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donn[ol]a book tratto dal libro " DONNE CHE CORRONO CON I LUPI " di: C. P. Estès. Sintesi e disegni di: Dellilda
La loba
I quattro rabbini
Barbablù
Vassillissa
Manawee
La donna scheletro
Il brutto anatroccolo
Scarpette rosse
Pelle di foca
La llorona
La piccola fiammiferaia
I tre capelli d'oro
Baubo, la dea panciuta
L'orso della luna crescente
Gli alberi secchi
La donna dai capelli d'oro
La fanciulla senza mani
Il Canto Hondo
SCARPETTE ROSSE

C'era una volta una povera orfana che non aveva scarpe. La bimba conservava tutti gli stracci che riusciva a trovare finchè un bel giorno riuscì a confezionarsi un paio di scarpette rosse. Erano rozze, ma le piacevano. La facevano sentire ricca nonostante trascorresse, fino a sera inoltrata, le sue giornate a cercare cibo nei boschi.
Un giorno, mentre percorreva faticosamente una strada, vestita dei suoi stracci e con le scarpette rosse ai piedi, una carrozza dorata le si fermò accanto. La vecchia signora che la occupava le disse che l'avrebbe portata a casa con sé e l'avrebbe trattata come una sua figlioletta. Così andarono nella dimora della vecchia signora ricca, e là furono lavati e pettinati i capelli della bambina. Le furono dati biancheria fine, un bell'abito di lana e calze bianche e lucide scarpe nere. Quando la bambina chiese dei suoi vecchi abiti, e in particolare delle scarpette rosse, la vecchia le rispose che, sudici e ridicoli com'erano, li aveva gettati nel fuoco.
 
La bimba era molto triste perché quelle umili scarpette rosse che aveva fatto con le proprie mani le avevano dato la più grande felicità. Ora era costretta a stare sempre ferma e tranquilla, a parlare senza saltellare e soltanto se interrogata. Un fuoco segreto le si accese nel cuore e continuò a desiderare più di ogni altra cosa le sue vecchie scarpette rosse.
Poiché la bambina era abbastanza grande da ricevere la cresima, la vecchia signora la portò da un vecchio calzolaio zoppo, per acquistare una paio di scarpe speciali per l'occasione. In vetrina facevano bella mostra di sé un paio di scarpe rosse confezionate con la pelle più morbida che si possa trovare. La bimba, spinta dal suo cuore affamato, subito le scelse. La vecchia signora ci vedeva così male che non si accorse del colore e glie le comprò. Il vecchio calzolaio strizzò l'occhio alla piccola e gli incartò le scarpe.
Il giorno dopo, in chiesa, tutti rimasero sorpresi da quelle scarpe rosse che brillavano come mele lustrate, come cuori, come prugne ben lavate. Ma alla bimba piacevano sempre di più. In giornata la vecchia signora venne a sapere delle scarpette rosse della sua pupilla. "Non mettere mai più quelle scarpe" le ordinò minacciosa. Ma la domenica dopo la bambina non potè fare a meno di mettersi le scarpette rosse, e poi si avviò alla chiesa con la vecchia signora. Sulla porta della chiesa c'era un vecchio soldato con il braccio al collo. S'inchinò, chiese il permesso di spolverare le scarpe e toccò le suole cantando una canzoncina che le fece venire il solletico ai piedi. "Ricordati di restare per il ballo" e le strizzò l'occhio.
Anche questa volta tutti guardarono con sospetto le scarpette rosse della bambina. Ma a lei piacevano tanto quelle scarpe lucenti, rosse come lamponi, come melagrane, che non riusciva a pensare ad altro. Era tutta intenta a girare e rigirare i piedini, tanto che si dimenticò di cantare. Quando uscirono dalla chiesa, il vecchio soldato esclamò: "Che belle scarpette da ballo!". A quelle parole la bambina prese a piroettare e non riuscì più a fermarsi, tanto che parve avesse perduto completamente il controllo di sé. Danzò una gavotta e poi una csarda e poi un valzer, volteggiando attraverso i campi. Il cocchiere della vecchia signora si lanciò all'inseguimento della bambina, la prese e la riportò nella carrozza, ma i piedini che indossavano le scarpette rosse continuavano a piroettare nell'aria. Quando riuscirono a togliergliele, finalmente i piedi della bambina si quietarono.
Di ritorno a casa, la vecchia signora lanciò le scarpette rosse su uno scaffale altissimo e ordinò alla bambina di non toccarle mai più. Ma lei non riusciva a fare a meno di guardarle e desiderarle. Per lei erano ancora la cosa più bella che si trovasse sulla faccia della terra. Poco tempo dopo, mentre la signora era malata, la bambina strisciò nella stanza in cui si trovavano le scarpette rosse. Le guardò, là in alto sullo scaffale, le contemplò, e la contemplazione si trasformò in potente desiderio, tanto che la bambina prese le scarpe dallo scaffale e subito se le infilò, pensando che non sarebbe accaduto nulla di male. Ma non appena le ebbe ai piedi subito si sentì sopraffatta dal desiderio di danzare. Danzò uscendo dalla stanza, e poi lungo le scale, prima una gavotta, poi un csarda e poi un valzer vertiginoso. La bambina era in estasi, e si accorse di essere nei guai solo quando volle girare a sinistra e le scarpe la costrinsero a girare a destra, e volle danzare in tondo e quelle la obbligarono a proseguire. E poi la portarono giù per la strada, attraverso i campi melmosi e nella foresta scura.
Appoggiato a un albero c'era il vecchio soldato dalla barba rossiccia, con il braccio al collo. "Oh che belle scarpette da ballo!" esclamò. Terrorizzata, la bambina cercò di sfilarsi le scarpe, ma più tirava e più quelle aderivano ai piedi. E così danzò e danzò sulle più alte colline e attraverso le valli, sotto la pioggia e sotto la neve e sotto la luce abbagliante del sole. Danzò nelle notti più nere e all'alba, danzò fino al tramonto. Ma era terribile: per lei non esisteva riposo. Danzò in un cimitero e là uno spirito pronunciò queste parole: "Danzerai con le tue scarpette rosse fino a che non diventerai come un fantasma, uno spettro, finchè la pelle non penderà sulle ossa, finchè di te non resteranno che visceri danzanti. Danzerai di porta in porta per tutti i villaggi, e busserai tre volte a ogni porta, e quando la gente ti vedrà, temerà per la sua vita". La bambina chiese pietà, ma prima che potesse insistere le scarpette rosse la trascinarono via. Danzò sui rovi, attraverso le correnti, sulle siepi, e danzando danzando arrivò a casa, e c'erano persone in lutto. La vecchia signora era morta. Ma lei continuava a danzare. Entrò danzando nella foresta dove viveva il boia della città. E la mannaia appesa al muro prese a tremare sentendola avvicinare
"Per favore" pregò il boia mentre danzava sulla sua porta, "Per favore mi tagli le scarpe per liberarmi da questo tremendo fato". E con la mannaia il boia tagliò le cinghie delle scarpette rosse. Ma queste le restavano ai piedi. E lei lo pregò di tagliarle i piedi, perché così la sua vita non valeva nulla. Il boia allora le tagliò i piedi.
E le scarpette rosse con i piedi continuarono a danzare attraverso la foresta e sulla collina e oltre, fino a sparire alla vista. E ora la bambina era una povera storpia, e doveva farsi strada nel mondo andando a servizio da estranei, e mai più desiderò delle scarpette rosse.

La bambina perde le scarpe rosse che si è fatta da sola. Era povera ma fantasiosa, stava trovando la sua strada. Le scarpe rappresentano un enorme passo verso l'integrazione della sua natura femminile. I piedi rappresentano la mobilità e la libertà. Avere scarpe per coprire i piedi significa essere fermi nelle proprie convinzioni, è avere mezzi per agire di conseguenza. Per creare occorre sacrificare la superficialità, qualche sicurezza e spesso il desiderio di piacere e far affiorare le intuizioni più intense, le visioni più grandiose.
Il problema è quando dal sacrificio non nasce la vita. Allora il rosso è il colore della perdita. Nella favola un rosso vibrante e amato va perduto, affiora allora un desiderio, un'ossessione, una tossicodipendenza dall'altro rosso: sesso senza anima, vita senza senso.
Se dopo aver confezionato le scarpe, la situazione progredisse indisturbata, sarebbe buona per l'io creativo. La bambina è contenta di aver compiuto la sua opera, di aver avuto pazienza di cercare e raccogliere, di manifestare le sue idee. Non importa se è piuttosto grezza: molti dei non crearono in modo perfetto la prima volta. Ma nella storia passa una carrozza dorata che s'insinua nella vita della bambina.
Le trappole
1)la carrozza dorata, la vita svalutata: salire sulla carrozza è come entrare in una gabbia dorata: offre qualcosa di più comodo e più facile, ma in realtà cattura. Accade spesso nell'esistenza delle donne: mentre stiamo cercando di fare del nostro meglio qualcosa ci dice che è troppo difficile. Guarda quest'altra cosa, quanto è più facile e avvincente. Montiamo sulla carrozza.
La carrozza dorata cancella la gioia semplice delle scarpette rosse, la trappola scatta quando la bambina va a vivere con la vecchia signora e deve stare buona e zitta. E' l'inizio della grande fame per lo spirito creativo.
2)la vecchia signora, la forza senescente: una vecchia simboleggia dignità, capacità di guidare, saggezza, conoscenza di sé, tradizione, confini ben definiti, esperienza, una vecchia è poi bisbetica, parla chiaro, ha lunghi denti. Ma quando in una favola una vecchia usa negativamente questi attributi, aspetti delle psiche che dovrebbero restare caldi stanno per raggelarsi. Qui la vecchia distrugge l'innovazione, invece di essere una guida per la sua pupilla, cerca di calcificarla. Essa ripete un unico valore, che è l'opinione della collettività, è il simbolo della custode severa della tradizione collettiva, una sostenitrice dello status quo.
La nostra sfida e di non amalgamarci in nessuna collettività, di non adeguarsi ad essa e di arricchirla invece con la propria particolare fragranza. Nella favola la bambina si sottomette agli aridi valori della vecchia signora. Come tutte le creature catturate, piomberà in una tristezza che porta a un desiderio ossessivo, a una irrequietezza senza nome. Allora si corre il rischio di afferrare la prima cosa che prometterà di farci sentire di nuovo vive.
Bisogna soppesare le offerte di una esistenza più facile se, in cambio, ci chiedono di consegnare la nostra personale gioia creativa al fuoco della cremazione invece che al fuoco acceso da noi.
3)il tesoro bruciato: Hambre del Alma: ci sono fuochi di gioia (di trasformazione) e fuochi di annientamento (di decimazione). Molte donne cedono le scarpette rosse e accettano di essere troppo in ordine, troppo carine, troppo compiacenti per l'altrui modo di vedere il mondo. Troppe donne hanno poggiato la penna, rinchiuso le parole, spento il canto, arrotolato la tela. E la loro esistenza si riduce in cenere. Quando la vita- anima personale è ridotta in cenere, la donna perde il tesoro vitale e diventa arida; il desiderio delle scarpette rosse, di una gioia selvaggia ingrossa e straripa nel suo inconscio.
Essere nello stato di hambre del alma significa provare una fame implacabile per qualunque cosa faccia sentire di nuovo vive. La donna catturata afferrerà tutto quello che appaia simile al tesoro originario (alcol, droghe, amori sbagliati). Il guaio della fame è che si afferra qualsiasi cosa che in apparenza possa soddisfarci.
4) l'istinto fondamentale ferito: la bambina del racconto è trasportata in un nuovo ambiente in cui la vita diventa meno difficile, in realtà essa cessa la sua individuazione, si blocca ogni sforzo verso lo sviluppo. Quando la vecchia signora brucia le scarpette rosse (il lavoro dello spirito creativo), la bambina diventa triste. E' stata catturata la sua anima: lo sposalizio con il selvaggio, la passione creatrice, il proprio operato. La creatura chiusa in gabbia perde i suoi cicli naturali, e alla perdita segue il vuoto.
L'eccesso di addomesticamento è come un divieto di danzare imposto all'essenza vitale. La donna dall'istinto ferito non ha scelta, resta immobile. Uno degli attacchi più insidiosi all'io selvaggio è l'invito a comportarsi come si deve e (forse) seguirà un premio. Questo metodo non funzionerà mai nella vita di una donna vitale. E' il gioco, non l'ordine, la radice della vita creativa. Molte donne di talento che perdono le scarpette fatte a mano lungo il cammino, nel loro stato di vulnerabilità fanno scelte deleterie, trovano le loro maledette scarpette rosse.
5)tentativo di vita segreta, scissione: dal calzolaio, la bambina riesce ad ottenere le scarpette rosse, all'insaputa della vecchia signora. Il vorace desiderio d'anima della bambina abbatte i suoi comportamenti inariditi.
Secondo la psicologia analitica la repressione degli istinti (positivi e negativi) fa sì che essi dimorino nel regno delle ombre. Questa pressione li fa ribollire e può portare a comportamenti inconsulti, mentre, lasciando uscire un po' per volta gli elementi dal mondo delle ombre, trovando loro un impiego, possiamo evitare esplosioni inattese.
L'ombra può comprendere infatti anche il divino, il bello e potenti aspetti della personalità. Gli impulsi positivi dell'ombra spesso chiedono di creare una "vita fatta a mano". Quando si smette di fare, l'energia viene deviata in profondità e riaffiora quando e dove può. Vivere furtivamente una vita simulata non funziona mai. Meglio vivere il più possibile e lasciar perdere le simulazioni. Resistere per quel che ha davvero senso ed è salutare.
La bambina, prendendo le scarpette rosse, fa una scelta sbagliata e i suoi istinti smorzati non l'avvertono del loro potenziale mortale. Così le donne che hanno gettato via il loro tesoro rubacchiano morsi e pezzetti dovunque. Ma è impossibile che una donna che lotta per la consapevolezza si contenti di rubare qualche boccata di aria pura. Esiste però fortunatamente un'anima- psiche che ci costringe a respirare a pieni polmoni.
6)umiliazione di fronte alla collettività, ribellione dell'ombra: la bambina si reca in chiesa con le sue scarpette rosse e viene "chiacchierata" dalla gente del villaggio, e quindi punita. Possiamo cercare di avere una vita segreta, ma prima o poi il Super-io, un complesso negativo o la cultura medesima interverranno. Se ci umiliamo di fronte alla collettività e ci sottomettiamo alle sue pressioni saremo protette dall'esilio, ma metteremo in pericolo la nostra vita selvaggia. La donna oppressa non rifiuta di adattarsi: non può adattarsi senza morire. Quando una donna si rifiuta di sostenere la collettività inaridita, si rifiuta anche di arrestare il suo pensiero selvaggio e agisce di conseguenza. La donna deve resistere, cercare ciò cui appartiene.
Il problema della bambina con le scarpette rosse è che, invece di rinforzarsi per affrontare la lotta, si lascia catturare dal fascino di quelle scarpette, che la allontanano da una ribellione significativa, capace di promuovere il cambiamento.
7)finzione, tentativo di essere brave, normalizzazione dell'abnorme: la bambina ha cercato di fare a meno della sua vita anima, ma non ha funzionato. Ha cercato di condurre di nascosto una doppia vita, ma non ha funzionato, ora cerca di "fare la brava", di non toccare le scarpette rosse sullo scaffale. Cerca di nascondere la sua fame e che nulla bruci in lei. Così lo spirito affonda nella noia, nella compiacenza e nella cecità.
Quando una creatura è sottoposta alla violenza, cerca di adattarsi, così quando la violenza cessa il sano istinto di fuggire è fortemente ridotto. Questa normalizzazione della violenza induce molte donne a restare in situazioni impossibili, a perdere la capacità di fuggire e a sentirsi incapaci di imporre le cose in cui credono con tutto il cuore. Negli anni cinquanta una petroliera affondò sul lago Michigan. Il giorno dopo le madri strigliavano i bambini macchiati di petrolio. La normalizzazione dell'abnorme induceva le madri a ripulire i bambini e ad accettare poi i peccati delle raffinerie, delle fabbriche, delle fornaci. Le donne recisero la loro giusta collera e poi si abituarono. Quando le donne non parlano, tace il naturale e il selvaggio del mondo. Tacciono l'amore e le voci della consapevolezza. Quando gli istinti sono danneggiati, gli esseri umani normalizzano un assalto dopo l'altro, atti di ingiustizia e di distruzione contro se stessi, contro i loro figli, la loro terra. Le donne che restano in silenzio, cadono in un silenzio mortale e nella disperazione. Seguono fatica e rassegnazione. E la gabbia si richiude.
8) la danza incontrollata: ossessione e dipendenza: la bambina ha provato di tutto. Ora la fame di anima e di significato la costringono a riprendersi le scarpette rosse e dar inizio all'ultima danza, una danza nel vuoto e nell'inconsapevolezza. Ha normalizzato la propria esistenza arida, intensificando così la brama per le scarpette della follia. L'uomo dalla barba rossa ha trasmesso la vita non alla bambina, ma alle scarpette. La bambina prende a volteggiare lontano dalla vita. Per lei non c'è riposo, fissata in un'ossessione che è molto simile alla tossicodipendenza.
9) tossicodipendenza: è la mancanza di gioia ad uccidere la bambina. Quando una donna non si accorge della sua fame, delle conseguenze prodotte dalle sostanze mortali, continua a danzare. Che si tratti di pensiero negativo, di rapporti insoddisfacenti, di droghe e alcol, sono come le scarpette rosse: difficile liberarsi dalla loro presa. E la bambina danza, prima in estasi, poi esausta. Se una donna non pratica regolarmente le sue libertà interiori ed esterne, la sottomissione e la passività offuscano i doni innati della visione, della percezione, della fiducia e di tutto ciò di cui ha bisogno per farcela.
La natura istintuale ci dice quando è il tempo di dire basta. La tossicodipendenza inizia quando una donna perde la sua vita fatta a mano e ricca di senso per fissarsi nel recupero di qualcosa che le assomigli. Nel racconto la bambina ha perduto l'originale vitalità e vuole un surrogato mortale. Ha ceduto il suo Io.
L'abuso di sostanze nocive è una trappola reale. Droghe e alcol assomigliano molto all'amante che prima vi tratta bene, poi vi picchia, si scusa e ricomincia a picchiarvi. La trappola consiste nel fermarsi a prendere il buono cercando di chiudere gli occhi sul cattivo. La dipendenza è una Baba Jaga cattiva che divora le bambine che si sono perdute e le getta sulla porta del boia.
In casa del boia. Quando la natura selvaggia è andata completamente distrutta e possibile che un deterioramento schizoide o una psicosi opprimano una donna. Se ne resta a letto, vaga per casa in vestaglia, piange senza riuscire a trattenersi, vaga per strada coi capelli arruffati, pensa al suicidio. Non si sente né bene né male, semplicemente non si sente.
Ecco il momento difficile: le scarpette devono essere tagliate. E' in questo "non avere neanche un piede su cui poggiare", in questo non esserci casa a cui tornare, che bisogna ricominciare, tornare alla vita fatta a mano, modellata da noi giorno per giorno. E' doloroso separarsi dalle scarpette rosse, ma è la nostra unica speranza. I piedi ricresceranno e ricominceremo a correre e a saltare.
Il ritorno alla vita fatta a mano, guarigione degli istinti feriti. Possono essere necessari un anno o due per curare le ferite. C'è una semplice porta che attende di essere valicata: dall'altra parte ci sono i piedi nuovi. Il ritorno alla psiche libera e selvaggia dev'essere perseguito con coraggio, ma anche con prudenza. Bisogna ascoltare, guardare e sentire il mondo che ci circonda e agire con efficienza, efficacia, con l'anima.
Quando si lotta per qualcosa di importante bisogna circondarsi di persone che sostengono il nostro lavoro. E' una trappola e un veleno avere intorno persone che hanno le nostre stesse ferite ma non il desiderio vero di guarirle.
Bisogna comprendere la vita come un corpo vivente in sé. E' sciocco pensare di non aver fame oggi perché abbiamo mangiato ieri, o pensare che un problema risolto lo sarà sempre e che, avendo appreso, saremo per sempre consapevoli.
 
Scarpette rosse
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