[1973] La rivolta nel carcere di Pescara e il processo che ne seguì

Imputati del processo di PescaraIl processo di Pescara, celebrato dal 18 settembre al 31 ottobre 1973 contro 50 detenuti colpevoli, secondo l’accusa, di aver dato luogo a una violenta protesta contro lo stato dell’attuale sistema penitenziario, si è trasformato ben presto in una denuncia delle responsabilità avute dalle autorità governative per il mancato accoglimento delle richieste dei detenuti. L’avvocato difensore discute la linea politica adottata dalla difesa, la quale è riuscita a far ridurre i 110 anni complessivi richiesti dal pubblico ministero a 9 anni per il solo reato di danneggiamento e a conseguire l’assoluzione per il reato di resistenza aggravata.

MATERIALI:

Dichiarazione degli imputati al processo di Pescara

da “Ci siamo presi la libertà di lottare. Il movimento di massa dei detenuti da gennaio a settembre ’73”, Edizioni Lotta Continua

G. Spazzali Il processo di Pescara

da “La zecca e il garbuglio. Dal processo allo Stato allo Stato dei processi“, Machina libri, Milano, 1981

Lotta Continua 7/8/1973

l’Unità 19/9/1973

[1976] Processone di Torino 1 – Il processo guerriglia

101_DiariodiUnProcessoGuerriglia Il processo guerriglia: gli imputati non si difendono ma attaccano.

Il processo che si apre alla Corte d’Assise di Torino il 17 maggio 1976 vede 46 persone accusate principalmente del seguente capo d’imputazione:

«Per aver organizzato una banda armata denominata Brigate Rosse avente per fine la soppressione violenta degli ordinamenti politici, economici e sociali dello Stato italiano, elaborando un programma generale politico di attacco al cuore dello stato»

In apertura di processo, però, avviene un fatto imprevisto: uno degli imputati, Maurizio Ferrari, legge a nome di tutti gli imputati un comunicato scritto:
«Ci proclamiamo pubblicamente militanti dell’organizzazione comunista Brigate Rosse, e come combattenti comunisti ci assumiamo collettivamente e per intero la responsabilità politica di ogni sua iniziativa passata, presente e futura. Affermando questo viene meno qualunque presupposto legale per questo processo, gli imputati non hanno niente da cui difendersi. Mentre al contrario gli accusatori, hanno da difendere la pratica criminale, antiproletaria dell’infame regime che essi rappresentano. Se difensori dunque devono esservi, questi servono a voi egregie eccellenze. Per togliere ogni equivoco revochiamo perciò ai nostri avvocati il mandato per la difesa, e li invitiamo nel caso fossero nominati di ufficio, a rifiutare ogni collaborazione con il potere. Con questo atto intendiamo riportare lo scontro sul terreno reale, e per questo lanciamo alle avanguardie rivoluzionarie la parola d’ordine: portare l’attacco al cuore dello stato.»

 

B.R. Diario di un Processo Guerriglia

[Il processo alle Brigate Rosse: Brigate Rosse e difesa d’ufficio: documenti (Torino, 17 maggio 1976 – 23 giugno 1978) / Emilio R. Papa

Avvocato! (film)

La rivolta narrativa]

[1979] Centralità operaia, lotta armata, composizione di classe ed altro

111_ControInformazioneSupplementoSpecialeGiugno1979

“CONTROinformazione”, supplemento speciale, “Centralità operaia, lotta armata, composizione di classe ed altro”, giugno 1979

[1979] Carlo Fioroni

136_LOTTA-CONTINUA_1979_12_28_284_0003Da taluni considerato un vero e proprio infiltrato si può considerare il primo pentito, se si esclude Marco Pisetta (1945-1990). Viene arrestato a Bellinzona il 16 maggio 1975 per il sequestro e l’omicidio di Carlo Saronio.  Estradato, tradotto in carcere e condannato, dopo alcuni anni Fioroni decide di collaborare con le autorità; col suo memoriale accusa e manda in galera tutti quelli che conosce, dai Gap/Feltrinelli fino all’autonomia. Diventa il grande accusatore di Toni Negri nel processo “7 aprile”, ma le sue accuse man mano si sgonfiano e appare sempre più probabile l’assenza di una matrice politica nel sequestro Saronio. Nel’82, con la legge sui pentiti, è liberato. Vive in Nord America, con i soldi ricevuti dai servizi segreti.

Verbale di interrogatorio di Carlo Fioroni 3 dicembre 1979

Lotta Continua 28 dicembre 1979

[1980] Uccisione di William Vaccher

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William Vaccher era un giovane militante della rete di Prima Linea, ucciso dopo aver fornito ai magistrati informazioni sui compagni con cui era in contatto e, in particolare, sui responsabili dell’omicidio del giudice Alessandrini (da “Il discorso delle armi” di Luigi Manconi, Vittorio Dini).

Prima Linea sulla uccisione di William Vaccher

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William Vaccher Progetto Memoria Sguardi Ritrovati

[1980] Patrizio Peci

109_Peci01041980

(Brigate Rosse): arrestato il 18 febbraio 1980, collabora da subito con le forze dell’ordine. Immediata conseguenza delle sue dichiarazioni è l’individuazione della base brigatista di via Fracchia 12, in Genova, dove il 28 marzo 1980 quattro militanti, Lorenzo Betassa, Piero Panciarelli, Riccardo Dura e Annamaria Ludmann, sono sorpresi nel sonno dai Carabinieri e uccisi.

 

 

Peci verbali di interrogatorio, 1 aprile 1980

[1981] Interrogatorio a Sergio Spazzali sulle dichiarazioni di Peci

 

[1980] Roberto Sandalo

(1957-2108_Sandalo09051980014) (Prima Linea): arrestato il 29 aprile 1980, coinvolge nelle sue dichiarazioni 150 compagni di PL; in cambio la giustizia italiana gli abbuona 110 reati, fra cui tre omicidi. Negli anni Novanta entra nella Guardia padana della Lega Nord, venendone poi espulso da Borghezio, e nel 2008 è arrestato per alcuni attentati a moschee e centri islamici nel Milanese.

Sandalo 9 maggio 1980 verbali di interrogatorio

 

[1980] Marco Barbone

107_Barbone04101980(Brigata XXVIII marzo): arrestato nell’ottobre 1980, collabora con le forze dell’ordine facendo arrestare i membri del gruppo. Grazie alla legge sui pentiti, su richiesta del pm Armando Spataro, è condannato a 8 anni e 6 mesi e contemporaneamente scarcerato, in quanto ammesso al beneficio della libertà condizionata. Uscito dal carcere, aderisce a Comunione e Liberazione.

 

 

Barbone 4 ottobre 1980 verbali di interrogatorio

La Stampa 9 Ottobre 1980

La Stampa 10 Ottobre 1980

La Stampa 11 Ottobre 1980

La Stampa 12 Ottobre 1980

[1980] Michele Viscardi

Corsera_15_12_1980_estratto

Arrestato il 13 ottobre 1980, inizia a parlare nel novembre dello stesso anno.

“Il 3 dicembre scatta un blitz su scala nazionale dopo la confessione di Michele Viscardi, ex ‘killer dagli occhi di ghiaccio’, che permette l’arresto di decine di persone, la scoperta di basi di Prima Linea, depositi di armi e munizioni, schedari e documentazione varia. I giornali parlano di 4.000 chilometri percorsi dagli investigatori assieme al Viscardi per ricostruire direttamente tutto il suo racconto: da Bergamo a Milano, da Milano a Firenze, da Firenze a Roma, da Roma a Napoli, da Napoli a Taranto e ritorno. Questo tour avviene il 28 novembre, dopo che già dal 24 novembre Viscardi ha deciso di vuotare il sacco, ma non riesce a localizzare con precisione tutti i luoghi di cui parla nella deposizione. Il dott. Argano, durante un’udienza del‘processone’, bergamasco rivela che Viscardi si era già allontanato da PL prima dell’arresto”.

[da Emilio Mentasti, Bergamo 1967-1980. Lotte, movimenti, organizzazioni, Colibrì, Paderno Dugnano (MI), 2002, pp. 635-636]

Corriere della sera 14 dicembre 1980

Corriere della sera 15 dicembre 1980

[1981] Questionario sul “terrorismo” a Bologna

Questionari PCI di Bologna. "Inchiesta di massa sul terrorismo". In Quaderni di Società n. 4 del 1983

Questionari PCI di Bologna. “Inchiesta di massa sul terrorismo”. In Quaderni di Società n. 4 del 1983

[ Inchiesta sul terrorismo, analisi dei dati emersi dai questionari ]

[ Senza Tregua: Colpire i centri di schedatura ]

[ Ermanno Gallo al convegno di Zurigo “Le parole e la lotta armata”]

[ Questionario sul “terrorismo” a Torino – 1979 ]

[ Questionario sul “terrorismo” alla Zanussi di Porcia – 1982]

[1982] Questionario sul “terrorismo” alla Zanussi di Porcia

[ Inchiesta sul terrorismo, analisi dei dati emersi dai questionari ]

[ Senza Tregua: Colpire i centri di schedatura ]

[ Ermanno Gallo al convegno di Zurigo “Le parole e la lotta armata”]

[ Questionario sul “terrorismo” a Torino – 1979 ]

[ Questionario sul “terrorismo” a Bologna – 1981 ]

[1982] Antonio Savasta

110_Savasta_28041982 (Brigate Rosse): comincia a parlare (dopo che la sua compagna Emilia Libera aveva già deciso di collaborare con la giustizia) tre giorni dopo il suo arresto nel covo di via Pindemonte a Padova, avvenuto il 28 gennaio 1982, durante l’operazione con la quale le forze dell’ordine liberano il generale della NATO James Lee Dozier, rapito dalle BR una quarantina di giorni prima. Rivela nomi e basi logistiche, ricostruisce centinaia di azioni, compiti e ruoli dell’organigramma delle Brigate Rosse. In istruttoria muove accuse assai circostanziate anche contro gli imputati dell’autonomia del progetto “Metropoli”, ma in aula le ridimensiona con questa sconcertante motivazione: l’emergenza è finita, il movimento della dissociazione nelle carceri è fortissimo, è ora di ricostruire i fatti in maniera meno teorematica. Savasta è stato anche uno dei primi brigatisti a subire torture fisiche, anche se non le ha mai denunciate dopo il proprio pentimento. Ha comunque testimoniato contro gli uomini dei NOCS contribuendo alla loro condanna, dopo le denunce di Cesare Di Lenardo. Di recente, in una intervista a Nicola Rao, ha ricostruito le pratiche della squadra del “dottor De Tormentis”.

Savasta 28 aprile 1982 verbali di interrogatorio

[Intervista a Salvatore Genova (2012)]

[1982] BR “Volantino che annuncia la Ritirata Strategica” (estratto)

Riportiamo qui un estratto da un documento delle BR del Marzo 1982. Il testo, nel suo complesso, tratta di questioni più generali che in parte esulano dall’oggetto di questa raccolta. Il volantino nella sua versione integrale può essere letto qui.

Di Lenardo, e tutti i compagni catturati e torturati pongono la loro esistenza come proletari e comunisti, non programmando omicidi, ma sul come costruire una società senza più classi, dove la schiavitù del lavoro salariato sia definitivamente abolita. E’ QUESTA LA QUALITA’, “LA PASTA”, COME VOI DITE, DI CUI SONO FATTI I BRIGATISTI. QUESTO, E LA RICCHEZZA DEL DIBATTITO CHE ABBIAMO SUSCITATO FARA’ GIUSTIZIA DEGLI ERRORI, DELLE TENDENZE SBAGLIATE E SOPRATUTTO DELLO SCIAME DI TRADITORI E DISSOCIATI. SU QUESTI ULTIMI NON COMMETTERE L’ERRORE DI LIQUIDARLI SOLO CON LA BOLLA DI TRADITORI E INFAMI, CIO’ E’ GIA’ STORIA: VERRANNO ESTIRPATI INSIEME A QUESTA SOCIETA’. E PIU’ CONCRETAMENTE FACENDO VIVERE LE RAGIONI SOCIALI DELLA GUERRA ALL’IMPERIALISMO NELLE FORME E CONTENUTI CHE CI LEGANO SEMPRE PIU’ INDISSOLUBILMENTE ALLE MASSE PROLETARIE, DI QUESTO, STATENE CERTI, NE SAREMO CAPACI!

Compagni, sappiamo bene che la tortura misura un nuovo livello di scontro, che immediatamente, una stretta componente, che senza enfasi definiamo eroica, riesce a resistere senza farsi distruggere l’identità politica; né farsi estorcere informazioni, Ad un’altra fascia di compagni sottoposti a torture vengono estorte informazioni, ma alla prima occasione denunciano questo e riaffermano il loro antagonismo al sistema. Questi rimangono tutti interni alla classe e al processo rivoluzionario, pur non rappresentandone un punto di riferimento come avanguardie.
Ma coloro che per proprio tornaconto MIRANO AI BENEFICI DELLA “LEGGE PENTITI” E SI METTONO IN PRIMA FILA NELLA LOTTA CONTRO IL PROLETARIATO, IL RAPPORTO CHE SCELGONO E’ DI GUERRA, E CONSEGUENTE SARA’ LA NOSTRA RISPOSTA!

[1983] “Do you remember revolution”

39_doyourememberrevolution1 “Proposta di lettura storico-politica per il movimento degli anni Settanta”

Documento a firma di Lucio Castellano, Arrigo Cavallina, Giustino Cortiana, Mario Dalmaviva, Luciano Ferrari Bravo, Chicco Funaro, Antonio Negri, Paolo Pozzi, Franco Tommei, Emilio Vesce, Paolo Virno, pubblicato in due puntate su “il manifesto” del 20/2/1983 e del 22/2/1983.

 

 

Do you remember revolution 1

Do you remember revolution 2

[1984] Lettera a Nicolò Amato (imputati al processo Prima Linea)

77bis_prima_linea
Lettera al direttore degli istituti di prevenzione e pena Nicolò Amato a firma:

Roberto Rosso, Liviana Tosi, Claudio Vaccher, Diego Forastieri, Enrico Galmozzi, Bruno Laronga, Sergio Segio, Maurice Bignami, Nicola Solimano, Giuseppe Polo, Franco Fornoni, Ciro Longo, Giulia Borelli, Silveria Russo, M. Teresa Conti, Vincenza Fioroni, Alba Donata Magnani, Piergiorgio Palmero, Francesco D’Urso, Angela Mondelli, Maurizio Pedrazzi, Rosario Schettini, Roberto Minervino, Claudio Minervino, Francesco Gorla, Susanna Ronconi, Guido Manina, Maurizio Costa, Lucio Cadoni, Raffaele Iemulo, Andrea Perrone.

Al direttore degli istituti di prevenzione e pena, Dott. Amato da Roberto Rosso et al.

[1984] Il proletariato non si è pentito – a cura di Adriana Chiaia

151 il proletariato non si è pentito - a cura di Adriana Chiaia, luglio 1984

“Il proletariato non si è pentito” è un libro di circa 600 pagine uscito nel luglio 1984 per le edizioni Giuseppe Maj, a cura della compagna Adriana Chiaia. Propone una riflessione ragionata e documentata della dissociazione con lo scopo immediato di combatterlo ‘non solo nelle sue forme più evidenti, ma in quelle più subdole e striscianti’.

Riportiamo qui l’introduzione, di Adriana Chiaia, e l’indice.

Il proletariato non si è pentito – a cura di Adriana Chiaia, luglio 1984

[1985] Lotte nelle carceri, analisi delle fasi (1970-1985)

Lotte nelle carceri, analisi delle fasi (1985)

Durante il decennio 70 nelle carceri italiane si sono verificate forti lotte dei prigionieri che hanno assunto forme diverse nei diversi periodi, in gran parte in rapporto con i mutamenti della situazione politica e sociale esterna. Si possono distinguere diverse fasi:

1. Fase rivolta/evasione (70/75 – NAP)
2. Fase organizzazione stabile interno/esterno (75/80 – DCL)
3. Punto culminante: Asinara/D’Urso (80)
4. Fase di reflusso/sciopero della fame/dialogo con le istituzioni (Punto di svolta San Vittore 81: approdo Nuoro 83)
5. Situazione Attuale: Dissociazione/differenziazione/stasi del movimento.

Uno degli elementi centrali di tutto il periodo è costituito dalla presenza nelle carceri italiane di un numero sempre più elevato di detenuti politici (che alla fine degli anni 70 diventano più 3000) e dal fatto che i detenuti politici hanno cercato un collegamento di lotta con i cd. “comuni”. Nel passato ciò era raramente avvenuto e non è molto comune neppure oggi in altri paesi. La ragione fondamentale di questa caratteristica delle lotte dei prigionieri va trovata nella situazione sociale esterna, nella quale le avanguardie politiche rivoluzionarie hanno agito in collegamento anche con il proletariato cittadino extralegale, il quale per ragioni materiali (disoccupazione) e culturali (rifiuto del lavoro salariato) vivevano e vivono di appropriazioni illegali della ricchezza sociale.

PRIMA FASE: RIVOLTE/EVASIONE

Si tratta di un grande sviluppo quantitativo di una tecnica di lotta conosciuta universalmente. Occupazioni delle carceri dall’interno da parte di prigionieri in rivolta per ottenere allentamenti della disciplina (tipo dell’aumento delle ore di aria, dei colloqui, dei pacchi etc.) e riduzioni di pena (tipo amnistia e condono), parziali concezioni da parte del potere, moltiplicarsi delle evasioni. Nel periodo 70/75 all’esterno si costituiscono diversi organismi di sostegno delle lotte dei prigionieri (ogni organizzazione politica extraparlamentare ha la sua “commissione carceri” o soccorso rosso etc.) ed una organizzazione militare e clandestina (i NAP: Nuclei armati popolari) nasce proprio dallo sviluppo dell’esperienza di collegamento fra prigionieri sociali e militanti esterni realizzata a partire dall’organizzazione “Lotta continua” (naturalmente l’organizzazione legale Lotta continua si distanzierà totalmente dai NAP). La fase è caratterizzata da rivolte interne, attentati alle carceri dall’esterno, evasioni in una quantità mai vista prima, propaganda e solidarietà proletaria ai detenuti e formazione di una certa coscienza popolare anticarceraria prima non conosciuta.

SECONDA FASE: ORGANIZZAZIONE STABILE INTERNA/ESTERNA

Intorno al ’75 avvengono due fatti fondamentali: 1) come conseguenza della lunga fase di lotte il potere promulga una nuova legge penitenziaria vagamente più liberale, 2) come conseguenza del carattere politico assunto dalle lotte attua la costituzione del circuito delle carceri speciali (cioè superdure e sicure) culminato nella sua ufficializzazione nel ’77, destinato ad isolare in alcune carceri i detenuti pericolosi, fra i quali i politici.

La prima risposta del movimento dei detenuti, sostenuto dalle organizzazioni rivoluzionarie esterne, è costituita da un notevole aumento di livello di organizzazione dei prigionieri. In questo periodo si costituiscono i Comitati di Lotta (CdL) nelle carceri. Si tratta di strutture clandestine e, per quanto possibile armate (soprattutto di esplosivo), collegate all’interno e all’esterno specialmente con le Brigate Rosse. I CdL si costituiscono particolarmente nelle carceri speciali. Qui i progetti di evasione sono di difficile attuazione, ed il problema immediato è quello di allargare gli spazi di socialità interna e di mantenere aperti i canali di collegamento con l’esterno. I CdL sono composti indifferentemente da prigionieri politici ed cd. comuni ed attuano un diffuso ed altro livello di scontro con l’amministrazione penitenziaria, civile e militare. Dall’esterno le organizzazioni rivoluzionarie e particolarmente le BR, in cui sono confluiti in parte i disciolti NAP, attaccano duramente il personale della stessa amministrazione penitenziaria ed in generale dello stato (anche a sostegno delle lotte dei detenuti).

PUNTO CULMINANTE DELLA SECONDA FASE

Il punto culminante di questa fase si realizza alla fine del ’80 col sequestro D’Urso (un magistrato direttore centrale delle carceri). L’argomento centrale del sequestro, attuato dalle Br, è il supercarcere dall’Asinara in Sardegna, allora il più duro del circuito, di cui i prigionieri chiedono la chiusura. Nello stesso momento del sequestro D’Urso, i CdL del carcere speciale di Trani organizzano una grande rivolta. Il CdL di Trani e le BR all’esterno divengono i poli coordinati della trattativa per il rilascio di D’Urso. Il sequestro si concluderà con un successo: il carcere dell’Asinara verrà chiuso. La rivolta di Trani verrà pero’ duramente repressa con l’impiego di corpi speciali militari. Alla repressione di Trani le BR reagiranno con l’esecuzione del generale GALVALIGI, comandante dei carabinieri addetti alle carceri.

SVOLTA ANNI ’80 – Fase attuale

Gli anni ’80 vedono un certo disorientamento dei detenuti, in coincidenza con una crisi politica ed organizzativa delle forze rivoluzionarie esterne. Un esempio di questo disorientamento è quello della lotta del carcere di San Vittore di Milano, nell’autunno/inverno ’81. In questo grande carcere i prigionieri attuano un sistema di micro-conflittualità permanente e diffusa diretta nello stesso tempo a conquistare l’obbiettivo tradizionale degli spazi di socialità interni/esterni, ma anche con obbiettivi politicamente più equivoci (di miglioramento contrattato delle condizioni di vita interna) che segnano il momento di svolta.
La lotta avrà un certo appoggio esterno, anche questo equivoco, per la presenza di notevoli tentativi di strumentalizzazione da parte di riformisti di vario tipo ed anche di parte delle strutture istituzionali. Nonostante ciò, alla fine, la lotta di San Vittore verrà duramente repressa.

La crisi di identità politica di molti militanti detenuti e delle stesse organizzazioni rivoluzionarie esterne portano (a partire dal 82) alla diffusione del fenomeno della dissociazione dalla lotta, se non anche di vero e proprio tradimento (il cd. pentitismo). L’esempio tipico è lo sciopero della fame del carcere di Nuoro, attuato da numerosi ex-quadri rivoluzionari, che alla fine del 83 viene condotto all’insegna della dissociazione e della trattativa con le autorità della chiesa e dello Stato. Questo tipo di “movimento” porta ad un solo risultato: la divisione accentuata tra detenuti “buoni” (raggruppati nelle aree omogenee ed in carceri un po’ migliori) e detenuti “cattivi” isolati in bracci speciali, studiati sempre più scientificamente.
Ad Alessandria è stato istituito uno speciale carcere per pentiti che vi godono di ampia socialità e pubblicano addirittura un periodico di propaganda al pentitismo.

Questa situazione di disorientamento nel movimento dei prigionieri, spiega l’attuale situazione di caduta della conflittualità e di restaurazione del completo potere dell’amministrazione penitenziaria.

L’involuzione della situazione può essere schematicamente rappresentata così: durante gli anni 70 i cd. detenuti comuni si politicizzano. Come conseguenza abbandonano il terreno tradizionale delle lotte per le riforme contrattate, tutte interne alla condizione di detenzione come tale “accettata”, per attaccare direttamente la stessa condizione carceraria nel suo insieme. Nella fase del reflusso e specialmente dopo ’82, numerosi fra gli stessi detenuti politici retrocedendo sul terreno delle tradizionali lotte che era stato dei detenuti comuni non politicizzati ed accettano il terreno della lotta per la riforma del carcere, così accettando la stessa condizione di detenzione. Naturalmente oggi esiste un consistente nucleo di prigionieri politici e sociali che non si sono piegati e costituiscono il punto di riferimento per una ripresa di un movimento politico rivoluzionario anche sul terreno delle carceri.

’85

da: Sergio Spazzali: “Lotte nelle carceri analisi delle fasi (1979-1985)”

 

[ 1973 – La rivolta nel carcere di Pescara

1978 – La rivolta nel carcere dell’Asinara

1980 – La rivolta nel carcere di Volterra

1980 – La rivolta nel carcere di Fossombrone

1980 – La rivolta nel carcere di Badu’e Carros (Nuoro)

1980 – La rivolta nel carcere di Trani

1981 – Il massacro di San Vittore

1982 – Sciopero della fame nel carcere di Badu’e Carros (Nuoro) ]

[1985] BR-PCC “Opuscolo 20” (estratto)

Riportiamo qui un estratto da un documento delle BR-PCC del Marzo 1985. Il testo, nel suo complesso, tratta di questioni più generali che in parte esulano dall’oggetto di questa raccolta. L’opuscolo 20 in versione integrale può essere letto qui.

 

La critica a fondo delle elucubrazioni degli ultrarivoluzionari alla Curcio & C. e delle teorie del soggettivismo nostrano, sono da tempo patrimonio delle BR e delle avanguardie rivoluzionarie, come testimonia, tra l’altro, la prima parte del libro “Politica e rivoluzione” riferita al complesso delirante d’analisi, riferimenti teorici e “progettualità” dei fondatori del defunto “Partito Guerriglia”. Uno dei comuni denominatori che oggi divide il campo proletario dai novelli apologeti della borghesia è una rilettura “autocritica” dell’esperienza del movimento rivoluzionario in Italia da un punto di vista individualistico e non già d’organizzazione, dando prova di disponibilità allo stato di condividere una logica che da sempre la borghesia ha tentato di far passare. E cioè quella per cui la lotta rivoluzionaria non è altro che la sommatoria di comportamenti di singoli individui o piccoli gruppi, e di singoli atti “criminali” o “devianti” variamente legittimati socialmente dal politologo o giudice di turno. Legittimati socialmente perché sorti come “reazione” ad uno Stato incapace di coglierne la compatibilità trasformatrice, non tendente cioè alla distruzione dello Stato e alla conquista del potere politico. I ragionamenti portati dai vari personaggi che vorrebbero suffragare la tesi della sconfitta e dell’impossibilità —non necessità stessa— della rivoluzione proletaria, non sono altro che i pietosi tentativi dei nuovi servi sciocchi al servizio dei vari partiti, di fornire le loro squallide “verità” in cambio della benevolenza dello Stato.
Questo mercato sulla pelle del proletariato ha da tempo definito l’inconciliabile antagonismo tra due campi di interessi contrapposti, quello borghese e quello proletario, e ha spuntato l’arma con cui la borghesia ha tentato di distruggere l’identità politica della nostra esperienza, per bocca di più o meno illustri ex—protagonisti di questi anni di lotta rivoluzionaria. E questo perché visto che il proletariato non può dissociarsi dalle sue condizioni di sfruttamento, anche le argomentazioni sorrette da più o meno clamorose ricostruzioni complottarde, cessano di avere il peso lacerante che i super esperti gli avevano assegnato con tanta speranza, chiarendo con sempre maggior concretezza la necessità di una prospettiva unitaria che guidi, la classe alla risoluzione del suo interesse generale, e cioè l’alternativa proletaria e rivoluzionaria alla crisi della borghesia ed alla guerra imperialista.
La fine miserevole di tutte le esperienze più o meno armate legate all’antimarxismo piccolo borghese tanto in voga nel nostro paese, ha stabilito l’estraneità totale tra chi lavora spalleggiato e foraggiato dalle varie consorterie che si dividono e contendono il potere in Italia e chi pur con contraddizioni e costante battaglia politica, lavora alla ricostruzione di un nuovo livello d’unità dei comunisti e un nuovo livello di capacità politica in grado di dirigere la classe nello scontro contro i progetti antiproletari e guerrafondai della borghesia. A questo riguardo ai comunisti non debbono aver paura di affrontare le contraddizioni interne al dibattito del movimento rivoluzionario, pur sapendo che la borghesia tenterà sempre di mistificare ed amplificare le nostre divergenze per offrire un quadro distorto fatto di continue lacerazioni, individualismi e meschini calcoli di gruppo.
La battaglia politica tra ipotesi diverse che, nella pratica della lotta devono trovare la loro verifica, non è operazione carbonara per “addetti ai lavori” ma capacità di far vivere e comprendere i contenuti delle diverse proposte fuori da logiche settarie e di sterile schieramento. Altro non c’interessa e non riguarda lo stile della nostra O, dichiarandoci sin da ora indisponibili verso chiunque usi il metodo dell’attacco politico strumentale, per mascherare la propria incapacità di costruire sulle proprie convinzioni la propria identità politica e organizzativa.

[1987] Gallinari, Lo Bianco, Piccioni, Seghetti Autointervista in “il Bollettino” n. 25-26

121_Bollettino25-26GallinarietAl_Mar1987OTT

Gallinari, Lo Bianco, Piccioni, Seghetti, Autointervista in “il Bollettino”, n. 25-26

[ Cassetta, Gallinari, Lo Bianco, Piccioni, Seghetti: “Ricostruzione del movimento rivoluzionario o soluzione/dissoluzione politica”, in “il Bollettino” 29-30

Documento consegnato all’ANSA da Gallinari, Abatangelo, Cassetta, Lo Bianco, Locusta, Pancelli, Piccioni, Seghetti (ottobre 1988)]

[1987] Curcio, Moretti, Iannelli e Bertolazzi: per una soluzione politica / 1

”Nel febbraio 1987 nell’aula bunker del tribunale di Roma le autorità sequestrarono a Nadia Ponti un documento, pubblicato poi su alcuni quotidiani, firmato da Curcio, Moretti, Iannelli e Bertolazzi in cui i quattro brigatisti dichiaravano chiusa l’esperienza della lotta armata e chiedevano una rivisitazione critica degli anni settanta.”

Marco Clementi, Storia delle Brigate Rosse, p. 361

Questo documento, a circolazione interna, divenne poi un comunicato che fu pubblicato dal quotidiano “il manifesto” nell’aprile dello stesso anno.

Anni '70 n. 0

Soluzione Politica dalla rivista Anni ’70 n. 0

[Per una soluzione politica / 2

Autonomia 39, aprile 1987, la “lettera di Bertolazzi, Curcio, Iannelli e Moretti” e “Dissociazione e dissociati, volge al termine il processo 7 aprile”

Le ragioni di una storia conclusa – dalla rivista Anni ’70 aprile 1988]

[1987] Autonomia 39, aprile 1987, la “lettera di Bertolazzi, Curcio, Iannelli e Moretti” e “Dissociazione e dissociati, volge al termine il processo 7 aprile”

147_Autonomia, n° 95, Aprile 1987
147_Autonomia, n° 95, Aprile 1987

Autonomia, n° 95, Aprile 1987, la “lettera di Bertolazzi, Curcio, Iannelli e Moretti” e “Dissociazione e dissociati, volge al termine il processo 7 aprile”

 

[Per una soluzione politica /1

Per una soluzione politica / 2]

[1988] Balzerani, Curcio, Moretti: Per una soluzione politica / 2

Per una soluzione politica

Il 21/03/1988 Balzerani, Curcio e Moretti, durante una pausa del processo Moro Ter, rilasciano una intervista a Ennio Remondino del TG1 in cui pongono  la questione di una “soluzione politica”.

[La soluzione politica / 1

Autonomia 39, aprile 1987, la “lettera di Bertolazzi, Curcio, Iannelli e Moretti” e “Dissociazione e dissociati, volge al termine il processo 7 aprile”

Le ragioni di una storia conclusa – dalla rivista Anni ’70 aprile 1988]

 

[1988] Gallinari, Abatangelo, Cassetta, Lo Bianco, Locusta, Pancelli, Piccioni, Seghetti: documento consegnato all’ANSA

123 - Ottobre 1988 Comunicato AllaStampaDiGallinarietAlMarcoClementi

Ottobre 1988, Comunicato alla stampa di Gallinari et al.

Gallinari, Abatangelo, Cassetta, Lo Bianco, Locusta, Pancelli, Piccioni, Seghetti fanno avere all’ANSA un lungo documento nel quale si affermava che la guerra contro lo Stato era finita e si riconosceva la sconfitta del movimento rivoluzionario. (da “Storia delle Brigate Rosse” di Marco Clementi)

[Gallinari, Lo Bianco, Piccioni, Seghetti, Autointervista, “il Bollettino” n. 25-26

Ricostruzione del movimento rivoluzionario o soluzione/dissoluzione politica, “il Bollettino” 29-30]