ARTE DEL VIVERE
-un@ nuov@ politic@-

Siamo stanche, represse, insofferenti della scena sociale, di far finta di vivere e di essere inserite privandoci dei nostri sogni, come sembra facciano tutte/i; ma poi, tutte/i, giovani in particolare, ricerchiamo in modo smisurato tutte quelle forme di evasione, dall'arte alle sostanze psicoattive, alla televisione, quasi come urlo autistico che fa eco al disagio quotidiano.
L'arte non mercificata, a differenza delle altre forme di alienazione, è creativa, porta a costruire, dà stimoli e imput, e va ad intaccare quell'omologazione che è caratteristica costante e fondante della nostra società. Considerando l'esigenza collettiva di catapultarsi al di là dei ritmi, degli schemi, delle mentalità assunte, e tenendo anche conto che l'arte va a toccare il processo emozionale della mente umana, e quindi, quella parte ancora libera da educazioni e morali, individuiamo nell'arte la parte mancante della politica, quella politica adesso ridotta a squallido gioco di potere tra poche/i. Non è assolutamente intenzione di nessuna/o andare a manovrare i sentimenti, l'inconscio, o quant'altro, per convincere i più ad un determinato schieramento politico; si tratta di riappropriarsi di quel lato dionisiaco, insito in ognuna/o di noi, che questa società emargina, o comunque condanna, dal palcoscenico della vita quotidiana, confondendo il perbenismo con la cultura e schiacciando la natura umana con quello che chiamano buon senso, ma in realtà non è altro che il senso verso cui stanno spingendo le cose. Poi la gente si ritrova a schiacciare le proprie esigenze, di sognare, di immaginare, di creare: nel nome del dovere diventiamo tutte/i burattini, manovrate/i dai fili del tempo e del lavoro, nessuna/o si ferma più un attimo: un continuo lavoro, o meglio scambio di denaro, servizi, merci, mercato, in ogni ambito, cibo, vestiti, cure, musica e divertimento: tutto inscatolato e preconfezionato, pronto per l'uso, usa e getta. Ma qualcuna/o non ce la fa più, umanamente, dopo aver dedicato ogni giorno della sua vita alla merce, a spingere in basso le sue esigenze di sognare; dopo esser diventata/o esperta/o nell'incanalare anche quelle esigenze di fantasia, di creatività profonda, che permettono la comunicazione, e quindi la crescita e l'evoluzione del pensiero umano; dopo che tutte queste esigenze sono state incanalate in ambiti "ragionevoli", oppure represse, cioè curate con psicofarmaci, etc…,insomma, poi succede che una/o impazzisce, o meglio lascia libera la sua parte dionisiaca, fatta di sogni e incubi, e la sprigiona tutta assieme, perché per troppo tempo è stata solo l'altra… Ma allora perché continuare a separare la sfera dell'intellettuale da quella della percezione, la sfera dell'immaginazione da quella della realtà, la sfera del personale da quella del collettivo? Questi ambiti divisi divengono inumani, ingestibili, perdono il loro equilibrio, come noi e il mondo perdiamo la completezza.
L'arte è l'unica forma di espressione dionisiaca accettata e consentita, anche se è stata confinata in ambiti funzionali al denaro, ma liberandola da ciò, e inserendola nella nostra vita, cercando di uniformare il dualismo, mescolando il razionale all'irrazionale, la realtà alla fantasia, tutto consapevolmente, con quella consapevolezza di coscienza collettiva, che non ci è stata insegnata da nessuna/o, ma ce la siamo ritrovate/i dentro, come microbi di logica umana, sfuggite/i senza nessuna ragione spiegabile alle manovre di questo mondo. Vogliamo esprimere e spiegare quel disagio che ci spinge ad evadere in rave party o rainbow in quanto uniche forme che tentano di riappropriarsi dell'immaginazione, del sogno che la società del buonsenso ci ha negato. Utilizzeremo l'arte in una nuova forma di politica, parte di tutte/i. Sperimenteremo, a partire da noi stesse, con un diverso occhio per vedere cosa può essere oggi la Politica, cosa può essere oggi Vivere, cosa può essere oggi Autogestirsi, consapevolmente, con consapevolezza, e non solo nel rispetto, ma nella coscienza della totalità di vite che esistono, sono esistite, e perché continuino ad esistere, non nel peggio, ma nel meglio dei modi, e verso il migliore dei mondi possibili. Essere innovative/i, batterle/i sul tempo, crediamo sia la nostra unica carta rimasta, e l'unico modo per giocarla è sperimentare, fino ad arrivare anche ad usare modalità psicologicamente violente, per arrivare dov'è assunta la capacità di non recepire, per scuotere, anzi scardinare i meccanismi, gli schemi, le categorie, i muri e le divisioni, costruiti, ricostruiti, e ricalcolati, e fatti poi passare per naturali, per l'unico verso delle cose in cui è possibile inserirsi, mentre ogni altro pensiero fuori dal meccanismo è illecito.
Vogliamo autogestirci le nostre vite provando nuovi stili di vita da urlare in faccia alla gente, molto garbatamente, con la nostra arte, "irrazionalità pura", non riconducibile a nessun buonsenso, ma comunque semplice e innocua arte, quella nostra, quella di esistere.
A partire da -LUOG@- proponiamo un "luogo pubblico alternativo", alternativo a quelli che sono i tanti non luoghi non pubblici offerti dalle istituzioni: infatti proprio nell'offerta c’è l'eliminazione del significato primo del termine: "cosa di tutte/i".
-LUOG@- è una definizione di "pubblico" e di "politica" in quanto interazioni tra personale e collettivo: partire dai bisogni di ognuna/o per l'autogestione del quotidiano, attraverso la condivisione di spazi, tempi e strumenti vissuti, nella ricerca continua di miglioramento delle condizioni di vita.
-LUOG@- vogliamo che sia strumento di tutte/i coloro lo vivranno attivamente e lo sentiranno possibilità creativa ed espressiva di sé, perché non "appartiene", ma viene vissuto, nel miglior modo possibile, in continua trasformazione, senza paura di sperimentare e rimettere in discussione, con la voglia di esprimere, di creare e ricercare stili di vita in armonia con l'ambiente e di "sconfronto" con la società, verso il limite indefinito del raggiungimento di un benessere psicofisico reale, in tutti i campi dell'esistente dai bisogni primari, come la casa, l'acqua, il cibo, a quelli immateriali di sogni, desideri, fantasie, creatività, immaginazione…
Sperimenteremo l’eliminazione della proprietà privata effettiva, ma non della sfera privata ed intima, che necessita dei suoi spazi; per questo cerchiamo interazione e riconoscimento da parte di coloro che sono attualmente definiti Enti "Pubblici", per evidenziarne meglio le contraddizioni e i giochi di potere. Abbiamo scritto un documento di proposizione di un progetto che consiste nella richiesta di un luogo, in centro, di proprietà comunale, dei tanti che stanno vendendo a privati o destinando ai "non luoghi" mercificati, per sperimentare una ridefinizione di "pubblico". Questo l'abbiamo presentato proprio in quegli spazi che gli Enti Locali stanno avviando nel darsi una parvenza movimentista, di ricerca nelle dinamiche politiche di partecipazioni, in apparenza civili, ma in realtà privilegiando i soggetti imprenditoriali che godono già di ampi poteri decisionali, seguendo la tattica glocal avviata sperimentalmente da Martini in Toscana, regione roccaforte e laboratorio della nuova, o vecchia, sinistra moderata. Così facendo vorremmo smascherare la solita politica "di Palazzo" e di interessi, che adesso vogliono far passare per ampliamento democratico, in realtà mirato all'incremento dei consensi in vista delle prossime elezioni politiche. Vorremo innescare un conflitto che vada a colpire l'interno di queste dinamiche con la proposizione continua e instancabile di un riconoscimento di un -LUOG@- libero, di crescita sociale e culturale: quasi certe che la risposta alla richiesta di assegnazione sarà negativa, avverrà la liberazione di uno spazio, adatto al -LUOG@-, dalla destinazione a non luogo di merce e consumo. Il percorso pensato segue delle dinamiche che partono dall'esterno, la proposta formale di un -LUOG@-; entrando all'interno con un'occupazione che concretizzi il progetto e ri-uscendo all'esterno in un tentativo di contaminazione dei non luoghi e di riconoscimento.