IL VIAGGIO

Nelle case, dietro le finestre, pulsano universi, mondi dinamici, passioni e abbandoni, volti e movimenti, nascita e morte. Intrecci di vita che, ogni volta che riescono ad oltrepassare la porta si inondano del fuori e condividono il battito del mondo. Non sempre è così. Qualche volta succede.
Le valigie sono sintesi, molta vita racchiusa in poco spazio. L'imprescindibile, l'essenziale, una porzione dell'universo che lasci alle spalle e che ritroverai, quando il viaggio sarà giunto alla fine.

Nel 76 il nostro giovane gruppo oltrepassò la porta, dall'Argentina verso l'Europa. Verso l'ignoto.
Persone con valigie, qualche costume teatrale sintetico e povero, e una data per il ritorno: 90 giorni dopo.
Furono 25 anni.
Quel viaggio non ebbe mai fine, si trasformò in esilio e la casa, quella del mio universo, fu abbandonata.
Il sanguinario colpo di stato dei militari argentini ci sorprese lontano, il ritorno era la fine certa, morte in attesa di noi.
Tornai due anni dopo, sola e solo per bruciare la mia biblioteca, abbracciare mia madre e mia sorella, riempire nuove valigie con ciò che era possibile portare e poi via, verso quel nuovo paese del mio destino che si chiamava Italia, dove mi sono sempre sentita straniera.

L'esilio e me non siamo mai andati d'accordo. Sono nata e cresciuta in una città di cui ero e sono ancora innamorata.
Io, figlia di Buenos Aires, amo perdutamente l'odore di quelle pietre, strade, volti che vedo anche senza vedere. Viaggio spesso dentro, i passi dell'anima mi riportano là e là sempre sto tornando.

La scelta di vita che allora facemmo, con il nostro teatro negli spazi aperti, è quella di viaggiare, sempre, ovunque, comunque, dove ci porta il destino.
Non esiste ritorno possibile, sebbene tornando in patria, perché non sarà mai più lo stesso.
Il nostro teatro è fatto e vissuto da cittadini del mondo che, armati di camion e furgoni, portano il loro instancabile messaggio là, sin dove le valigie riescono a seguirci.

La vita dei teatri ci soffoca.
Per questo la strada, la piazza, luogo di nessuno e di tutti, terra sconfinata dove puoi incontrare i tuoi simili senza pretendere niente, comunicando tramite gesti e danze, musica e universali linguaggi.

Da allora ho viaggiato molto, per paesi e continenti ; ho viaggiato attraverso il mondo dei così detti "folli", lavorando per anni insieme a loro e imparando l'umiltà di essere diversi; nei mondi dei carcerati , dei drogati , dei bambini di strada. Ho viaggiato insieme ai miei compagni svelando segreti magnifici e trasformandoli in spettacoli; ho viaggiato nei misteri della conoscenza e in quelli della meditazione; ho viaggiato morendo tante volte di strane malattie, per poi resuscitare e assaporare ancora il gusto della vita .

Oggi sto tornando, lentamente, colma di emozione, di stupore, al mio paese.
Con una valigia piena della mia arte matura e riconosciuta da tanti, in tanti mondi.

Sono cresciuta in questi anni come regista teatrale e compositrice.
Maestra d'attori, madre di figli ormai adulti che sono attori e cineasti e che inesorabilmente viaggiano in spazi aperti, odiano le cinture che premono la vita, respirano il mondo.
Così fu per mia madre, attrice, scappata dalla Polonia perché ebrea e così per mio padre, i cui genitori migrarono dalla Russia.

Il viaggio delle vite si ripete, il cerchio del destino è ancora aperto.


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