[1982] Antonio Savasta

110_Savasta_28041982 (Brigate Rosse): comincia a parlare (dopo che la sua compagna Emilia Libera aveva già deciso di collaborare con la giustizia) tre giorni dopo il suo arresto nel covo di via Pindemonte a Padova, avvenuto il 28 gennaio 1982, durante l’operazione con la quale le forze dell’ordine liberano il generale della NATO James Lee Dozier, rapito dalle BR una quarantina di giorni prima. Rivela nomi e basi logistiche, ricostruisce centinaia di azioni, compiti e ruoli dell’organigramma delle Brigate Rosse. In istruttoria muove accuse assai circostanziate anche contro gli imputati dell’autonomia del progetto “Metropoli”, ma in aula le ridimensiona con questa sconcertante motivazione: l’emergenza è finita, il movimento della dissociazione nelle carceri è fortissimo, è ora di ricostruire i fatti in maniera meno teorematica. Savasta è stato anche uno dei primi brigatisti a subire torture fisiche, anche se non le ha mai denunciate dopo il proprio pentimento. Ha comunque testimoniato contro gli uomini dei NOCS contribuendo alla loro condanna, dopo le denunce di Cesare Di Lenardo. Di recente, in una intervista a Nicola Rao, ha ricostruito le pratiche della squadra del “dottor De Tormentis”.

Savasta 28 aprile 1982 verbali di interrogatorio

[Intervista a Salvatore Genova (2012)]

[1982] BR “Volantino che annuncia la Ritirata Strategica” (estratto)

Riportiamo qui un estratto da un documento delle BR del Marzo 1982. Il testo, nel suo complesso, tratta di questioni più generali che in parte esulano dall’oggetto di questa raccolta. Il volantino nella sua versione integrale può essere letto qui.

Di Lenardo, e tutti i compagni catturati e torturati pongono la loro esistenza come proletari e comunisti, non programmando omicidi, ma sul come costruire una società senza più classi, dove la schiavitù del lavoro salariato sia definitivamente abolita. E’ QUESTA LA QUALITA’, “LA PASTA”, COME VOI DITE, DI CUI SONO FATTI I BRIGATISTI. QUESTO, E LA RICCHEZZA DEL DIBATTITO CHE ABBIAMO SUSCITATO FARA’ GIUSTIZIA DEGLI ERRORI, DELLE TENDENZE SBAGLIATE E SOPRATUTTO DELLO SCIAME DI TRADITORI E DISSOCIATI. SU QUESTI ULTIMI NON COMMETTERE L’ERRORE DI LIQUIDARLI SOLO CON LA BOLLA DI TRADITORI E INFAMI, CIO’ E’ GIA’ STORIA: VERRANNO ESTIRPATI INSIEME A QUESTA SOCIETA’. E PIU’ CONCRETAMENTE FACENDO VIVERE LE RAGIONI SOCIALI DELLA GUERRA ALL’IMPERIALISMO NELLE FORME E CONTENUTI CHE CI LEGANO SEMPRE PIU’ INDISSOLUBILMENTE ALLE MASSE PROLETARIE, DI QUESTO, STATENE CERTI, NE SAREMO CAPACI!

Compagni, sappiamo bene che la tortura misura un nuovo livello di scontro, che immediatamente, una stretta componente, che senza enfasi definiamo eroica, riesce a resistere senza farsi distruggere l’identità politica; né farsi estorcere informazioni, Ad un’altra fascia di compagni sottoposti a torture vengono estorte informazioni, ma alla prima occasione denunciano questo e riaffermano il loro antagonismo al sistema. Questi rimangono tutti interni alla classe e al processo rivoluzionario, pur non rappresentandone un punto di riferimento come avanguardie.
Ma coloro che per proprio tornaconto MIRANO AI BENEFICI DELLA “LEGGE PENTITI” E SI METTONO IN PRIMA FILA NELLA LOTTA CONTRO IL PROLETARIATO, IL RAPPORTO CHE SCELGONO E’ DI GUERRA, E CONSEGUENTE SARA’ LA NOSTRA RISPOSTA!

[1982] Decreto ministeriale, 22 dicembre: “I carceri speciali” – rinnovo e inasprimento

“Il Guardasigilli, ritenuto che nelle sezioni a maggior indice di sicurezza degli istituti penitenziari di Cuneo, Fossombrone, Trani, Palmi, Nuoro, Novara, Ascoli Piceno, Pianosa, Milano, Torino, Genova, Firenze, Roma-Rebibbia, Napoli, Messina (sezione femminile speciale) sono ristretti soggetti ad elevato indice di pericolosità in relazione alle imputazioni loro ascritte e alle condanne loro inflitte;
considerato pertanto che ricorrono gravi ed eccezionali motivi di ordine e sicurezza […] decreta:
dal 1° gennaio 1983 e sino al 30 aprile 1983 è sospesa negli stabilimenti penitenziari di cui in premessa l’applicazione dei seguenti istituti e regole di trattamento:
– è sospeso il diritto dei detenuti di corrispondere con altre persone detenute, anche ove trattasi di congiunti. La corrispondenza indirizzata a persone non detenute o proveniente dall’esterno è sempre sottoposta a visto di controllo;
– è sospesa la partecipazione dei detenuti al controllo delle tabelle e della preparazione del vitto, alla gestione del servizio di biblioteca, alla organizzazione delle attività culturali, ricreative e sportive;
– è sospesa la corrispondenza telefonica dei detenuti con i propri familiari, conviventi e terzi;
– è sospeso il diritto dei detenuti a ricevere generi alimentari ed oggetti contenuti in pacchi – salvo quelli contenenti biancheria ed indumenti intimi – provenienti dall’esterno;
– è sospesa la possibilità in questi reparti di avere colloqui tra detenuti, familiari, conviventi e terzi fuori dei limiti e della durata stabilita nel 7° comma dell’art 35 e nella prima parte del 9° comma dello stesso articolo (ossia non più di un’ora di colloquio ogni 15 giorni con i familiari stretti)”. (1)

[ Istituzione delle carceri speciali Decreto ministeriale 450 Maggio 1977

1983 – Decreto Ministeriale, 28 aprile: “I carceri speciali” – rinnovo

1983 – Decreto ministeriale, 3 agosto 1983. Sospensione parziale carceri speciali

1983 – Circolare della Direzione Generale per gli Istituti di Prevenzione e Pena, 3 agosto. Formalizzazione delle Aree Omogenee ]

(1) “Come detto, il sistema della differenziazione degli istituti penitenziari, non nasce con l’applicazione dell’articolo 90 O.P., bensì con il decreto interministeriale del 1977 che attribuiva il compito di coordinamento per la sicurezza esterna e interna degli istituti penitenziari al Generale Dalla Chiesa. Le successive decisioni del Generale sfociarono nella creazione delle «carceri speciali», ove veniva applicato un regime differenziato più gravoso rispetto alle carceri ordinarie. Difficile è l’individuazione delle «carceri speciali», poiché la loro istituzione avvenne tramite Decreti Ministeriali indirizzati ai singoli istituti. Riguardo al regime penitenziario applicato, come ricordato, si demandava al regolamento dell’istituto, raccomandando che le carceri appartenenti alla medesima categoria predisponessero un regolamento uniforme.

Successivamente, all’interno delle sezioni delle «carceri speciali», il regime penitenziario venne regolato attraverso l’applicazione dell’art. 90 O.P, ciò veniva a costituire una garanzia per coloro che erano ristretti in dette carceri. Infatti, prima della applicazione dell’art. 90 O.P, il regime differenziato che si applicava, era del tutto sconosciuto, non verificabile e soprattutto si prestava a diverse applicazioni nel tempo e nello spazio. L’applicazione della sospensione dei diritti, ex art. 90 O.P., chiariva quali dovevano essere le limitazioni da applicare al regime detentivo, limitava l’ambito territoriale della sua applicazione e, nonostante le diverse proroghe, definiva la durata temporale delle restrizioni.

Quello che emerge è una situazione molto caotica: da un lato, negli istituti già considerati «speciali», la previsione delle sospensioni delle regole trattamentali andò a sommarsi alle restrizioni esistenti; dall’altro aumentarono i «carceri di massima sicurezza». Infatti, dopo l’applicazione dell’art. 90 O.P. vennero considerati «carceri speciali» tutti quegli istituti ove trovava applicazione tale articolo.

In un intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, il 25 agosto 1983, il direttore della Direzione Amministrativa Penitenziaria, N. Amato, dichiarava che l’applicazione dell’art. 90 O.P. riguardava 18 istituti e poco meno di un migliaio di persone.

La prima applicazione dell’articolo 90 O.P., si avrà nel marzo del 1978.

Il 16 marzo 1978, in via Fani, un commando delle Brigate Rosse rapisce il Presidente della D.C. Aldo Moro e uccide i cinque uomini della scorta, a questo fatto di cronaca viene associata la prima applicazione dell’art. 90 O.P., con l’attuazione della censura sulla corrispondenza dei «detenuti differenziati», e per circa due anni resterà la sola applicazione di detto articolo.

Bisogna sottolineare che i «detenuti differenziati» erano coloro che, per la tipologia di reato che avevano commesso o perché considerati pericolosi dall’Amministrazione penitenziaria, si trovavano ristretti nelle «carceri speciali», cioè quelle individuate dal decreto interministeriale del maggio 1977. Dal 1982, il campo di applicazioni dell’articolo 90 O.P. subisce un’estensione che si concretizza in due Decreti Ministeriali, entrambi datati 22 dicembre 1982, che definiscono quali devono essere le limitazioni da applicare negli istituti penitenziari menzionati dagli stessi decreti.

Il primo Decreto Ministeriale prevede l’applicazione della sospensione, ex art. 90 O.P., nelle sezioni a maggior indice di sicurezza, di determinati istituti penitenziari, in quanto, in tali carceri sono ristretti soggetti ad elevato indice di pericolosità, rilevabile dai reati imputati o dalle condanne inflitte.

La sospensione delle regole di trattamento penitenziario previste dall’ordinamento penitenziario, riguardano:

  • L’art. 18 l. 354/76, in cui è previsto il diritto dei detenuti a corrispondere con altre persone detenute, anche ove trattasi di congiunti. La corrispondenza indirizzata a persone non detenute o quella proveniente dall’esterno è sempre sottoposta a visto di controllo del direttore. Inoltre, sono sospesi i colloqui telefonici con i familiari, conviventi o terze persone, previste ai commi 5 e 8 dell’art. 18. Viene anche limitato il diritto ai colloqui straordinari con familiari o terze persone.
  • gli articoli 9, commi 6, 12, ultimo comma e 27, ultimo comma l. 354/75, dove è prevista la possibilità per i detenuti di partecipare al controllo delle tabelle e alla preparazione del vitto, la gestione della biblioteca, l’organizzazione di attività culturali, ricreative e sportive. Ancora, è sospeso il diritto previsto all’art. 9 O.P.- in relazione all’articolo 14 d.p.r. 29/4/1976 n. 431 – che consentono ai detenuti e agli internati di ricevere pacchi dall’esterno. Era solo consentito ricevere biancheria indumenti e libri, purché si trattasse di libri privi di dorso e rilegatura.

Nel secondo Decreto Ministeriale, datato 22 dicembre 1982, viene prevista una diversa l’applicazione dell’art.90 O. P. in tre carceri: Torino, Ariano Irpino e Foggia. Per questi penitenziari vengono aggiunte ulteriori sospensioni degli istituti previsti dalla l. 354/75, determinando così un regime penitenziario più rigido. Infatti, sono sospesi sia i diritti menzionati nel primo decreto, ma anche:

  • l’articolo 10, commi 1 e 2, che consentono ai detenuti di permanere almeno due ore al giorno all’aria aperta e prevede che tale permanenza si effettui in gruppi. Era consentito permanere all’aria aperta, sempre per non più di due ore al giorno anche in compagnia di un altro detenuto, previa autorizzazione dell’amministrazione penitenziaria;
  • l’art. 9, comma 7, ove è prevista la possibilità per il detenuto di acquistare genere alimentari a proprie spese.
  • Riguardo ai colloqui, è consentito un colloquio mensile con i familiari, si possono acquistare due quotidiani al giorno e un periodico la settimana. È consentito anche l’acquisto di un apparecchio radio, senza modulazioni di frequenza;
  • Sono inoltre sospese le garanzie previste dall’art. 33, riguardanti le ipotesi di applicazione dell’isolamento penitenziario.

Entrambi i Decreti Ministeriali del 22 dicembre 1982 prevedono che la sospensione del trattamento doveva durare dal 1 gennaio 1983 al 30 aprile 1983″.

Maria Rosaria Calderone, L’articolo 41 bis Ord. pen. e altri regimi particolari di detenzione – L’AltroDiritto 2005