TUTTI I GIORNI

La guerra non viene più dichiarata,
ma proseguita. L’inaudito
è divenuto quotidiano. L’eroe
resta lontano dai combattimenti. Il debole
è trasferito nelle zone di fuoco.
La divisa di oggi è la pazienza,
medaglia la misera stella
della speranza, appuntata sul cuore.

Viene conferita
quando non accade più nulla,
quando il fuoco tambureggiante ammutolisce,
quando il nemico è divenuto invisibile
e l’ombra di eterno riarmo
ricopre il cielo.

Viene conferita
per la diserzione dalle bandiere,
per il valore di fronte all’amico,
per il tradimento di segreti obbrobriosi
e l’inosservanza
di tutti gli ordini.

INGEBORG BACHMAN
“Poesie”, Ed. TEA 996
da “Il tempo dilazionato”, 1953

CASSANDRA

Avremmo dovuto armarci anche spiritualmente, se il greco ci attaccava.
L’armamento spirituale consisteva nella diffamazione del nemico (già si parlava di “nemico” prima ancora che un solo greco fosse montato su una nave) e nella diffidenza verso chi era sospettato di fare il gioco del nemico.

Ma dove vivevamo dunque. Devo ricordarmi nitidamente: c’era qualcuno a Troia che parlasse di guerra? No. Sarebbe stato punito. La preparavamo in tutta innocenza e con la migliore buona fede.

Dieci anni di guerra. Furono lunghi abbastanza da far dimenticare completamente come nacque la guerra. Durante la guerra si pensa solo a come andrà a finire. E si rimanda la vita. Quando sono i molti a fare così, dentro di noi nasce lo spazio vuoto dove si rovescia la guerra. Che anch’io all’inizio mi abbandonassi alla sensazione di vivere in quella fase solo provvisoriamente; di avere ancora davanti la vera realtà; che mi lasciassi sfuggire la vita: questo mi dispiace più di ogni altra cosa.

È possibile sapere quando comincia la guerra, ma quando comincia la vigilia della guerra? Se ci fossero regole, bisognerebbe trasmetterle. Inciderle nella terracotta, nella pietra tramandarle. Che cosa conterrebbero. Conterrebbero, tra le altre frasi: non fatevi ingannare da quelli della vostra parte.

In seguito abbiamo dimenticato tutti la causa che originò la guerra.

CHRISTA WOLF
da “Cassandra”, e/o 1984
IL MONDO SALVATO DAI RAGAZZINI Come vanno i Vostri Reali e i Presidenti e i Generali e i Rendimenti, gli Emolumenti? Siete contenti dei vostri Affari? In Famiglia tutto bene? la Signora si mantiene? E la Bomba come va? La più bella chi ce l’ha? ELSA MORANTE da “Canzone degli F.P. e degli I.M.”, Einaudi 1995. “Liberazione” 2-6-1999 Giornale radio ore 13,30 di martedì 1 giugno: “Tempo buono e bombe a volontà” dice con voce professionale e contenta il signor Cicognani da Bruxelles, sede del comando NATO”. Flavia Monatti, via e-mail

IL 9 NOVEMBRE ‘18

Coltivavano giardini fitti di croci, seminavano campi fitti di proiettili,
ma il sole raggiava eterno sopra l’assassinio
e “perennemente” dicevano le montagne e “dovunque” cantavano i fiumi;
ormai il nemico sembrava appassito, quasi un essere umano.

Avevano calpestato la sua terra senza sapere perché,
avevano sparato senza chiedersi dove.
Di rado avevano pensato e solo desiderio sentito:
la minestra sul tavolo, una donna, un letto per dormire.

gertrud kolmar
da “Il canto del gallo nero”, Essedue Ed. 1990

… mi sentivo colpevole perché questo ragazzino era costretto a parlare di guerra, non poteva parlare d’altro perché ormai la guerra era diventata la sua realtà…
Avevo paura delle sue parole, avevo paura di sentire che cosa aveva significato diventare adulti nel posto più tremendo del mondo… e mentre sta parlando, sotto il suo tenero viso di adolescente affiora il viso di un uomo adulto per il quale la vita non potrà mai più avere lo stesso significato. Lo vedo invecchiare sotto i miei occhi e lui lo sa. Ma questo è il suo vero volto, il volto della guerra.

Slavenka drakuliÆ, giornalista
dal catalogo della mostra “Bambini di guerra”, 1995

…La pace non è aprire il giornale e dire: la guerra che brutta, che male!!!

da “Passo… passo anch’io a Sarajevo”, 1993


Caro mondo sono una bambina. Sono ancora viva e vorrei rimanere viva, ma le possibilità concessemi di vivere sono minime ed insignificanti.
Io ho già provato tutta l’asprezza che ci offre la vita.
Sulle mie spalle hai caricato la pesante soma di uno spirito disumano. È troppo pesante per me.
Chissà forse sopravvivrò e verrò a trovarti, mondo diverso in giorni più belli, in futuro. Potrò farlo ad una sola condizione: se mi aiuterai.

Edita Rogonja - ottava elementare
da “Bambini di guerra”, Catalogo Mostra, aprile 1995

Ascolto
Silenzio
Concentrazione.
Per non tradire le voci, i gesti, i passi veloci.
Per non fuggire lontano nel mondo lasciato altrove
Per non tornare la stessa, appena il tremore è scomparso.

Ascolto
Silenzio
Concentrazione.
Per restare con loro, per pensare con loro
un contromondo dove gli umili contano.

Ascolto
Silenzio
Concentrazione.
Per non dimenticare, per continuare a sperare
la pace - in pace.
Eleonora (Rimini, FO)
da “Passo, passo anch’io a Sarajevo”, Beati Costruttori di Pace, 1993

Trafigge la serenità della mia casa
l’urlo del sangue sparso e del furore
rosso del fuoco che brucia le speranze
vedo negli occhi dei molti sofferenza
vedo bambini straziati o dispersi
e lo sgomento di chi abbandona
le case e i campi e non può più sognare
di vergogna e pietà è colmo il mio cuore
so solamente tendere la mano
e con tanti gridare per la pace.

Compiobbi, 16/5/1993
Anna Maltese
Da “Acquarelli”, 1993

“Se noi salveremo i nostri corpi e basta da campi di prigionia (…), dovunque essi siano, sarà troppo poco (…) se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati ad ogni costo - e non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione - allora non basterà.

Etty Hillesum
“Diario 1941-1943”, Adelphi

Pensieri di pace e di guerra

(…) se questa che viviamo è la pace, non vorrei chiederne ancora. (…) non è pace questa temporanea sospensione del conflitto, come tra due duellanti rimasti bloccati e tuttavia pronti, fin nella posa paralizzata, all’attacco.

Nadia Fusini
da “Pensieri di pace e di guerra”, Ed. Centro Culturale V. Woolf, 1984

In occasione del 32° anniversario del bombarmento di Hiroshima e Nagasaki

Una bomba nuova, enorme, cade
ben oltre lo steccato del terreno
della nostra mente. E ci dicono, “Con ciò
la guerra è finita”.

Denise Levertov, da “Life in the forest”, 1978, Lo straniero 6/99.

Gli affari prosperano sulle rovine. Le città si trasformano in cumuli di macerie, le campagne in deserti, le popolazioni in schiere di mendicanti, le chiese in stallazzi per i cavalli; diritti dei popoli, trattati internazionali, alleanze, le parole più sacre, le autorità più alte, lacerate e calpestate;… e tumulti per fame nelle Venezie, a Lisbona, a Mosca, a Singapore, e peste in Russia, miseria e disperazioni dovunque.
Svergognata, disonorata, sguazzante nel sangue, grondante di sudiciume, così ci sta dinanzi la società borghese, così è veramente. Non quando, lisciata e bene educata, ostenta civiltà, filosofia ed etica, pace e Stato di diritto, ma ora - come belva distruttrice, come miasma pestifero per la civiltà e l’umanità - si presenta nel suo vero, nudo aspetto.

Rosa Luxemburg, 2 gennaio 1916