefone.
Anche le donne furono potentemente influenzate dalla dea. Afrodite suscitò l'insana passione di Mirra per il proprio padre; usò Fedra come arma di vendetta contro il figliastro Ippolito , reo di aver rifiutato di onorare la dea dell'amore, facendola innamorare pazzamente di lui; anche Psiche e Atalanta furono due mortali trasformate dall'influenza di Afrodite.

 


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