PILLOLE DI PERSONAGGI DEL CANTO POPOLARE E SOCIALE





Dedicato a Pietro Gori

Dedicato a Gianni Bosio

Giovanna Daffini

Felice Cascione

Ivan Della Mea

Roberto Leydi

il cantastorie

Duccio Galimberti

Belgrado Pedrini



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Pietro Gori fu una delle figure più rappresentative del movimento anarchico e autore di canti, poesie e opere teatrali.
Nato a Messina (figlio di un ufficiale toscano di stanza all'isola) nel 1869, Gori entrò nel movimento internazionalista molto giovane e subì il suo primo processo a 17 anni. Fu assolto, ma finì ugualmente negli schedari della polizia che non lo perse più di vista. Nel 1890, a 20 anni, fu condannato, per la sua attività politica, a un anno di carcere dal tribunale di Livorno La Cassazione annullò la sentenza, ma dopo che aveva già scontato la pena. Nel 1891 entrò nelle file anarchiche; nel 1892 fondò a Milano il giornale "L'amico del popolo" che pubblicò 27 numeri ed ebbe 27 sequestri.
Rinchiuso nel carcere milanese di San Vittore vi scrisse, tra il 1891 e il 1892, alcuni canti ed inni politici (Inno del Partito Socialista Anarchico, L'Inno della canaglia, L'Inno dei Lavoratori poi raccolti, con altri, nel volumetto intitolato "Battaglie".
In seguito alla promulgazione delle leggi crispine dovette rifugiarsi all'estero, per sfuggire al domicilio coatto. In seguito all'attentato di Sante Caserio (24 giugno 1894) al presidente Sadi Carnot fu espulso dalla Francia e trovò asilo in Svizzera. Ma anche in questo paese fu sottoposto a strette misure di sorveglianza, finché non fu decisa la sua espulsione, con altri militanti anarchici e socialisti. Nel luglio del 1894 fu arrestato a Lugano In carcere scrisse "Addio a Lugano" uno degli inni più popolari meglio conosciuto come Addio Lugano bella. Quando, con altri dodici fuorusciti italiani dovette lasciare la Svizzera, uscì dalla prigione cantando "Addio a Lugano". Dalla Svizzera riparò in Gran Bretagna e qui subì il primo attacco del male, la tubercolosi, che doveva poi ucciderlo. Nel 1895 partì per l'America del Nord dove svolse attivissima opera di propaganda. Nel 1897 fu costretto, per curarsi, a rientrare in Italia, la tempesta reazionaria del 1898 (i fatti di Milano, la rivolta del pane) lo travolse. Denunciato e processato in contumacia fu costretto, nel maggio, a prendere di nuovo la strada dell'esilio, questa volta verso l'America del Sud. A Montevideo e poi a Buenos Ayres, potè svolgere attività scientifica come giurista. Fondò e diresse una rivista giuridica e di criminologia moderna che ebbe tra i suoi collaboratori i più illustri specialisti di tutto il mondo. Compì, nel 1901, un lungo viaggio nella Terra del Fuoco. Minato dalla tisi tornò in Italia nel 1902, in seguito alla amnistia. Continuò fino all'ultimo la sua attività di propagandista anarchico e di avvocato. Morì a Portoferraio, assistito dalla sorella, il 3 gennaio 1911.
Lasciò, oltre molte conferenze, bozzetti sociali, scritti di diritto e di criminologia, larga copia di versi ed un certo numero di canzoni e inni di larga diffusione, alcuni dei quali compaiono nelle edizioni delle sue opere, altri si trovano sparsi su giornali del tempo e su canzonieri, altri gli sono attribuiti, più o meno a ragione, dalla voce popolare.
Versi tratti dalla lirica Partendo pubblicata da Pietro Gori nei suoi Canti dell'esilio.


  Cittadino del mondo, io guardo al Sole
  che abbraccia tutti gli uomini e le cose:
  esilio, patria non son che parole
  nulla è straniero a le anime pensose
  Sentinella perduta della schiera
  per cui batte una diana immortale,
  io spiego ai venti la fatal bandiera
  e cammino a la mia meta ideale.
  E cammino cammino a l'oriente
  d'ogni più bella e fiammeggiante idea...
  Salute, o nove patrie, o nova gente
  o d'anonimi eroi folla plebea!

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Gianni Bosio

Le prime campagne di rilevazione in Italia, iniziate subito dopo la seconda metà del Novecento da Giorgio Nataletti, Diego Carpitella e Alan Lomax, per l'Accademia Nazionale di S. Cecilia e la RAI Radiotelevisione Italiana, gettarono le basi per la creazione delle discipline etnomusicologiche.
Circa cinquant'anni fa, il lavoro di ricerca del Nuovo Canzoniere Italiano, in particolare di Gianni Bosio (1923-1971), diede una impronta evoluta allo studio di queste discipline.
Gianni Bosio, nato ad Acquanegra sul Chiese (Mantova), partendo dalle espressioni più autentiche come il canto e le testimonianze orali, è stato il protagonista di un lavoro di ricerca e di organizzazione culturale. Definendosi "organizzatore di cultura", affermava la necessità di creare una figura di intellettuale "rovesciato" destinato non tanto a portare la cultura alle masse, quanto ad apprendere da esse e a restituire questo sapere in modo da armare la classe della sua stessa forza.
Anche se oggi poco conosciuto Bosio, fu una figura rilevante di storico e ricercatore del movimento operaio; tra il '43 e il '45 svolse una intensa attività antifascista e nel dopoguerra assunse la direzione delle Edizioni "Avanti!". Nel 1955 pubblica (in 1000 copie) gli Scritti italiani di Marx ed Engels. Nel 1956 inaugura la collana "Biblioteca Socialista" ed entra a far parte della redazione di "Mondo Operaio", rivista teorica del Psi. Nel 1959 apre la collana "La condizione operaia in Italia"; sulle pagine dell'"Avanti!" comincia a mostrare i suoi interessi per la musica popolare. Nel suo paese natale, Acquanegra sul Chiese (MN), svolge un importante lavoro di organizzatore. Nel 1960 con le Edizioni "Avanti!" pubblica Canti della Resistenza italiana, a 33 giri. Nel 1961 comincia a registrare i canti popolari, recandosi a Carrara per incidere i canti anarchici con il magnetofono. Il canto sociale viene definito da Gianni Bosio come l'insieme di "canti di protesta, di denuncia, di affermazione politica e ideologica, di contrapposizione". Nel 1962 inizia a produrre dischi di canto popolare e raccogliere testimonianze orali su Acquanegra e in generale sul Cremonese e sul Mantovano. Nello stesso anno cura anche la Bibliografia essenziale dei canti sociali italiani. Nel 1964 a Milano, organizza, L'altra Italia, la prima rassegna italiana della canzone popolare e di protesta vecchia e nuova, in otto serate. Presenta uno spettacolo Festival dei due mondi di Spoleto in seguito al quale riceverà, insieme a Roberto Leydi, Franco Fortini e Michele Straniero, una denuncia per vilipendio all'esercito. Comincia a registrare i canti popolari della Sardegna, sempre col magnetofono. Nel 1968 cura la pubblicazione di "I giorni cantati", Ricerche, riproposte, verifiche del Gruppo Padano di Piàdena.
Muore improvvisamente nel 1971.
(da Cesare Bermani, Pane, rose e libertà, Rizzoli, Milano, 2011)


Breve bibliografia
- Il trattore ad Acquanegra. Piccola e grande storia di una comunità contadina, a cura di Cesare Bermani, De Donato, Bari, 1981
- L'intellettuale rovesciato, Edizioni Bella Ciao, Milano, 1975
- Giornale di un organizzatore di cultura, Edizioni Avanti, Milano, 1962
- Scritti dal 1942 al 1948, editi a Mantova da G.L. Arcari con la collaborazione della Lega della Cultura di Piàdena
- Ivan Della Mea, Se qualcuno ti fa morto, Edizioni del Gallo, Milano 1981 (dove Ivan Della Mea parla della figura di Bosio)
Per ulteriori approfondimenti, vedi
www.iedem.it

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Giovanna Daffini

Una delle figure di primissimo piano nel mondo delle interpreti del canto popolare è senza dubbio Giovanna Iris Daffini. Nata a Villa Saviola (Mantova) nel 1914 e vissuta a Gualtieri (Reggio Emilia), dove morì nel 1969, Giovanna cominciò da giovanissima a suonare come ambulante. Lavorando durante la stagione della monda come risaiola nel Novarese-Vercellese, apprese tutto il repertorio delle mondine; in seguito arricchì il suo repertorio con canzoni di battaglia e di lotta sociale. Sposatasi con Vittorio Carpi, che suonava il violino in orchestre lirico-sinfoniche, continuò con lui a suonare e cantare nel corso di feste, matrimoni e fiere. Gianni Bosio e Roberto Leydi la scoprirono nel corso delle loro ricerche sul campo nel 1962. Riconosciuta dagli studiosi come voce della risaia, passò dal ruolo di informatrice a quello di cantante professionista al fianco del Nuovo Canzoniere Italiano, partecipando agli spettacoli di Bella ciao e Ci ragiono e canto. Il suo stile canoro possedeva le tipiche asperità popolari che qualcuno ha voluto definire "eversive" perché, dentro il loro timbro, aspro e corrosivo, portavano quell'aggressività antagonista che sembrava una esplicita metafora della lotta di classe. Non a caso è stata la più imitata fra le protagoniste del folk revival - da Giovanna Marini per esempio - e curiosamente ammirata dalla generazione del rock più antagonista, che a metà degli anni Novanta ne ha riscoperto la figura come una "madre punk" ante litteram. L'amata genitrice rivive oggi nel lavoro di divulgazione portato avanti dall'Archivio Nazionale "Giovanna Daffini" a Motteggiana (MN). A lei ogni anno è dedicata la manifestazione "Il Giorno di Giovanna" a Villa Saviola (MN) durante la quale vengono premiati i migliori testi inediti da cantastorie.

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Felice Cascione

Nato a Imperia il 2 maggio 1918, morto in Val Pennavaira (Savona) il 27 gennaio 1944, medico chirurgo, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Attivo antifascista sin dal 1940, Cascione si laureò a Bologna nel 1942. L'anno dopo, mentre stava crescendo la sua fama di medico sensibile e generoso, "U megu" (il dottore) fu alla testa, insieme con la madre, delle manifestazioni popolari a Imperia seguite al 25 luglio. Ciò gli valse il carcere, sotto il governo di Badoglio, fin quasi all'armistizio.
Con l'8 settembre, raccolto intorno a sé un gruppetto di giovani, Cascione organizzò in località Magaletto Diano Castello la prima banda partigiana dell'Imperiese. Le azioni contro gli occupanti e i fascisti si alternavano all'assistenza che il giovane medico prestava ai montanari delle valli da Albenga a Ormea.
Fu proprio la sua generosità di medico a tradire Cascione. In uno scontro con i fascisti, in quella che si ricorderà come la "battaglia di Montegrazie", i partigiani catturano un tenente e un milite della Brigate nere, tal Michele Dogliotti. I due prigionieri rappresentano un impaccio e, dopo un sommario processo, si decide di eliminarli. Interviene "U megu": "Ho studiato vent'anni per salvare la vita di un uomo e ora voi volete che io permetta di uccidere? Teniamoli con noi e cerchiamo di fargli capire". Così i due fascisti seguono la banda in tutti i suoi spostamenti. Passa circa un mese e il brigatista nero fugge. Pochi giorni dopo, Dogliotti guida alcune centinaia di nazifascisti verso le alture intorno a Ormea, che sa occupate da unità garibaldine. All'alba la battaglia divampa dal versante di Nasino di Albenga. "U megu", con i suoi, tenta un colpo di mano per rifornirsi di munizioni, ma l'azione fallisce; Cascione, gravemente ferito, rifiuta ogni soccorso e cerca di coprire il ripiegamento dei suoi uomini. Due di loro, Emiliano Mercati e Giuseppe Castellucci, non se la sentono però di abbandonarlo e tornano indietro, incappando nei fascisti. Mercati sfugge alla cattura; Castellucci, ferito, è selvaggiamente torturato affinché riveli dov'è il comandante. Cascione, quasi agonizzante, sente i lamenti del suo uomo seviziato, si solleva da terra e urla: "Il capo sono io!". Viene crivellato di colpi.
Il 27 aprile 2003, sulle alture alle spalle di Albenga è stato inaugurato un monumento in memoria di Felice Cascione, che a suo tempo, fra l'altro, compose le parole dell'inno partigiano Fischia il vento.
(da
www.anpi.it)

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Ivan Della Mea

Cantautore, poeta e scrittore, Luigi Della Mea (detto "Ivan") nacque a Lucca il 16 ottobre 1940 e morì a Milano 14 giugno 2009. Partecipò all'esperienza del Nuovo Canzoniere Italiano, un gruppo di artisti e intellettuali che hanno segnato lo sviluppo della canzone di protesta italiana. Nella sua lunga carriera, musica e militanza nelle forze della sinistra sono unite sin dall'inizio. Le sue prime incisioni compaiono in Canti e inni socialisti, un disco prodotto nel 1962 per il 70º anniversario del Partito Socialista Italiano.
La tradizione politica del folk italiano è stata sempre la sua costante fonte di ispirazione. In uno dei suoi primi lavori, Ballate della piccola e della grande violenza, un LP uscito per l'etichetta discografica "Dischi del Sole", descrive la figura del padre, brigadiere fascista, come emblema di una generazione, quella dell'ultima guerra, sempre pronta a scaricare sui più deboli le proprie sconfitte. Nel 1963 uno dei suoi pezzi più famosi, El me Gatt, lo porta a confrontarsi anche con la composizione in dialetto milanese, uno dei più importanti filoni del canto di protesta in Italia. Negli anni Sessanta le canzoni di Ivan Della Mea e degli altri esponenti del Nuovo Canzoniere Italiano - Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, Paolo Ciarchi e tanti altri - fanno spesso da colonna sonora alle proteste di operai e studenti.
La passione per la ricerca musicale sfocia negli anni Novanta nella direzione dell'Istituto Ernesto de Martino, faro dell'antropologia musicale italiana (cfr.
http://www.iedm.it/).
Artista a tutto tondo, Ivan Della Mea ha avuto anche esperienze cinematografiche e letterarie. Nel 1969 partecipa alla scrittura della sceneggiatura di Tepepa, cult movie dello spaghetti western, interpretato da Tomas Milian e Orson Welles. Con Roberto Benigni e Mariangela Melato, partecipa nel 1979 al film I Giorni cantati, con la regia di Paolo Pietrangeli. Tra le sue opere letterarie, Il sasso dentro (1990) e Sveglia nel buio (1997). Per Jaca Book ha pubblicato l'autobiografia Se la vita ti dà uno schiaffo. Giornalista pubblicista, ha curato rubriche per "l'Unità" e per "Liberazione" e ha collaborato a lungo con "il manifesto." Iscritto per la prima volta al PCI nel 1956, ha sempre seguito e vissuto con partecipazione il dibattito interno alla sinistra italiana. Nel 2007, in una dura requisitoria contro l'allora presidente della Camera, Fausto Bertinotti, affermò: "Noi siamo stati l'etica della sinistra, quella che è stata distrutta nel nome della ragione di partito. è questo l'errore più grave che non abbiamo saputo o voluto vedere".
In una delle ultime interviste, rilasciata a "Liberazione", Ivan Della Mea riflettendo sugli obiettivi comuni della sinistra scrive: "Credo sia molto importante combattere a fondo contro il berlusconismo, perché è trasversale, tocca tutti, sia a destra che a sinistra. C'è bisogno di politica vera, fatta per strada, che venga fuori dalle proprie stanze". Una delle sue ultime produzioni Antologia (cd e dvd), che è stato presentato nel 2008 al Cox 18, racchiude una parte importante della sua produzione musicale insieme al film co-prodotto da Ala Bianca su licenza della Provincia di Milano dal titolo A quel omm.
Due libri postumi dànno il segno dell'affetto per l'uomo e le sue canzoni: Un inedito e testimonianze (edizioni Il Grandevetro/Jaca Book, 2010) reca una sua lunga riflessione, ma è anzitutto espressione della considerazione che vari intellettuali e scrittori hanno per la sua figura di comunicatore; La città possibile (2012) racchiude invece alcuni suoi interventi apparsi sui quotidiani della sinistra dal 1988 al 1993 dove si delinea visione semplice, coerente e profetica che Ivan ha di Milano: "per resistere e combattere bisogna scavare nelle pieghe della vita quotidiana [...] contrastando il degrado di una società in preda all'arrivismo, l'egoismo, la disillusione, il risentimento, che inquinano la vita della città".

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Roberto Leydi

Roberto Leydi (Ivrea, 1928 - Milano, 2003) è considerato tra i fondatori dell'etnomusicologia scientifica. Svolse approfondite ricerche sulla musica popolare, contribuendo alla riscoperta del canto politico e sociale, e ne promosse la diffusione attraverso numerose iniziative editoriali e discografiche. Il primario interesse per il jazz e, in seguito, per la musica popolare americana lo condussero allo studio del canto sociale del nostro Paese.
Critico musicale dell' "Avanti!" dal 1947 al 1952, collaborò anche con il settimanale "L'Europeo", interessandosi anche di musica contemporanea. Alla fine degli anni Cinquanta fu tra i promotori del folk revival in Italia, fondando insieme a Gianni Bosio il Nuovo Canzoniere Italiano (NCI), con cui avviò un ampio progetto di ricerca sullo studio, la conservazione e la riproposizione delle tradizioni musicali italiane, soprattutto delle regioni settentrionali. Suo e di Bosio fu l'allestimento dello spettacolo Bella Ciao al Festival di Spoleto del 1964. Abbiamo già accennato allo "scandalo" provocato dalla canzone anti-militarista O Gorizia ricordando la figura di Gianni Bosio (vedi il suo profilo nelle "Pillole"). Dal 1979 diresse la rivista "Culture musicali", dal 1980 fu titolare della cattedra di Etnomusicologia al DAMS di Bologna. Fu anche direttore della Scuola per Attori "Paolo Grassi" di Milano e profondo conoscitore della realtà milanese. Nel libro Altra musica (1991) Roberto Leydi raccoglie la summa del suo pensiero in riferimento al metodo e alle prospettive dell'etnomusicologia. Leydi svolse una funzione decisiva nella ricerca della musica popolare intesa come documentazione della cultura contadina italiana all'indomani della prima industrializzazione. Il suo contributo sì inserì in quel vasto indirizzo di storia contemporanea e sociale che tendeva a cercare fonti alternative a quelle ufficiali per la ricognizione storica.
In campo musicale le etichette da lui fondate e dirette "Dischi del Sole" e "Albatros-Vedette" rappresentano l'aspetto concreto del suo impegno divulgativo. In particolare con la "Albatros", pubblicò nel 1970-71 l'antologia Italia, in tre dischi.
Fondò l'Ufficio Cultura del Mondo Popolare della Regione Lombardia (ora AESS, Archivio di Etnografia e Storia Sociale), a partire dal 1972, promosse e realizzò con la collaborazione di associazioni culturali e ricercatori un lavoro di raccolta e catalogazione che ha prodotto un vasto patrimonio documentario di interesse etno-antropologico, solo in parte pubblicato nella collana di volumi "Mondo Popolare in Lombardia" e nella collana discografica "Documenti della Cultura Popolare" (cfr.
www.aess.regione.lombardia.it).
La sua predilezione per le Alpi, come luogo di passaggio di molte culture, è stato uno dei motivi del lascito di tutto il suo archivio al Centro di Dialettologia e Etnografia della Svizzera italiana. A Bellinzona un fondo a lui intitolato è disponibile al pubblico.

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Il cantastorie in pillole

Aedo, rapsodo, BÄnkelsÄnger, baladin, cantaclaro, storyteller, coplero, rakugo, musàmir, griot, cantastorie: nomi diversi per indicare, dall'antica Grecia a oggi, una figura artistica dalle molteplici sfaccettature, che di volta in volta si presenta come rievocatore di vicende mitiche o storiche, come cronista partecipe o disincantato di episodi della contemporaneità o, addirittura, come banale intrattenitore.
Del repertorio giullaresco medioevale non conosciamo molto: se non quanto è rimasto nella memoria popolare e quanto è stato stampato dal Cinquecento in poi, nei libretti popolari e nei fogli volanti (broadside, in inglese).
Il foglio volante fu lo strumento principale con cui il cantastorie diffuse fino alle metà del Novecento le sue marrazioni.
Anche per quanto riguarda la musica ben poco si conosce per il lungo periodo antecedente il XIX secolo.
Al cantastorie interessa comunicare la "storia" e la musica serve sia come supporto emotivo sia come strumento mnemonico. In alcuni casi la musica assume un ruolo più importante e il canto, da strumento di comunicazione, viene trasformato in occasione di intrattenimento.
Fiere, mercati, sagre e feste patronali sono sempre stati i luoghi principali dove i cantastorie esercitavano la loro professione, ancora oggi alcuni di loro si esibiscono in queste occasioni.
Fino a pochi anni fa in Italia esistevano tre scuole di cantastorie: la padana, in gran parte sostenuta dai cantori ambulanti emiliani, liguri e lombardi; la toscano-laziale, affidata soprattutto all'improvvisazione a contrasto in ottava rima, la siciliana, ancorata a modalità espressive caratterizzate dall'esibizione solitaria e dalla illustrazione dei "fatti", anche attraverso l'utilizzo di cartelloni.
A dare continuità artistica ai cantastorie ha contribuito in maniera determinante l'Associazione Italiana Cantastorie (A.I.Ca.), fondata nel 1947 da Lorenzo de Antiquis (1909-1999), uno straordinario cantore-sindacalista al quale è oggi intitolata l'associazione. Le trasformazioni sociali, economiche e culturali intercorse negli ultimi decenni hanno costretto i cantastorie a modificare la loro presenza in piazza e a utilizzare nuovi strumenti di comunicazione. Accanto al cartellone e alla chitarra si sono quindi aggiunti gli amplificatori, i microfoni, e dal foglio volante si è passati alle musicassette, ai CD, ai video e oggi all'uso del web.

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Duccio Galimberti

Medaglia d'oro della Resistenza, proclamato Eroe nazionale dal CLN piemontese, Medaglia d'Oro al Valor Militare. Duccio, considerato un valente penalista già in giovane età , non venne mai, nonostante la posizione del padre, senatore fascista, a compromessi con il fascismo. Quando giunse il momento della leva, non poté fare il corso di allievo ufficiale perché per frequentarlo avrebbe dovuto iscriversi al fascio; fece così il servizio da soldato semplice. Negli anni tra il 1940 e il 1942 tentò di organizzare a Cuneo, lui mazziniano fervente, gli antifascisti del luogo. È con la caduta di Mussolini che Duccio venne clamorosamente allo scoperto: il 26 luglio del 1943 arringò la folla dalla finestra del suo studio che dava sulla Piazza Vittorio a Cuneo; nello stesso giorno parlò in un comizio a Torino. Dopo l'8 settembre lo Studio Galimberti a Cuneo si trasformò in centro operativo per l'organizzazione della lotta armata popolare, dopo che Duccio non riuscì a convincere il Comando militare di Cuneo ad opporsi in armi ai tedeschi. Tre giorni dopo Galimberti, con Dante Livio Bianco ed altri dieci amici andò in Val di Gesso, dove costituì il primo nucleo della banda "Italia Libera" (analoga banda viene formata in Valle Grana da Giorgio Bocca, Benedetto Dalmastro ed altri amici di Duccio), dalla quale nasceranno le brigate di Giustizia e Libertà. Nel gennaio del 1944 Duccio, durante un rastrellamento, venne ferito, quando si ristabilì, fu nominato comandante di tutte le formazioni GL del Piemonte e loro rappresentante nel Comitato militare regionale. Si spostò poi a Torino e qui che venne localizzato e bloccato dai repubblichini. Era il 28 novembre del 1944. Inutili i frenetici tentativi delle forze della Resistenza di operare uno scambio con i tedeschi. I repubblichini considerano Duccio una loro preda, tanto che quattro giorni dopo, nel pomeriggio del 2 dicembre, un gruppo di fascisti dell'Ufficio politico di Cuneo arrivò a Torino e lo prelevò dal carcere. Lo trasportarono nella caserma delle brigate nere di Cuneo: qui Galimberti fu interrogato e ridotto in fin di vita dalle sevizie. Il mattino del 4 dicembre, venne caricato su un camioncino, trasportato nei pressi di Centallo e abbattuto dai suoi aguzzini con una raffica alla schiena.

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Belgrado Pedrini

Belgrado Pedrini nacque a Carrara il 5 maggio 1913. Il nome Belgrado gli fu dato dal padre scultore in omaggio alla capitale della ex-Jugoslavia in cui aveva risieduto per lavoro. Diventa anarchico all'età di 18 anni e conobbe molte figure di rilievo, tra cui lo stesso Malatesta. Con l'avvento del fascismo assieme ai compagni di Carrara, compie diverse azioni contro gli squadristi che gli procurano svariate denunce e condanne. Nel 1937/38 viene rinchiuso nel carcere di Pianosa assieme al socialista e futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini. Rimesso in libertà prosegue la sua militanza antifascista. Una sera del '42, assieme ai compagni Giovanni Zava e Gino Giorgi disarma e schiaffeggia un gruppetto di cinque fascisti. Questo fatto lo costringe a rifugiarsi prima a Milano e poi a La Spezia . Attivamente ricercato dall'OVRA (polizia segreta fascista), viene intercettato da alcuni agenti. Nasce un conflitto a fuoco che si protrae per ore e che alla fine porterà all'arresto di Pedrini e alla morte di un poliziotto. Tradotto nel carcere di La Spezia, e poi in quello di Massa, dove lo attende la probabile condanna alla fucilazione. Nel giugno 1944, alcuni partigiani della formazione "Elio" riescono a liberarlo dal carcere e Belgrado sceglie allora di unirsi alla loro formazione. Pedrini prende parte a diverse azioni di sabotaggio e di attacco ai nazifascisti nelle zone apuane. Dopo la fine della guerra e la sconfitta del fascismo, l'allora Ministro della Giustizia, Palmiro Togliatti, concesse l'amnistia ai fascisti detenuti nelle carceri italiane. E' il 1946 ed è già possibile che ritornino impunemente in libertà personaggi responsabili di crimini di guerra. L'amnistia ha contribuito ad incentivare il pesantissimo sbeffeggiamento e svilimento della Resistenza e della "giustizia" italiana nata dopo la caduta del regime. L'antifascista anarchico Belgrado Pedrini viene al contrario nuovamente arrestato per i fatti del 42' a La Spezia. Nel maggio 1949 viene condannato all'ergastolo, pena poi commutata a trent'anni di reclusione. Comunque in carcere Pedrini non si lascia abbattere psicologicamente per quanto ingiustamente subito e si dedica allo studio dei classici della filosofia e della letteratura. Diventa un apprezzato uomo di cultura autodidatta, compone poesie come la nota Schiavi, scritta nel 1967 nel carcere di Fossombrone. Questa poesia verrà usata come testo per la famosa canzone anarchica Il Galeone. Nel luglio 1974, con Pedrini ancora detenuto in carcere e ormai non distante dalla liberazione istituzionale, viene graziato dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Ma non viene ancora scarcerato perché dovrebbe ancora scontare 3 anni per tentata evasione, che non rientra nel reato graziato, quindi viene tradotto nel carcere di Pisa per scontare la pena residua. Nasce una vigorosa campagna mediatica in suo favore e così finalmente Pedrini può tornare libertà. Immediatamente riprende la sua militanza ed assieme ai suoi compagni Zava, Mariga, e Goliardo Fiaschi (anch'esso vittima di una persecuzione giudiziaria) partecipa alla fondazione di un circolo culturale anarchico che in seguito sarà intitolato a Bruno Filippi. Con queste parole Pedrini inaugura il nuovo circolo anarchico

"Cari lavoratori!
Credo di potere interpretare il vostro pensiero affermando che anche voi considerate la ricostituzione del Circolo anarchico "Bruno Filippi" come un fatto positivo: un segno tangibile della volontà degli anarchici carrararesi di continuare, con forze sempre maggiori e agguerrite, l'identico cammino che Michail Bakunin ci ha indicato con lo scopo di arrivare, non appena possibile, alla liberazione dell'umanità da qualsiasi forma di schiavitù, di umiliazione e miseria voluta dagli Stati e dai loro simpatizzanti [...] Rivolgo uno saluto fraterno ai lavoratori venuti a Carrara per celebrare con noi questo bel giorno in cui vediamo la bandiera anarchica volteggiare nell'aria e che rende omaggio all'immagine immortale di Bruno Filippi. Viva il pensiero libertario! Viva l'anarchia!» In seguito redige numerosi manifesti e volantini, s'impegna nella ristesura dello scritto di Bruno Filippi L'Iconosclasta! e nella pubblicazione del giornale L'Amico del Popolo, che vedrà la luce qualche mese dopo la sua scomparsa. Belgrado Pedrini muore a Carrara l'11 febbraio 1979."



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Presentazione

Ai canzonieri del lunedì

Prime 4 canzoni (14.1.2013)
  Addio a Lugano
  Bel uselin del bosc
  Fischia il vento
  O cara moglie

Cronache del secondo incontro

Secondo gruppo di canzoni (21.1.2013)
  Inno del Sangue
  La ballata del Pinelli
  La bella Gigogin
  Dalle belle città date al nemico
  Bella Ciao delle mondine
  Alla mensa collettiva

Pillole di personaggi del canto popolare e sociale
  Pietro Gori
  Gianni Bosio
  Giovanna Daffini
  Felice Cascione
  Ivan Della Mea
  Roberto Leydi
  il cantastorie
  Duccio Galimberti
  Belgrado Pedrini

Terzo gruppo di canzoni (28.1.2013)
  Il canto dei deportati
  Fuoco e mitragliatrici
  Rosso levante e ponente
  l Nuovi Stornelli socialisti
  A l’era saber sera

Il sangue nel canto (Film) - Canto di tradizione orale a Serle (BS)

Quarto gruppo di canzoni (4.2.2013)
  O Gorizia
  Il partigiano (il bersagliere ha 100 penne)
  Stornelli d'esilio
  El me gatt

Lettera e quinto gruppo di canzoni (18.2.2013)
  Il canto dei Lavoratori
  Io parto per l'America
  Sciopero interno
  Figli dell'officina
  Noi vogliamo l'eguaglianza

Lettera e sesto gruppo di canzoni (25.2.2013)
  E per le strade
  Voce di una madre
  La povera Rosetta
  Collage di canti di risaia

La povera Rosetta in versione Cox18

Settimo gruppo di canzoni (4.3.2013)
  La brigata Garibaldi
  Marciam Marciam
  Dai monti di Sarzana
  Festa d'Aprile
  Se non ci ammazza i crucchi
  Valsesia
  Banditi della Acqui
  O Germania

Ottavo gruppo di canzoni (11.3.2013)
  Galeone
  Morti di Reggio Emilia

Bibliografia



Archivio Primo Moroni