Il golfo di Policastro nella storia - primavera 2015

incontro del 3 maggio 2015

Viaggio nella Preistoria del Golfo di Policastro L’Uomo, L’Ambiente, il Territorio

Antonio Mazzoleni, GA Sapri - ispettore onorario MiBACT

Le ricerche archeologiche e paleoambientali compiute negli ultimi cinquanta anni, su alcuni siti costieri che si collocano nel Golfo di Policastro e nella vicina cittadina di Marina di Camerota (SA), risentono dell’importanza di uno studio multidisciplinare tra archeologi, palinologi, paletnologi e paleontologi che si sono concentrati su alcuni insediamenti dell’età preistorica, inquadrabili in un periodo che va dal paleolitico inferiore al paleolitico superiore. Tra i siti preistorici maggiormente indagati e ricadenti nel territorio di Marina di Camerota, sono la Grotta e Riparo del Poggio, la Grotta della Cala e la Grotta della Serratura.

Nel tratto di costa compreso nel Golfo di Policastro i giacimenti preistorici maggiormente e sistematicamente esplorati sono la Grotta del Noglio, nei pressi del porto naturale degli Infreschi, all’estremo nord del golfo di Policastro, la Grotta Grande e il Riparo del Molare, entrambi sulla costa a nord della cittadina di Scario (SA). Proprio su questi insediamenti concentreremo maggiormente la nostra attenzione, considerata l’importanza dei ritrovamenti in essi avvenuti.

La Grotta Grande, raggiungibile solo via mare, si apre immediatamente su di una frattura perpendicolare alla costa, è formata da due grandi ambienti: una sala esterna e una sala interna con soffitto a volta. Un limitato corridoio che si diparte dal piano superiore dell’ingresso, collega le due sale. I materiali raccolti durante gli scavi, condotti dall’Università di Siena, hanno restituito fino ad oggi una varietà di macrofauna e microfauna considerevole, tanto da permettere la ricostruzione del paleo ambiente. L’industria litica è costituita prevalentemente da raschiatoi, ciottoli tagliati, punte e denticolati, con presenza di tecnica levallois. Il rinvenimento di una paleosuperficie con focolari ha evidenziato la presenza di una struttura divisoria che indica una delimitazione dello spazio abitativo, costituita da pietre e concrezioni stalagmitiche, disposte in semicerchio a delimitare un’area priva di rifiuti dalla zona con accumulo di industria litica e resti ossei.

Il Riparo del Molare prende il nome dal toponimo della zona (Molare o Molara) dove nel diciottesimo secolo avveniva l’estrazione di mole, tracce che ancora oggi sono visibili lungo questo tratto di costa. Il giacimento scoperto nel 1978 dalla Prof.ssa A. Ronchitelli e dal Prof. P. Gambassini dell’università di Siena e da alcuni suoi collaboratori tra cui lo scrivente, fu indagato sistematicamente per la prima volta nel 1984. La stratigrafica del deposito, posta in luce, presenta una serie continentale di circa 10 metri con brecce rosse tenacemente cementate alternate a livelli di suolo sempre rossi ma in questo caso più sciolti. Nella parte alta della pila stratigrafica si individuano quattro livelli vulcanici, che chiudono la serie. Alla base della serie stratigrafica si distinguono due diversi livelli marini uno poggiante sull’altro: quello superiore si colloca attualmente a circa 5-6 metri sul livello del mare, con tracce di fossile di Strombus, mentre quello inferiore, a grossi blocchi, si individua attualmente intorno ai 4 metri sul mare attuale, dove si individuano tracce di fossili di Cladocora Coespitosa e di Spondylus.

L’intera serie stratigrafica raggruppa diciotto livelli archeologici ricchi di fauna e industria litica con la presenza di focolari, che dimostrano una frequentazione continua e regolare del Riparo da parte dell’Uomo. L’anno successivo dall’inizio della sua esplorazione fu fatta una sensazionale scoperta, si rinvenne al livello quindici una mandibola di infante di Homo Neaderthalensis.

La fauna rinvenuta è costituita prevalentemente da cervidi, ungulati, bovini e caprini più raro rinoceronte, orso bruno, cinghiale rarissimo il cavallo. Cronologicamente possiamo collocare l’insediamento al Paleolitico medio associabile a un industria di tipo Musteriano con elementi da porre in relazione con quelli individuati nella vicina Grotta Grande. Nel corso degli scavi sono state messe in luce due distinte strutture di abitato. La prima di circa 5 mq. consiste in una serie di grosse pietre e concrezioni disposte a cerchio, dove nel centro vi è una grossa pietra di forma romboidale, che sulla faccia superiore, presenta due sporgenze mammellonari, ovoidali, concentriche di chiara matrice naturale. Questa struttura risulta di chiara interconnessione con un cranio di bisonte rinvenuto entro una nicchia naturale situata nella roccia, sotto parete, posto limitrofo al cerchio di pietre. La seconda struttura situata più in basso rispetto alla prima e più antica, risulta in parte erosa e si estende su di una superficie di circa 15 mq. Essa consiste in un allineamento di pietre con andamento semicircolare che si arresta su un lato addossandosi alla parete rocciosa del Riparo. Le pietre sembrano selezionate intenzionalmente, quasi tutte delle stesse dimensioni e in alcuni tratti addossate luna sulle altre. Nei pressi insieme a numerosi resti faunistici e litici sono stati rinvenuti tre porzioni craniche di bisonte e tre porzioni di cranio di stambecco e uno di cervo. Alcuni di questi emergono verticalmente rispetto al piano di abitato. L’intera paleosuperficie attesta l’intenzionalità da parte dell’Uomo preistorico di delimitare per qualche sua precisa ragione il proprio spazio abitativo. Anche questo riparo come per la vicina Grotta Grande è raggiungibile solo via mare.

A sud della città di Sapri, lungo il tratto di costa prospiciente la sorgente Ruotolo, in prossimità di uno sperone calcareo degradante verso il mare, circa quattro metri sopra di esso, si apre il "Riparo Smaldone", scoperto nel 1984 e battezzato con il nome del suo scopritore. Il tipo di sedimento e la morfologia delle pareti del riparo suggeriscono che quello che attualmente vediamo non è che il residuo di una caverna, trasformata in riparo dall'erosione del mare e dall'arretramento della vol ta per crolli, come si nota alla base della pila sedimenta ria. Osservando attentamente la stratigrafia naturale è possibile scorgere moltissimi resti di fauna e di industria litica, testimonianze queste della presenza in esso di cac ciatori del paleolitico. In una sezione naturale si intravedono i resti di focolare, industria litica e resti di ossa di animali cacciati; tali resti sono inglobati in una breccia a elementi calcarei più o meno grossi, a spigoli vi vi, ancora visibili in loco, e tenacemente rinsaldati. In base alla tipologia degli strumenti rinvenuti in seconda giacitura (raschiatoi e punte) e alla fauna cacciata (cavallo, stambecco e cervidi) possiamo far risalire al Paleolitico Medio l'età di questi cacciatori, e al musteriano la lo ro cultura. Questi dati anche se non supportati da scavi sistematiti, possono essere messi in correlazione con i risultati emersi durante le esplorazioni nei giacimenti più noti e meglio indagati.