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Le origini del penitenziario Capitolo 5.
WHIG, GIACOBINI E BASTIGLIE: IL PENITENZIARIO SOTTO ACCUSA.


1. Alla metà degli anni Novanta l'impulso riformatore che aveva dato origine ai penitenziari si era esaurito. I sostenitori delle riforme erano divisi e delusi, sempre più propensi a ridiscutere le idee che avevano provocato in loro tanti entusiasmi. Il riformatore igienista di Manchester, Thomas Percival, con il suo cambiamento d'opinione sulle fabbriche, rappresentava la nuova mentalità. Negli anni Ottanta, al pari di altri membri della Manchester Literary and Philosophical Society, egli aveva salutato l'avvento delle nuove fabbriche, considerandole strumenti benevoli di progresso sociale per i poveri. Nel 1798 aveva ormai visto gli effetti dell'industrializzazione tanto da giungere a conclusioni opposte. Nei suoi rapporti sulla situazione igienica e morale della popolazione di Manchester, egli denunciò il fatto che i padroni delle officine facevano lavorare all'eccesso i propri apprendisti, trascurando la loro educazione (1).
Le sue critiche trovarono eco nella più influente organizzazione caritativa del periodo, la Society for Bettering the Condition of the Poor di Thomas Bernard. Nel rapporto per l'anno 1800, la Bettering Society denunciava le fabbriche con vigore non inferiore a quello dei tessitori e dei filatori a domicilio minacciati dalla loro concorrenza. La società sosteneva che lo sfruttamento in fabbrica del lavoro infantile stava dissolvendo i «rapporti familiari» fra i lavoratori dell'industria. I bambini in città industrializzate come Manchester non lavoravano più sotto l'autorità «morale» di un genitore o di un piccolo datore di lavoro. I sorveglianti nelle fabbriche non si preoccupavano che i bambini imprecassero o bighellonassero dopo le ore di lavoro finché svolgevano il proprio dovere. La nuova disciplina era manchevole, in altre parole, perché di natura puramente economica. Lodando gli industriali che, come Mister Dale a New Lanark in Scozia, continuavano ad esercitare una sorveglianza paterna sui propri operai, la Bettering Society osservava che simili imprenditori erano l'eccezione nel disordinato mondo del lavoro che caratterizzava molte città inglesi dell'area cotoniera, dove «il demone del guadagno» aveva tradito le promesse riformatrici della fabbrica. La società sosteneva che, senza regolamentazione pubblica, le officine «sono necessariamente distruttive dei principi morali e religiosi della grande massa della popolazione» (2). Le pressioni esercitate dalla società, grazie anche all'influenza di Thomas Percival, portarono all'approvazione della prima legge sulle fabbriche nel 1802 (3).
La delusione che i membri della Bettering Society provavano nei confronti delle promesse riformatrici dell'isolamento nelle carceri investì anche le case di correzione. La società sosteneva che queste non erano riuscite a trattenere i poveri dal rivolgersi all'assistenza pubblica. Inoltre, aggiungevano, l'assistenza esterna era un loro diritto che non poteva essere sostituito. Le due principali autorità sull'assistenza ai poveri nei due ultimi decenni del secolo, Sir Frederic Morton Eden e Thomas Gilbert, erano dello stesso parere (4). Essi furono soprattutto delusi dagli scarsi risultati ottenuti con le Case d'Industria del Suffolk. Nella parte orientale di questa contea erano state costruite alla fine degli anni Sessanta undici di queste enormi case di correzione nel tentativo di ridurre il costo crescente dell'assistenza ai poveri. I contributi esterni vennero praticamente aboliti e ai bisognosi si chiedeva di accettare le privazioni dell'istituzione che includevano separazione fra moglie e marito, lavoro forzato, visite limitate, uniforme e una dieta più scarsa. Inizialmente i direttori delle case di correzione ne lodarono le virtù, ma durante gli anni Novanta furono costretti a riconoscere il loro fallimento. Gli istituti continuarono ad essere affollati da lavoratori abili, le quote del Suffolk orientale non erano state ridotte e alcune parrocchie stavano ancora pagando le spese di costruzione. Molti di questi istituti poi erano divenuti altrettanto squallidi quanto gli ospizi parrocchiali di mendicità che intendevano sostituire. Il personale di custodia trascurava le norme igieniche, non faceva rispettare il lavoro forzato e derubava gli ospiti dei sussidi per il cibo. L'uso delle case di correzione a scopi deterrenti andava assai bene in teoria, concludeva Eden, ma in pratica la cosa non funzionava a causa della scarsità di personale adatto a far rispettare una rigida disciplina (5).
All'interno dello stesso schieramento riformista vi erano molti che mettevano in discussione la moralità di costringere i poveri a sottoporsi alla reclusione. John Howard approvava il regime di disciplina delle case di correzione del Suffolk orientale, ma osservava seccamente che la riduzione dell'assistenza esterna era «contraria ai sentimenti di un inglese». Come Gilbert e Eden, anch'egli riteneva che questi ospizi dovessero servire solo per rinchiudervi coloro che erano troppo malati o vecchi per essere curati a casa (6).
La posizione di Howard può essere confrontata con quella di Bentham, nella cui utopia disciplinaristica lo stato avrebbe dovuto gestire un'intera rete di Panopticon in cui rinchiudere e rieducare gli appartenenti a qualsiasi categoria sociale dipendente, compresi i malati di mente, i poveri, i criminali e i bambini. A metà degli anni Novanta tuttavia la corrente di pensiero ufficiale stava andando contro le teorie proposte da Bentham. La tendenza politica del governo per quanto concerneva la giustizia criminale non era favorevole alla costruzione di un penitenziario nazionale e ancor meno al piano di Bentham per l'erezione di un Panopticon. Nel campo dell'assistenza ai poveri le parrocchie fecero fronte al forte incremento del pauperismo dopo il 1795 non con la costruzione di nuovi ospizi, ma espandendo l'assistenza esterna, specialmente tramite il sistema di contributi deciso dai giudici a Speenhamland in appoggio ai salari.
I progetti più popolari di «riforma» delle leggi sui poveri, discussi fra il 1795 e il 1825, prevedevano l'abolizione immediata dell'imposta obbligatoria e la sua sostituzione con la carità privata. Questa, si sosteneva, avrebbe ricostituito il rapporto personale di dipendenza e obbligazione fra ricchi e poveri che era stato sacrificato al sistema statale. L'assistenza sarebbe dovuta diventare un dono del ricco più che un diritto su cui il povero potesse avanzare pretese. I libellisti amavano confrontare l'insolente clamore dei poveri alla tavola dei pagamenti della contea con i loro «occhi luccicanti, le lacrime copiose e le mani tese» dell'epoca in cui ricevevano la visita di Lady Bountiful (7). In queste elegie fantasiose e nostalgiche all'assistenza privata era implicita l'ostilità nei confronti della concezione di Bentham di una società tenuta insieme da una serie di istituzioni statali di controllo.
All'interno dello stesso schieramento riformatore vi erano costituzionalisti liberali che non condividevano la visione di Bentham per uno stato di disciplina che sacrificava la libertà alla sicurezza. In tal modo John Priestley, pur sostenendo il principio dell'educazione dei poveri, si opponeva alla creazione di un sistema statale obbligatorio, argomentando che esso avrebbe dato allo stato lo stesso potere tirannico nella sfera civile che aveva esercitato la chiesa anglicana nel campo religioso. Contemporaneamente egli appoggiava le tesi di Howard per cui lo stato aveva il diritto di imporre un'educazione morale coatta ai criminali. Queste due tesi erano in contrasto, ma non in contraddizione, in quanto Priestley poteva sostenere che i delinquenti avevano perduto quei diritti alla libertà di coscienza di cui potevano invece godere i cittadini osservanti della legge (8). Dopo tutto non aveva Locke sostenuto che un criminale non aveva più diritti di uno schiavo? (9).
Priestley era riuscito a risolvere il contrasto fra la propria posizione liberale a proposito dell'educazione forzata e il suo appoggio all'uso della coercizione per quanto riguardava la punizione, ma altri, pur formatisi alle stesse tradizioni, non vi riuscirono. William Godwin teneva conferenze all'Accademia dissidente di Hackney e dirigeva un circolo razionalista di Londra, di cui avrebbe fatto parte anche la famosa Mary Wollstonecraft. La sua "Enquiry Concerning Political Justice", pubblicata nel 1973, spinse la psicologia hartleiana e il costituzionalismo whig a conclusioni radicalmente differenti da quelle raggiunte da Priestley. Godwin partiva dalla supposizione, derivata da Hartley, che l'uomo fosse razionale, prevedibile e quindi migliorabile; i suoi vizi e la sua debolezza morale non sarebbero stati insuperabili. «L'uomo è perfettibile o, in altre parole, suscettibile di miglioramento perpetuo». Ogni persona è «in grado di comprendere ciò che è vantaggioso e giusto, di imprimere indelebilmente nella propria mente alcuni principi e di aderire inflessibilmente alle risoluzioni prese» (10). Godwin credeva che la maggior parte degli uomini avesse il potere di migliorarsi con l'educazione e l'introspezione, senza l'aiuto di una qualche tutela coercitiva. Ogni tentativo «autoritario» di «migliorare» le persone serviva solo ad appiattire la loro immaginazione e a distruggere «l'elasticità e il progresso della mente». Gli uomini poi non potevano essere costretti alla virtù con le punizioni:

«Consideriamo gli effetti che la coercizione produce sulla mente di colui contro il quale è applicata. Non può agire con la convinzione poiché non induce a ragionare; comincia col produrre una sensazione di pena e un sentimento di disgusto. Comincia con l'alienare violentemente la mente dalla verità da cui desidera sia colpita» (11).

Godwin si opponeva quindi al «progetto d'isolamento» di Howard. La solitudine, affermava, abbrutisce i sentimenti non meno della pena fisica e, come ogni punizione, infligge dolore anche se di tipo psicologico. Non otterrà perciò mai il consenso e il rispetto dei detenuti e riuscirà solo a suscitare la loro resistenza e il loro risentimento.
In sostanza Godwin negava la tesi principale di Howard che le punizioni dirette alla mente erano più giuste e più accette al criminale di quelle dirette al corpo. Godwin andava anche oltre, sostenendo che nessuno può mai essere redento dalla solitudine. La riforma era un processo sociale, una questione di persuasione e di esempio più che di forza. Era inutile sperare che gli uomini cambiassero lasciandoli soli con la propria coscienza. Nel migliore dei casi avrebbero acquisito una «disposizione malinconica e tetra» e nel peggiore potevano essere ridotti alla pazzia. Ogni punizione, egli sosteneva, dovrebbe puntare a un ritorno il più rapido possibile del criminale nel benefico ambiente morale della società (12).
L'attacco di Godwin contro Howard era importante perché partiva dalle stesse premesse tinte di ottimismo materialistico condivise dai sostenitori del sistema penitenziario. Il testo di Hartley era apparentemente in grado di generare rielaborazioni reciprocamente contraddittorie. Se il Panopticon di Bentham dimostrava che da una concezione materialistica dell'uomo potevano essere tratte implicazioni autoritarie, la "Political Justice" di Godwin provava che la concezione liberale era altrettanto fondata se sorretta da dubbi circa il potere statale.
L'opposizione al consolidamento del potere statale trovava espressione anche nella campagna lanciata dal dirigente whig, Charles James Fox, contro l'introduzione di magistrati e polizia stipendiati a Londra. Sin dai giorni dei fratelli Fielding, i sostenitori della riforma di polizia avevano ripetutamente chiesto al parlamento di sostituire il sistema corrotto e disorganizzato basato su guardie parrocchiali, mazzieri e sorveglianti non pagati con una polizia stipendiata sotto il controllo di magistrati che esercitassero la professione a tempo pieno. Nel 1770 venne costituita la prima forza di polizia londinese, i Bow Street Runners. Nel 1792 il governo nominò otto magistrati di polizia con un piccolo gruppo di guardie pagate alle loro dipendenze per tentare di migliorare l'amministrazione della giustizia nella capitale. Contemporaneamente fu approvato un emendamento alle leggi sul vagabondaggio con cui si conferiva alle guardie l'autorità di arrestare «persone sospette» e «presunti ladri» (13). In parlamento, Fox e i suoi alleati whig lottarono contro il nuovo corpo di polizia e contro la legge sul vagabondaggio ritenendoli violazioni dei diritti dei sudditi. Essi sostenevano che la concessione di uno stipendio ai magistrati comprometteva la loro indipendenza e contravveniva alla tradizione inglese di una giustizia amministrata sulla base di prestazioni volontarie» (14).
Ci si poteva attendere che riformatori whig quali Samuel Romilly, che era favorevole all'introduzione di un personale carcerario salariato, avrebbero sostenuto la concessione di stipendi alla polizia, ma nel 1786 egli denunciava questo provvedimento definendolo innovazione «francese»:

«Un sistema che rivela la più grande sfiducia nel popolo non deve mai chiedere l'appoggio popolare; tutto quello che si può aspettare dal pubblico è un'obbedienza forzata e riluttante. Tale è il caso della Francia, dove i loro "commissaires", "lieutenants" e "intendents de police", sorretti da tutto un seguito di subalterni, da tutti gli strumenti manifesti e nascosti... e aiutati da tutto il loro potere militare e dai loro "espions" di ogni genere, dimostrano che quell'infelice governo si trova nella miserevole e triste necessità di condurre una guerra dichiarata e costante al popolo» (15).

A causa delle tensioni esistenti fra le tendenze autoritarie e quelle liberali nell'ideologia riformista negli anni Novanta, si assisteva a uno spettacolo contraddittorio in cui alcuni riformatori quali Romilly accettavano i penitenziari, ma respingevano una polizia stipendiata, mentre altri loro compagni, come Bentham e Patrick Colquhoun, erano favorevoli ad entrambi.
I contrasti all'interno dello schieramento riformatore si aggravarono allo scoppio della Rivoluzione francese. Inizialmente molti riformatori accolsero con favore la notizia della caduta della Bastiglia, anche se alcuni lo fecero con trepidazione. Samuel Romilly, ad esempio, visitò Parigi durante i giorni violenti del 1790 e assistette dalle gallerie ai lavori della Convenzione che abbatteva la sovrastruttura legale del feudalesimo. Al suo ritorno scrisse due resoconti entusiastici della rivoluzione destinati al pubblico inglese. Tuttavia quando il Terrore scatenò i massacri del settembre del 1792, egli diede improvvisamente alle fiamme un terzo libello celebrativo (16). Gli eccessi del Terrore convinsero molti liberi pensatori nonconformisti, che negli anni Ottanta avevano nutrito simpatie per le idee di Voltaire e Rousseau, di aver «vagabondato per i sentieri dell'errore» (17).
Il Nonconformismo inglese tuttavia perse completamente il suo iniziale entusiasmo per le riforme politiche solo quando il radicalismo giacobino si diffuse fra la gente comune in Inghilterra dopo il 1792. Gli artigiani e i lavoratori di Londra, che nel gennaio 1792 si erano uniti sotto la guida di Thomas Hardy, un calzolaio, per fondare la London Corresponding Society allo scopo di avviare una campagna popolare per la riforma parlamentare, dissero in seguito che era stata «la durezza dei tempi e il prezzo elevato di tutti i beni di prima necessità» a convincerli dell'urgenza delle riforme. Negli stessi mesi in cui si costituiva la società londinese, ne apparivano diramazioni a Sheffield, Derby, Birmingham e Manchester. Questi gruppi di «commercianti, negozianti e artigiani» costituivano in effetti la prima organizzazione politica di lavoratori a base nazionale, con un'influenza che oltrepassava gli ambienti artigianali e gli strati urbani. La loro ideologia derivava in parte dall'eredità delle sette radicali del Diciassettesimo secolo, in parte dalla tradizione dei «diritti degli inglesi nati liberi» e in parte dalla tradizione giacobina francese espressa nei "Rights of Man" di Tom Paine. Edizioni a basso prezzo di quest'opera passarono di mano in mano e furono lette ad alta voce agli analfabeti in birrerie e nel corso di riunioni della Corresponding Society. La diffusione di queste società, alcune delle quali contavano duemila membri, insieme alla pronta risposta alle tesi di Tom Paine, convinsero il governo del primo ministro William Pitt che la gente comune in Inghilterra si stava infettando con le dottrine livellatrici e ateistiche che esso combatteva all'estero nelle guerre contro le armate rivoluzionarie francesi.
L'emergere in patria di un giacobinismo degli artigiani convinse molti dei vecchi riformatori degli anni Ottanta di essersi resi colpevoli di imprudenza giovanile nell'invocare la riforma parlamentare. G. O. Paul scrisse a un corrispondente nel 1809 di avere abbandonato la politica negli anni Novanta «quando la riforma era chiesta a parole e perseguita con mezzi rivoluzionari». Demagoghi come Paine, egli lamentò, avevano tradito la causa della sua giovinezza. Di conseguenza aveva giurato di rinunciare alla politica per abbracciare la «filantropia apolitica» (18).
La rottura fra filantropia e riforma politica trovò una conferma, dopo il 1793, quando i penitenziari cominciarono ad essere usati per rinchiudervi prigionieri politici giacobini. Poiché queste istituzioni furono ben presto denunciate come simbolo della repressione politica, i riformatori degli anni Ottanta quale Paul si trovarono implicati, a causa delle circostanze e per convinzione propria, nella difesa di tale repressione. In breve tempo la questione dei penitenziari e della riforma carceraria si trovò coinvolta nei conflitti politici e sociali del decennio.

2. Il penitenziario di Gloucester era in funzione da meno di sei mesi quando venne attaccato dalla stampa giacobina in un libello intitolato "Gloucester Bastile", che descriveva il «patetico caso di un povero ragazzo condannato a sette anni di isolamento nel carcere di Gloucester». Il libello si soffermava in particolare sugli effetti prodotti sulla mente del ragazzo:

«Quale eloquenza può esprimere l'orrore della sua mente... Le sensazioni della sua mente possono ridursi a uno stato di inanità, i suoi occhi ruotano con orrore sfrenato su un abisso di vuoto, i suoi tratti sono esangui e lividi, la sua lingua dimentica come articolare parola e ogni facoltà è istupidita da un'insensibilità ottusa» (19).

La magistratura di Gloucester perseguì con successo lo stampatore, William Holland di Londra, per diffamazione a mezzo stampa.
"Gloucester Bastile" fu solo uno dei primi attacchi contro il nuovo sistema carcerario; altre «pubblicazioni volgari» come le chiamava G. O. Paul, uscirono non appena i penitenziari cominciarono ad essere usati per rinchiudervi i giacobini (20). L'isolamento si associò nella mente dei radicali con altri strumenti usati per reprimerli: la sospensione dell'"habeas corpus", le «leggi bavaglio» che riducevano la libertà di parola, gli informatori pagati e le giurie ammaestrate nei processi politici.
La campagna contro il giacobinismo cominciò a tutti gli effetti con i primi arresti fra i membri della London Corresponding Society e la sospensione dell'"habeas corpus" nel giugno del 1794. I radicali furono arrestati su mandato del Segretario di Stato e interrogati e rinchiusi senza imputazione o processo, «come piace a Sua Maestà», il che significava un periodo variante fra le poche settimane e i diversi anni. I processi politici crearono spesso imbarazzo, come avvenne ad esempio quando Thomas Hardy, segretario della London Corresponding Society, e John Horne Tooke furono trionfalmente assolti dall'imputazione di alto tradimento nel 1794. Le giurie, anche quelle formate da cittadini delle classi medie, si dimostrarono sospettose delle accuse di natura politica e i legali della difesa, come Samuel Romilly, riuscirono a demolire le deposizioni dei testimoni del governo (21). Di conseguenza Pitt e i suoi ministri ritennero più conveniente detenere i prigionieri politici in base alle leggi di sospensione dell'"habeas corpus" che sottoporli a giudizio.
Tale provvedimento non era tuttavia il solo strumento a disposizione del governo. Questo si servì ripetutamente di processi per diffamazione a mezzo stampa, fra il 1794 e il 1796, per spingere in esilio temporaneo in America il più importante stampatore radicale, Daniel Isaac Eaton. Azioni penali dello stesso genere riuscirono a ridurre al silenzio il libraio radicale di Gloucester, Richard Phillips. Inoltre Pitt riuscì a far approvare il Treasonable Correspondence Bill del 1792, che dichiarava illegali le comunicazioni con la Francia, e i Gagging Bills del 1795, che rendevano illegali le riunioni pubbliche di più di cinquanta persone e irrigidivano le leggi sui discorsi sediziosi. Questi provvedimenti, insieme alla sospensione dell'"habeas corpus", costituirono la più grave limitazione delle libertà degli inglesi nel Diciottesimo secolo e in quanto tale sollevarono intensa opposizione, non solo fra gli artigiani radicali, ma anche in settori «costituzionali» delle classi medie e della "gentry".
Durante questo decennio vennero rinchiuse in carcere per ragioni politiche diverse centinaia di persone. Alcuni, come i membri della London Corresponding Society, erano militanti attivi, ma altri erano per lo più figure marginali che avevano espresso le proprie convinzioni ed erano state ascoltate da informatori o vicini vendicativi. Richard Brinsley Sheridan, membro radicale al parlamento, disse alla Camera dei Comuni che un commerciante ambulante di Manchester di nome Patterson aveva obiettato contro la legge per l'imposta sul reddito istituita da Pitt e, per protesta, aveva scritto i nomi di Pitt e Patterson sul proprio carro; quando gli era stato chiesto il perché del nome Pitt sul carro, aveva replicato: «Ah, anche se non partecipa alla mia attività ne condivide i profitti» (22). Per questo sconsiderato momento di leggerezza, egli venne imprigionato nella prigione di Coldbath Fields. La repressione di Pitt poteva essere spietata e insieme meschina.
Come ha tuttavia fatto notare Edward Thompson, essa poteva avere caratteristiche anche stranamente personali. Importanti oppositori politici erano interrogati dagli stessi ministri nelle camere dorate del Consiglio Privato a Whitehall. A volte si può rilevare anche un certo elemento di cameratismo di tipo militare nel modo con cui i ministri trattavano i propri oppositori. Quando John Binns della London Corresponding Society fu rinchiuso nel penitenziario di Gloucester, Henry Dundas, il ministro responsabile del suo arresto, si fermò alla prigione sul tragitto verso la sua proprietà, per scambiare con lui battute e pungenti canzonature politiche (23).
Sebbene i radicali fossero rinchiusi in prigioni di ogni tipo, nel loro caso vennero impiegati in particolare i nuovi penitenziari. La maggior parte delle persone condannate al King's Bench o quelle detenute con mandato emesso in base alle leggi di sospensione dell'"habeas corpus" furono inviate nei penitenziari di Dorchester, Gloucester o Coldbath Fields a Londra. Dal punto di vista del governo, i penitenziari offrivano parecchi vantaggi rispetto alle prigioni ordinarie. Con le loro celle, le procedure di sicurezza e le alte mura, essi erano ben equipaggiati per impedire la fuga o soccorsi dall'esterno. «Le sommosse per liberare detenuti» che la folla riteneva ingiustamente imprigionati erano parte integrante della tradizione popolare e l'esempio più recente erano stati i "Gordon Riots" del 1780 quando la folla aveva fatto irruzione nelle prigioni di Londra e liberato i rivoltosi arrestati (24). Simili «oltraggi» si potevano verificare con minor frequenza se i radicali erano rinchiusi nei penitenziari.
I penitenziari erano inoltre adatti a isolare i prigionieri politici dai delinquenti comuni. Sia il governo sia gli stessi radicali insistevano al proposito; il primo come salvaguardia contro la contaminazione politica dei delinquenti comuni, i secondi perché ritenevano fosse questo un privilegio dovuto ai prigionieri politici. Questi privilegi erano giustificati con l'argomentazione che i delitti politici erano fondamentalmente più equivoci e soggettivi di quelli comuni. L'eresia politica di un'epoca poteva divenire l'ortodossia di quella successiva. Inoltre la cortesia con cui un governo trattava un oppositore incarcerato era considerata una prova del suo rispetto per le libertà civili. Infine, benché non lo si affermasse esplicitamente, la maggior parte dei prigionieri politici del Diciottesimo secolo erano gentiluomini. Le argomentazioni sulle libertà civili si saldavano chiaramente ai sentimenti di classe nel rafforzare la pratica dell'isolamento dei prigionieri politici dai «ribaldi meno importanti». Così il più noto prigioniero politico del Diciottesimo secolo, John Wilkes, parlamentare radicale e idolo della folla londinese negli anni Sessanta, e lord George Gordon, promotore della sommossa del 1780 che porta il suo nome, furono rinchiusi in «appartamenti» speciali e ottennero libri, mobili, un guardaroba personale, una tavola lussuosa quanto si potevano permettere, le prestazioni di un servitore e il diritto di ricevere visite senza limitazioni (25).
Gli artigiani radicali che pretendevano questi privilegi negli anni Novanta erano però più pericolosi dei gentiluomini dissidenti del passato. I ministri si ritennero obbligati a concedere ai giacobini il privilegio dell'isolamento dai delinquenti comuni, ma non videro il motivo di concedere al ciabattino Thomas Hardy i «lussi» concessi a lord George Gordon. Essi esentarono la maggior parte dei giacobini dai lavori forzati e concessero loro una maggior quantità di cibo, libri e il diritto di ricevere più visite, ma insistettero perché fossero rinchiusi in celle individuali e tentarono di ridurre i contatti fra loro. Ciò spinse i giacobini a protestare dicendo che il «privilegio» di essere separati dai detenuti comuni si era trasformato in punizione. Essi si opponevano inoltre all'isolamento, considerandolo una violazione dei diritti dei prigionieri comuni in attesa di giudizio per imputazioni penali. In seguito elaborarono ulteriormente il loro pensiero al proposito, sostenendo che era una pena crudele e illegale anche per chi era già stato condannato.

3. La resistenza opposta al penitenziario da parte dei detenuti politici assunse varie forme. A Gloucester la solitudine ininterrotta e la severità della disciplina resero impossibili dimostrazioni collettive. Si verificarono tuttavia singoli atti di sfida. E' significativo l'episodio di Kyd Wake, uno stampatore di Gosport condannato a cinque anni di lavori forzati nel 1796 per aver fischiato e gridato dietro al re mentre questi si recava in carrozza dal palazzo di Saint James all'apertura di una sessione parlamentare. La moglie di Wake si stabilì a Gloucester per sostenere il marito e, per raccogliere denaro allo scopo di procurargli cibo supplementare, vendette un'incisione in cui compariva Wake prostrato nella sua cella e rivestito dell'uniforme mal fatta, blu e gialla, della prigione. Sotto l'incisione stava l'angosciata arringa di Wake contro l'isolamento rivolta ai cittadini di Gloucester:

«Cinque anni di carcere, anche in prigioni comuni, sono certamente una pena assai severa; ma se i giudici o le giurie riflettessero solo una volta sugli orrori dell'isolamento in base alla disciplina dei penitenziari! Se lasciassero che la loro mente si soffermasse un poco sul significato di essere rinchiusi, inverno dopo inverno, per sedici ore su ventiquattro, in una piccola cella di mattoni, senza compagnia, senza fuoco, senza luce, senza lavoro e quasi senza vedere un volto a parte quello di delinquenti e guardiani. Nessun amico con cui conversare quando si sta bene e con cui consultarsi e lamentarsi quando si è indisposti! Soprattutto, essere sottoposti a mille insulti e vessazioni, quasi impossibili da descrivere e quindi difficilmente rimediabili, ma dai quali può derivare, e sovente deriva, un tormento continuo. Se solo considerassero quale irreparabile sventura sia l'aver sprecato così tediosamente una parte considerevole della vita, essi sarebbero certamente più restii a condannare qualcuno, per un lungo periodo, a tale infelicità. E' una calamità che va oltre qualsiasi possibilità di descrizione, più facilmente concepibile che spiegabile» (26).

Wake fu in carcere nello stesso periodo in cui vi erano rinchiusi John Binns, John Bone e Robert Keir della London Corresponding Society, ma la severità della disciplina impedì loro di stringere rapporti che non fossero clandestini. I tre membri della London Corresponding Society erano rinchiusi in celle separate, ma potevano ritrovarsi in una sala comune durante il giorno e nel cortile per fare esercizio. La loro solidarietà non era perfetta. I tre si trovarono in disaccordo quando Binns fu invitato a cenare con il direttore del carcere e la sua famiglia. Gli altri due, Bone e Keir, si ingelosirono per i privilegi di Binns e si lamentarono con i magistrati. Quando Binns scoprì che i suoi compagni si erano lagnati di lui dietro le sue spalle, li assalì, prendendoli a pugni alla prima occasione nel cortile della prigione. I guardiani li separarono e li ricondussero in cella. Essi persero il privilegio di riunirsi e non si rividero più fino al giorno del loro rilascio. Tutti e tre tuttavia continuarono a inviare petizioni al Segretario di Stato chiedendo di essere sottoposti a processo e protestando contro l'isolamento. Il governo non rispose alle loro richieste e li liberò solo nel 1801 (27).
A Gloucester i prigionieri politici rifuggivano da ogni contatto con i detenuti comuni, al contrario di quanto faceva Gilbert Wakefield nel penitenziario di Dorchester. Wakefield era stato uno studioso dei classici e aveva tenuto conferenze all'Accademia dissidente di Hackney (28), centro del radicalismo nonconformista fino al 1796, anno in cui un banchetto tenutovi in onore di Tom Paine la rese così nota quale focolaio di giacobini che essa fu costretta a chiudere. Al pari dell'amico John Priestley, Wakefield era uno dei vecchi radicali nonconformisti che mantennero salde le proprie convinzioni durante i difficili anni Novanta. Pur non appartenendo alla London Corresponding Society, Wakefield faceva visita ai membri della Society prigionieri a Newgate. Di tanto in tanto abbandonava i propri studi classici per stendere ardenti libelli contro la guerra con la Francia e la repressione in patria. Il governo, che per oltre un anno aveva preso in considerazione la possibilità di metterlo in stato d'accusa, lo perseguì infine per un libello in cui egli aveva scritto che le sventure del popolo inglese erano tali che esso non aveva nulla da perdere da un'invasione francese. Riconosciuto colpevole di aver scritto un'opera sediziosa, fu condannato nel 1799 a due anni da trascorrere nel penitenziario di Dorchester. Dorchester era stato progettato dall'architetto preferito di Howard, William Blackburn, ed era gestito secondo il modello disciplinare in funzione a Gloucester da William Morton Pitt, parente del primo ministro e magistrato con fama di filantropo. Pitt dirigeva la prigione come fosse una fabbrica. Ai prigionieri si davano pane e acqua, mentre carne e verdura erano acquistate con i salari guadagnati lavorando nella manifattura di cappelli del carcere.
Con fondi raccolti fra l'opposizione whig, Wakefield riuscì ad ottenere l'esenzione dai peggiori aspetti della detenzione. Pagando cento sterline l'anno, egli alloggiava negli appartamenti del carceriere e mangiava alla sua tavola. La sottoscrizione gli permise inoltre di far spostare la propria famiglia a Dorchester perché gli fosse vicina durante il periodo di detenzione.
Nelle sue stanze egli continuò gli studi classici e mantenne una corrispondenza con il capo dell'opposizione, Charles James Fox. Nello stesso tempo si interessò alle condizioni dei detenuti comuni. Scriveva petizioni di clemenza per gli analfabeti, pagava creditori e procurava il rilascio per i debitori indigenti, acquistava e distribuiva patate, sgombri e pane per gli affamati. In cambio alcuni prigionieri, dopo il suo rilascio, gli inviarono piccoli doni consistenti in pesce o «altre inezie» a dimostrazione della propria gratitudine.
Nelle lettere che scriveva agli amici whig, Wakefield denunciava il regime carcerario. «Mi meraviglio» scrisse «che esseri umani possano sostenere l'isolamento senza turbamenti, malinconie e disperazione». Durante i mesi invernali, egli faceva notare, i prigionieri erano tenuti nelle celle fino a sedici ore al giorno. «Di certo un simile annientamento della vita attiva è terribilmente crudele» (29).
Come era accaduto a Gloucester, l'edificio del penitenziario di Dorchester aveva reso possibile un'applicazione più rigorosa delle leggi contro i delitti minori. Wakefield espresse dubbi sulla giustizia di imprigionare coloro che «erano costretti da indigenza e fame a soddisfare i propri bisogni o le necessità irresistibili di mogli e figli». Era giusto, si chiedeva, che chi «godeva di tutti i conforti e le ricchezze della vita», condannasse i poveri «a un isolamento freddo e triste dal mondo?». In un periodo in cui il prezzo del pane era salito oltre le possibilità di tutti se non dei ricchi, perseguire la delinquenza minore rappresentava uno scherno alla reputazione di misericordia della giustizia (30).
Rilasciato nel maggio del 1801, Wakefield non fece subito ritorno a Londra, ma restò a Dorchester con l'intento di sollevare la questione della disciplina nei penitenziari presso la magistratura del Dorset. Egli lanciò diverse accuse di negligenza e crudeltà contro il direttore, ma non riuscì a provarle perché i prigionieri non erano disposti a sostenere le sue asserzioni per timore di rappresaglie. Wakefield fece ritorno a Londra, dove morì sei mesi dopo di tifo all'età di quarantasei anni.

4. I primi prigionieri politici che riuscirono a lanciare una campagna popolare contro l'isolamento furono alcuni membri della London Corresponding Society e gli ammutinati di Nore, rinchiusi nella casa di correzione di Coldbath Fields a Londra nel 1798. Ventidue marinai furono condannati alla fine del 1797 per la parte avuta in alcuni ammutinamenti di protesta per le paghe ricevute e le condizioni di vita a bordo delle navi ancorate a Nore alle foci del Tamigi e vennero rinchiusi in un settore del carcere, divisi dai delinquenti comuni. Ad essi si aggiunsero, nell'aprile dell'anno successivo, sedici uomini arrestati in una birreria di Londra nel corso di un'importante incursione contro la London Corresponding Society. Subito dopo, vennero portati a Coldbath Fields e rinchiusi con i loro amici di Londra sei membri della diramazione di Manchester della Society. Insieme ai membri della società londinese era stato arrestato anche il colonnello Despard, un ufficiale dell'esercito di origine angloirlandese, che, maltrattato in servizio, aveva complottato con un'ala militante della London Corresponding Society e gli United Irishmen per provocare sollevazioni in Irlanda e in Inghilterra in previsione di un'invasione francese (31).
La prigione di Coldbath Fields, in cui erano rinchiusi, era stata costruita nel 1794 su progetto di Blackburn e il regime disciplinare applicatovi seguiva il modello del penitenziario di Gloucester. Fin dai primi tempi ebbe fama di un luogo in cui si praticavano abusi e crudeltà. Nel primo sermone rivolto ai detenuti, il reverendo Samuel Glasse fece allusione ad attacchi contro la disciplina del carcere da parte della stampa radicale (32). In risposta a questi «pregiudizi» di «individui spregevoli», Glasse fece del suo meglio per convincere i prigionieri dei titoli positivi di Coldbath Fields. Il carcere era stato costruito, fece notare, secondo i principi di «quei grandi esempi di bontà e umanità, Howard e Hanway». ll reverendo concluse il sermone con un'esortazione all'obbedienza e al pentimento:

«Lasciate che vi raccomandi un comportamento umile, pacifico e quieto, adatto alla natura della vostra condizione e tale da attirarvi il favore di chi vi è superiore; la resistenza a questa autorità sotto la quale siete posti sarebbe altrettanto imprudente quanto il comportamento che vi ha condotti alla vostra miserevole situazione. Soprattutto, lasciate che vi esorti ad innalzare frequentemente il vostro cuore a Dio contro il quale avete vissuto in disobbedienza e ribellione e a implorare quelle grazie di sopportazione e docilità che la vostra situazione in modo particolare richiede» (33).

La reazione dei prigionieri a prediche del genere non è stata tramandata; sappiamo che, almeno fino al 1798, essi stettero tranquilli, se non docili e pentiti.
Per applicare la nuova disciplina, i magistrati del Middlesex tentarono di reclutare un ex ufficiale dell'esercito, ma poiché questi scarseggiavano in tempo di guerra, scelsero un ex fornaio di nome Thomas Aris. In base a tutte le testimonianze, egli si dimostrò un amministratore corrotto, violento e indolente. I magistrati nondimeno gli lasciarono briglia sciolta e, a giudicare dai registri del comitato carcerario, le loro ispezioni furono occasionali e superficiali.
Non essendo controllato da alcuno, Aris introdusse nuovamente forme di estorsione che i riformatori avevano voluto abolire. Si faceva pagare per i letti e pretendeva denaro dai visitatori. Ridusse inoltre la dieta della prigione, lasciando che i prigionieri vivessero di pane e acqua. Chi aveva amici poteva ottenere cibo dall'esterno, ma chi ne era privo o non aveva soldi moriva semplicemente di fame. La prigione divenne ben presto sovraffollata e nel 1797 l'isolamento fu abbandonato, eccetto che per i «politici» e i delinquenti più pericolosi. I criminali minori e le persone in attesa di giudizio dormivano due per letto in celle di 2,50 per 1,80. Poiché Aris ignorava le norme igieniche, al sovraffollamento fecero ben presto seguito le malattie. In una petizione inviata ai giudici, i detenuti si lamentarono del freddo, dell'umidità, del «brulichio di topi che correvano nelle celle» e delle razioni insufficienti (34).
Il crollo della disciplina a Coldbath Fields fu probabilmente molto rapido a causa della venalità di Aris, ma non era certo atipico. Nel 1806, ad esempio, il regime di lavori forzati era stato abbandonato nella nuova casa di correzione di Wymondham nel Norfolk e ai prigionieri si permetteva di restare «in uno stato di torpore e di pigrizia» (35). A Dorchester venne chiusa la manifattura di cappelli. Nella nuova casa di correzione in Cornovaglia, James Neild trovò maiali e galline di proprietà del carceriere che razzolavano liberamente nei cortili. Anche a Gloucester, come si è visto, il sovraffollamento aveva costretto a rinunziare alle regole del penitenziario.
Il deterioramento della disciplina carceraria stava a indicare che la rivoluzione istituzionale degli anni Novanta non era in grado di sostenersi con le proprie forze. Howard e Paul furono in anticipo sui tempi soprattutto perché non poterono trovare personale fidato che attuasse la loro visione. Inevitabilmente perciò in istituzioni apparentemente «moderne» e razionali riemersero forme tradizionali di corruzione.
Questo fenomeno si verificò in particolare a Coldbath Fields, tuttavia lo stato del carcere non divenne oggetto di pubblico dibattito finché gli ammutinati e i membri della London Corresponding Society non vi furono rinchiusi nel 1798. Questi ultimi in particolare vi giunsero già pronti ad opporsi all'isolamento. Nel gennaio 1797 era comparso un articolo al proposito nella pubblicazione della società, il «Moral and Political Magazine» (36), in cui si riprendevano le critiche di William Godwin contro «il progetto di Mister Howard», espresse in "Political Justice". In esso si descriveva l'isolamento come «un ingegnoso strumento di tortura intellettuale» e «un modo di distruggere il corpo attraverso le agonie della mente»; Vi si sosteneva che la solitudine non avrebbe mai migliorato i delinquenti. «Criminali incalliti» si sarebbero invece «rotolati nel lusso della vendetta» mentre prigionieri veramente pentiti sarebbero stati portati alla pazzia dalle torture procurate dai sensi di colpa. «Il rimorso è per la mente quello che il cavalletto è per il corpo».
L'articolo sosteneva che la rieducazione era un processo sociale. La «consolazione e la simpatia» del mondo esterno erano necessarie a mantenere vivi nel delinquente il senso di vergogna e la capacità di reintegrarsi. Spezzando i legami con la società, l'isolamento finiva semplicemente per aumentare il grado di alienazione del criminale. Il periodico ritornò sul tema in un numero successivo, attaccando l'uso dell'isolamento per «delinquenti minori e di scarsa importanza», come i vagabondi. Il «Law Dictionary», una delle rubriche ricorrenti del periodico, aveva dato il via alla questione dell'isolamento dei detenuti politici definendo i penitenziari «ricettacoli per persone che scrivono o dicono verità spiacevoli». Così, quando le porte di Coldbath Fields si rinchiusero dietro i membri della London Corresponding Society nell'aprile 1798, essi sapevano cosa aspettarsi. Ancor prima che vi fossero condotti, tuttavia, era cominciata l'agitazione fra gli ammutinati del Nore contro la gestione di Aris. Essi avevano bersagliato il direttore, i magistrati del Middlesex, l'ammiragliato e il ministro degli Interni, lord Portland, con petizioni in cui denunciavano l'isolamento e la dieta che sembra consistesse principalmente di carne di gatto. Dopo una sommossa nella cappella, avvenuta nell'aprile del 1798, un gruppo di ammutinati scalò le mura e riuscì a fuggire, mentre gli altri erano incatenati nelle celle. Per un certo tempo ulteriori proteste vennero soffocate (37). L'arrivo del colonnello Despard e dei membri della London Corresponding Society provocò una nuova serie di agitazioni. La moglie di Despard inviò numerose petizioni al duca di Portland chiedendo che il marito fosse tolto dall'isolamento e, non ottenendo risultati, rilasciò il testo delle petizioni alla stampa d'opposizione. Le petizioni dei membri della London Corresponding Society lamentavano che Aris li teneva incatenati nelle celle, estorceva denaro in cambio di cibo e per il «privilegio» di un materasso e li puniva al minimo pretesto. Egli aveva ordinato che uno di loro fosse mandato nelle celle sotterranee per cinque settimane per aver dipinto sul muro della propria cella una vignetta in cui era ritratto il primo ministro Pitt decapitato e steso sotto una ghigliottina. La vignetta recava la scritta: «Questo è il rimedio per il male del re». Tali forme di sfida fanno pensare che i membri della società non fossero stati spezzati dall'isolamento (38).
Dato che le petizioni a Portland e ai magistrati del Middlesex non avevano sortito alcun effetto, i membri della società decisero di prendere contatto con Sir Francis Burdett e con i parlamentari whig, una decisione ovvia dato che questi avevano votato contro l'approvazione delle misure repressive volute da Pitt. Nel corso del dibattito sulla legge di sospensione dell'"habeas corpus" nel 1794, Charles James Fox e Richard Brinsley Sheridan avevano denunciato il provvedimento perché tendeva a conferire a Pitt «un potere assoluto sulla libertà personale di ogni individuo nel regno» (39); quando il governo si servì dei mandati per rinchiudere i dissidenti nei penitenziari, Fox e Sheridan lo accusarono di agire non meno dispoticamente di Luigi Sedicesimo quando le "lettres de cachet" servivano per mandare alla Bastiglia chi non gli piaceva. Il nesso stabilito fra la Bastiglia e i penitenziari era particolarmente efficace poiché il governo amava porre a confronto le tradizioni liberali del costituzionalismo inglese con la tirannia della Francia sia monarchica sia giacobina. L'ironia della sorte aveva fatto in modo che i whig degli anni Novanta denunciassero i penitenziari quali strumenti della tirannia governativa, dopo che i whig del decennio precedente li avevano difesi. Ora le proteste dei prigionieri politici rivelavano i lati negativi del filantropismo di Howard.
C'è il tono di un doloroso risveglio nella nuova valutazione del programma di Howard da parte dei whig. In un dibattito alla Camera dei Comuni sull'isolamento, avvenuto nel 1800, ad esempio, un membro del gruppo di Fox disse che «il defunto Mister Howard era stato uno degli uomini più degni che mai fossero esistiti», ma ammise che «se anche fosse stato uno dei peggiori, non avrebbe potuto escogitare una punizione più crudele e malvagia». L'isolamento comportava un grado di tortura mentale che la rendeva «incompatibile con la costituzione del paese» (40). Samuel Romilly, pur non giungendo a tanto, si unì anch'egli al gruppo whig di Fox nell'opporsi all isolamento dei detenuti in attesa di giudizio, pur continuando a sostenerne l'efficacia, in condizioni scrupolosamente regolamentate, nel caso di prigionieri condannati per delitti gravi. «Whig di vecchio stampo», come G. O. Paul, restarono difensori inflessibili dell'isolamento e si trovarono ai ferri corti con la fazione di Fox in parlamento. In tal modo la repressione degli anni Novanta produsse una divisione fra l'ala moderata e quella radicale della classe media riformista. Nonostante Fox e i whig fossero d'accordo nel raccogliere le loro lagnanze, i membri della London Corresponding Society continuavano a guardarli con sospetto. Prima del proprio arresto avevano già messo in guardia gli altri membri della società contro la cooperazione con i whig sul tema delle libertà civili perché ciò li avrebbe indotti a dimenticare le divergenze di fondo. La società di Londra, ad esempio, aveva dato le seguenti istruzioni al delegato inviato a un incontro con la sezione di Birmingham:

«Dato che i whig hanno incitato il popolo ad unirsi per l'abrogazione delle nuove leggi sul tradimento e la sedizione senza fare alcuna dichiarazione esplicita dei propri principi, vi raccomandiamo di mettere in guardia la Società che visitate contro qualsiasi tentativo di allontanare i loro pensieri dal nostro obiettivo finale per seguire considerazioni temporanee e secondarie» (41).

I whig da parte loro si preoccuparono di mantenere le distanze dall'ideologia degli artigiani giacobini, anche se si sentirono obbligati a sostenerli contro la repressione di Pitt. Un'alleanza basata su simili «considerazioni temporanee e secondarie» non poteva che essere fragile, ma durò abbastanza per consentire di lanciare una vigorosa campagna contro il carcere di Coldbath Fields.
I membri della London Corresponding Society che si trovavano in prigione aprirono la campagna nel dicembre 1798 con una lettera a Sir Francis Burdett in cui lo pregavano di investigare sul caso di un vagabondo che era morto di recente. La lettera era accompagnata da una petizione al coroner del Middlesex in cui si protestava contro il verdetto emesso dalla commissione medica in base al quale il vagabondo sarebbe morto per «visita di Dio». Tale verdetto, dichiaravano, avrebbe invece dovuto essere di assassinio per negligenza:

«La giuria era stata informata, signore, che questo uomo era appena vestito? Indagò sulla quantità di cibo datagli, sapeva che era stato messo in una cella fredda e umida durante un periodo di gelo particolarmente intenso senza fuoco o altro che gli impedisse di morire? Sentì dire che si era lamentato trentasei ore prima della morte che le gambe gli si sarebbero incancrenite se fosse stato lasciato in quelle condizioni? Fece qualche indagine sul tipo di assistenza medica ricevuta, una volta sentiti i suoi lamenti? Si fece qualche indagine fra i prigionieri che gli stavano vicini sulla circostanza della sua morte e la giuria sapeva che non era un criminale?» (42).

Essi dichiaravano di accettare il principio per cui una prigione non doveva «essere un luogo di agi e di comodità per delinquenti», ma affermavano che non doveva essere altro che un luogo in cui rinchiudere i vagabondi in attesa che fossero riconsegnati alla propria parrocchia, caso questo del morto:

«Quando i nostri statuti umani presero provvedimenti per la consegna dei poveri alle loro parrocchie non intesero mai che le loro vite dovessero essere trattate come quelle dei più indegni criminali su cui si specula per calcolare in quale misura possano sopportare la fame!! In quale grado possano sostenere il freddo!!».

Ricevuta la petizione, Burdett si recò a visitare la prigione, finché il duca di Portland lo allontanò con la scusa che stava incitando i detenuti alla rivolta (43). Burdett confermò le accuse della London Corresponding Society a proposito del vagabondo e la fondatezza delle loro lagnanze sul cibo, il freddo nelle celle e la solitudine ininterrotta. Fornito di testimonianze di prima mano, Burdett richiese la costituzione di una commissione d'inchiesta indipendente. Nel corso del dibattito alla Camera dei Comuni sulla sua mozione, lo schieramento delle forze che sostennero l'amministrazione del carcere rivelò che, sebbene alcuni riformatori come Romilly continuassero ad essere favorevoli ai penitenziari, la difesa più forte proveniva dalla reazione antigiacobina.
Alla testa dei difensori dei penitenziari stava l'evangelico William Wilberforce. Servendosi di resoconti fornitigli dall'amico del tribunale del Middlesex, il reverendo Samuel Glasse, egli contestò l'accusa che i prigionieri fossero stati lasciati morire di fame e giunse a dire che alcuni ricevevano arrosto e budino di prugne per cena (44). In verità, sosteneva, il penitenziario era un monumento allo spirito caritatevole di John Howard.
Il discorso di Wilberforce irritò i membri della London Corresponding Society e gli ammutinati. In una lettera a Burdett, uno di questi ultimi scrisse: «Quanto è facile per gente che non sa nulla di questo posto pensare che sia uno dei migliori luoghi di riforma nel paese». Un altro ammutinato parlò del carcere come di una «prigione che vanta la propria benevolenza ma che in realtà è gestita da un sistema di crudeltà organizzata» (45).
Ai membri della London Corresponding Society la difesa del carcere da parte di Wilberforce dovette sembrare un'amara ironia poiché essi avevano un tempo guardato agli evangelici come a possibili alleati. Una delle prime azioni di Thomas Hardy come segretario della società nel 1792 era stata quella di scrivere una lettera a Jacob Bryant, un dirigente evangelico nella campagna per l'abolizione del commercio degli schiavi, chiedendone l'appoggio:

«Udendo che siete un sostenitore zelante dell'abolizione di quel traffico maledetto, il commercio degli schiavi, desumo da questa circostanza che siate anche un sostenitore zelante della libertà basata sui diritti dell'uomo. Sono del tutto convinto che non vi sia alcuno che, difendendo per principio la libertà dell'uomo nero, non difenderà con altrettanto zelo i diritti dell'uomo bianco, e viceversa» (46).

Ma Hardy non avrebbe potuto fare un errore maggiore. Jacob Bryant, al quale Hardy aveva scritto pieno di speranza, si rivelò nel 1794 l'autore di uno di quella serie di libelli «lealisti» che attaccavano "Rights of Man" di Paine (47).
Nel febbraio 1799 la Camera dei Comuni accettò la richiesta di Burdett e nominò un comitato di inchiesta sulle condizioni di Coldbath Fields, insistendo però perché Wilberforce ne facesse parte. Nell'aprile dello stesso anno il comitato stese un rapporto in cui lodava «l'accurata vigilanza e attenzione» esercitate dai magistrati del Middlesex (48); pur ammettendo che Aris aveva aggredito alcuni prigionieri e estorto loro denaro, il comitato non vedeva motivi per licenziarlo. Burdett denunciò il rapporto definendolo un'opera di imbiancatura, ma non riuscì a ottenere l'appoggio necessario per la nomina di una commissione d'inchiesta indipendente; per il resto dell'anno la questione fu così trascurata.

5. Nel maggio 1800 riprese la controversia su Coldbath Fields, ma l'indignazione dell'opinione pubblica non venne più sollevata dal trattamento dei prigionieri politici bensì dal caso di Mary Rich, figlia quattordicenne di un operaio che denunciò di essere stata violentata da un legale. Per quanto possa sembrare sorprendente, accadeva regolarmente che una persona indigente che sosteneva un'accusa fosse messa in carcere quale testimone dell'accusa e si lasciasse invece libero su cauzione chi era citato in giudizio. Ciò era avvenuto nel caso di Mary Rich, rinchiusa a Coldbath Fields per oltre un mese, mentre il suo assalitore ebbe il permesso di lasciare una cauzione.
Quando il caso giunse dinnanzi alla giuria, Mary Rich mostrò segni di inedia e svenne sul banco dei testimoni. La giuria ispezionò immediatamente la prigione e scoprì che testimoni come lei erano tenuti in isolamento a pane e acqua in attesa che le loro cause fossero discusse. Sir Francis Burdett si procurò una copia del rapporto della giuria e chiese un'altra commissione d'inchiesta. William Mainwairing, presidente dei giudici del Middlesex e parlamentare per la stesa contea, replicò alle accuse di crudeltà di Burdett dichiarando che Mary Rich era un'indegna prostituta. Essa era stata scoperta «con diversi ragazzi sulle scale in atteggiamento irriferibile e aveva ricevuto da loro mezzo pence». Per quanto riguardava l'accusa secondo la quale sarebbe stata lasciata morire di fame, Mainwairing rispose che era nutrita meglio in carcere che a casa sua:

«Quando era a casa, viveva in estrema indigenza; aveva cinque fratelli, la madre fabbricava bottoni per soldati a un penny la dozzina, il padre guadagnava circa dodici scellini la settimana ed essi in genere acquistavano quattro o cinque libbre di carne per nutrire la famiglia. Queste ed altre circostanze fornirono gli elementi al rapporto dei magistrati che espressero l'opinione che Mary Rich era trattata meglio e viveva con maggior conforto in carcere di quanto mai fosse vissuta quando era con i genitori» (49).

Richard Brinsley Sheridan gli rispose duramente che «era uno strano modo di ragionare, sostenere che, in quanto i suoi genitori erano poveri, la miserevole, scarsa dieta della prigione era un cibo eccellente».
Il pubblico apprese del caso di Mary Rich nel luglio 1800, grazie a un libello anonimo intitolato "An Impartial Statement of the Inhuman Cruelties Discovered in the Coldbath Fields Prison". L'ira popolare crebbe nel mese di agosto dopo che uno degli ammutinati fu rilasciato in condizioni di tale deperimento da morire un mese più tardi (50). Il 13 agosto, all'ora di chiusura serale delle celle, i detenuti di Coldbath Fields si riunirono, «mormorando fra loro», e le guardie dovettero costringerli a rientrare in cella. La mattina dopo essi si riunirono in piccoli gruppi nel cortile dove prendevano aria, mostrando che stavano progettando una sommossa. Alla chiusura delle celle, la sera del giorno 14, rifiutarono di entrarvi e i guardiani li dovettero forzare con le armi. Una volta dentro, cominciarono a gridare dalle finestre: «Assassinio! Morte per fame! Febbre! Ci lasciano morire di fame!». Iniziarono a cantare e a battere sulle porte delle celle e sul legno dei letti. Il rumore attirò una folla di circa 5000 persone dal quartiere operaio di Clerkenwell, che si raccolse attorno alle mura, urlando incoraggiamenti ai prigionieri che presero a gridare alla gente di abbattere le mura della prigione. Ben presto dalla folla si levarono canti di «Abbattete la Bastiglia». Aris si precipitò fuori dal carcere da un'uscita laterale e si recò all'ufficio di polizia di Hatton Garden per chiedervi aiuto. Giunse un contingente di Bow Street Runners, cui si aggiunse un gruppo di proprietari locali riunitosi affrettatamente, i Clerkenwell Volunteers. Insieme essi cominciarono a disperdere la folla con l'aiuto di un cannone posto di fronte al portone del carcere. Dopo circa quattro ore la gente si allontanò e i prigionieri si calmarono. Nessuno dei venti capi della rivolta, condotti incatenati nelle celle sotterranee per punizione, era un prigioniero politico. Fu forse questo l'aspetto più significativo dell'episodio. La maggior parte degli ammutinati era già stata rilasciata e grazie a un astuto intervento, come riferisce «The Morning Chronicle», vennero presi da una squadra di arruolatori mentre percorrevano Tower Hill il primo giorno di libertà e mandati nuovamente in mare. Essi non erano quindi fra la folla davanti alla prigione (51). Neppure i membri della London Corresponding Society vengono nominati nei resoconti ufficiali dell'agitazione; pare che essi rimanessero nelle loro celle e che la rivolta fosse un tentativo dei detenuti comuni di unirsi all'agitazione contro il carcere avviata dai giacobini.
La sommossa ebbe tuttavia un effetto immediato: entro un mese, la commissione indipendente d'inchiesta, che Burdett aveva richiesto per due anni, venne costituita. I suoi membri più importanti erano William Morton Pitt di Dorchester e G. O. Paul di Gloucester. Come ci si poteva attendere, essi difesero il sistema carcerario basato sui penitenziari e la gestione di Coldbath Fields ad opera dei magistrati del Middlesex, anche se si arrischiarono in qualche blando rimprovero. Condannarono la reclusione di persone in attesa di giudizio o di persone, come Mary Rich, in attesa di testimoniare; confermarono inoltre che la prigione era pericolosamente sovraffollata, sporca e mal ventilata; pur ammettendo che Aris aveva lasciato che il regime d'isolamento si deteriorasse, non ne raccomandarono però il licenziamento (52).
Dopo il rapporto della commissione, Burdett si rassegnò ad attendere una migliore occasione e durante il 1801 non sollevò più il problema. Nel luglio dell'anno successivo decise di riprendere la campagna contro Coldbath Fields, contendendo il seggio parlamentare del Middlesex al suo attuale detentore e principale difensore del carcere, William Mainwairing, presidente dei magistrati della contea.
Con stile beffardo, il «Times» delineò correttamente gli schieramenti sociali, descrivendo l'elezione come una contesa fra «la gente rispettabile», rappresentata da Mainwairing e a i rifiuti di Saint Giles e Wapping», rappresentati da Burdett (53). Burdett proclamò fin dall'inizio a chiare lettere che un voto per Mainwairing significava «un voto per il nuovo e scandaloso sistema carcerario» e per i magistrati «stipendiati» creati dalla legislazione del 1792. Burdett unì riforma carceraria e riforma di polizia, descrivendole come minacce alla «buona vecchia costituzione d'Inghilterra» (54). Riuscì inoltre a fare di Coldbath Fields il simbolo della repressione degli anni Novanta. La folla londinese rispose al suo slogan «Burdett e niente Bastiglia» con la più disordinata dimostrazione di sostegno dai giorni di John Wilkes.
La campagna elettorale mantenne la Londra rispettabile in sospeso per settimane. Come ammetteva il «Times», non vi era un solo «conducente di somari della Kent Street» o «garzone d'osteria di Drury Lane» che non portasse i colori di Burdett (55). Gli agenti di Burdett sfruttarono il sentimento popolare contrario alla prigione, servendosi di tutte le tecniche elettorali disponibili prima della riforma del 1832. In aggiunta alle sfilate e agli stendardi, vi erano quadri viventi che ritraevano un uomo abbigliato da marinaio, ovvio riferimento agli ammutinati, frustato da un sinistro figuro, simile a Aris, con un gatto a nove code. Ogni giorno si riunivano davanti alle tribune elettorali folle enormi a lamentarsi o a fischiare contro i sostenitori di Mainwairing, alcuni dei quali furono costretti a travestirsi con i colori di Burdett per poter arrivare indisturbati ai seggi. Lo stesso Mainwairing rinunciò a parlare dalle tribune dopo il primo giorno perché la folla soffocava completamente i suoi discorsi. Quando la sua carrozza fece ritorno a Londra da Brentford, il primo giorno, alcuni «ribaldi» che sostavano sul Kew Bridge la fecero segno del lancio di spazzatura.
Mainwairing era incapace di ottenere un simile appoggio pubblico, ma accettò la sfida propostagli da Burdett di trasformare l'elezione in un referendum sulla repressione durante gli anni del governo Pitt. La linea politica di Mainwairing era quella dell'organizzazione che difendeva la repressione nel modo più schietto, la Society for Preserving Liberty and Property Against Republicans and Levellers. La sua principale attività consisteva nella distribuzione di libelli a poco prezzo per controbattere la propaganda giacobina. Uno di questi pubblicava un discorso dello stesso Mainwairing il quale si scagliava contro le dottrine visionarie dei giacobini sull'eguaglianza sociale, condannando gli sforzi di «persone dalle cattive intenzioni» per «alienare la mente del popolo dal dovuto rispetto alle leggi e alla nostra felice costituzione». Egli lodava l'eguaglianza davanti alla legge garantita dalla costituzione e derideva la chimera giacobina di un'eguaglianza economica:
«In questo paese la legge non rispetta nessuno. Nei nostri tribunali tutti sono eguali; di estrazione alta e bassa, ricchi e poveri, tutti sono parimenti sotto la protezione delle nostre leggi. Questa è la felice eguaglianza cui ognuno ha diritto e di cui ognuno gode in questo paese ed è la sola eguaglianza adatta a qualsiasi forma di governo, ad ogni sistema sociale. Un'eguaglianza come quella che si vuole ora inculcare nella mente del popolo ad opera di persone astute e intriganti è, nella natura delle cose, impossibile» (56).
Mainwairing non era il solo uomo politico e propagandista tory a vantare i vantaggi della costituzione britannica. Hannah More, dotata di una maggior abilità oratoria e di una maggior capacità di raggiungere il pubblico di quanta ne avesse Mainwairing, pose le proprie doti al servizio della società per immunizzare i poveri contro il bacillo del giacobinismo. Il suo opuscolo più noto, "Village Politics", era un lungo dialogo fra due contadini sulle virtù della tradizione legale inglese:

«Tom: Perché i nostri governanti mettono tanti di noi povera gente in prigione contro il nostro volere? A cosa servono le carceri? Abbasso le carceri, dico io. Tutti gli uomini dovrebbero essere liberi. Jack: Ascolta, Tom, pochi ribaldi in prigione tengono tranquilli gli altri e poi gli uomini onesti possono dedicarsi ai loro affari senza timore di nessuno; questo è il modo di essere liberi. E lascia che ti dica, Tom, che tu ed io siamo giudicati da nostri pari come un qualunque lord. Perché il re non può mandarmi in prigione se non faccio nulla di male e se lo faccio, vi è un buon motivo perché ci vada. Posso avere una causa con Sir John nel grande castello laggiù ed egli non oserebbe alzare il suo mignolo contro di me, come se io fossi un suo pari. Un lord viene impiccato per delitti capitali al pari di te o di me; e se la cosa ti può confortare, ricordo io stesso che un pari del regno fu impiccato per aver ucciso un suo servitore, proprio come il servitore lo sarebbe stato se avesse ucciso lui» (57).

La More faceva riferimento all'esecuzione del conte Ferrers nel 1760 per l'assassinio del proprio intendente e questa prova di imparzialità da parte della giustizia inglese venne più volte ricordata ai poveri durante gli anni Novanta.
Considerata l'estensione dello scontento popolare in quel decennio, non sorprende la quantità di sforzi fatti per convincere i poveri che la legge era imparziale. Il governo era particolarmente vulnerabile alle accuse di chi sosteneva che esso aveva violato i diritti degli inglesi nati liberi. Questo attacco «costituzionalista» faceva presa soprattutto fra le classi medie, come testimonia l'imperturbabile scetticismo delle giurie del Middlesex nei confronti delle accuse sostenute dai rappresentanti del governo nei processi politici. La repressione in altri termini rivelò il dilemma caratteristico di ogni governo di classe in tempi di crisi. Sospendendo le normali libertà civili con l'intento di distruggere i giacobini, il governo correva il rischio di erodere il rispetto popolare per la legge. I discorsi di Mainwairing e i libelli della More rappresentavano perciò un tentativo di dare una patina di legittimità a un sistema legale che poteva facilmente essere considerato solo uno strumento di oppressione classista.
La campagna elettorale del Middlesex rappresentò il culmine di questa battaglia ideologica sulla legge. Il principale propagandista di Mainwairing, John Bowles dichiarava che la campagna di Burdett contro Coldbath Fields era un tentativo giacobino di screditare l'intero sistema legale agli occhi dei poveri:

«Infatti quando si insegna al popolo a considerare i magistrati con disprezzo o odio e a considerare ogni prigione una Bastiglia, attribuendo a questo termine un significato indefinito di durezza e tirannia, si deve temere fortemente che la loro indignazione possa in seguito volgersi contro le leggi del paese; allora lo stato della nazione, la prosperità della quale è così strettamente connessa al rispetto dovuto alle sue leggi e alle sue istituzioni legali, sarebbe davvero miserevole» (58).

Egli metteva in guardia gli elettori del Middlesex contro il vero scopo di Burdett che voleva incitare la folla a «distruggere quella prigione e a fare della sua distruzione un preludio al rovesciamento della monarchia britannica». I sostenitori di Mainwairing approfittarono di una piccola sommossa a Coldbath Fields nel mezzo delle votazioni per provare che Burdett stava incitando sia la folla sia i prigionieri. Alla chiusura delle celle, il 17 luglio, un gruppo di otto detenuti si mise a gridare: «Assassinio! Assassinio sanguinoso! Ci fanno morire di fame!». Il grido venne subito ripreso dagli altri prigionieri e il clamore attirò una gran folla al di fuori della prigione. Un magistrato di polizia accorso sul posto fece invano appello ai detenuti perché si calmassero. Particolarmente incontrollabili erano le prigioniere, al punto che parecchie di loro dovettero essere imbavagliate, incatenate e trascinate nelle celle sotterranee (59). La sommossa era meno seria di quella di due anni prima; quando i prigionieri furono ridotti alla ragione, la folla si disperse pacificamente. Nondimeno Mainwairing se ne servì per ribadire il concetto a lui caro che una vittoria di Burdett avrebbe significato una vittoria per il giacobinismo e la rivoluzione.
Prevedendo che i proprietari avrebbero potuto essere influenzati dagli argomenti di Mainwairing, Burdett replicò con un abile pezzo di oratoria elettorale, inteso a rassicurarli senza alienarsi le simpatie dei radicali:

«Quel giorno è stata fatta un'allusione a una gloriosa circostanza che si verificò alcuni anni fa in un paese vicino, la presa della Bastiglia. Egli non ripensò mai a quell'importante avvenimento senza sentirsi partecipe della gioia che ogni mente indipendente provò in quell'occasione e provava ancor maggior soddisfazione ogni volta che considerava che non vi era alcuna necessità di un gesto simile in questo paese; infatti confidava che gli inglesi, con un comportamento fermo, rispettoso delle leggi e della costituzione, avrebbero potuto ottenere senza violenza ciò che lo sfortunato popolo francese non aveva potuto ottenere con altri mezzi» (60).

Pur presentandosi come paladino della gente comune, Burdett stava attento a mantenere le distanze dagli estremisti giacobini e rivestiva la sua opposizione alla Bastiglia con la retorica del più rigoroso costituzionalismo. Era Mainwairing, non lui, che metteva in pericolo la monarchia britannica, sostenendo misure repressive che provocavano il disprezzo per la legge fra la gente comune.
Gli elettori si sentirono rassicurati da queste argomentazioni, come lo furono dal fatto che Burdett fosse genero dell'eminente banchiere londinese Thomas Coutts (61). Il giorno delle elezioni Burdett ottenne una vittoria di stretta misura. Quando fu annunciato il risultato, una folla immensa, calcolata da alcuni giornali in mezzo milione di persone, scortò la carrozza di Burdett in una trionfale sfilata dalle tribune elettorali di Brentford fino alla sua casa a Piccadilly, fermandosi lungo il percorso per cantare in coro l'inno della rivoluzione francese, "Ça ira", davanti al palazzo di Saint James. Il «Morning Chronicle» descrisse la vittoria di Burdett come un'«espressione spontanea e onesta di indignazione contro il sistema d'isolamento» (62). Essa dava anche voce alla repulsione sentita fra gli elettori per la soppressione delle libertà civili durante gli anni del governo di Pitt.

6. Considerando retrospettivamente questi avvenimenti, è chiaro che Burdett si servì di Coldbath Fields come di uno strumento conveniente ma temporaneo, poiché dopo le elezioni trascurò del tutto il carcere. Aris, Glasse e Mainwairing continuarono a ricoprire le loro cariche e per i successivi cinque anni l'opposizione whig non fece mai alcun riferimento alla prigione nei dibattiti alla Camera dei Comuni. Il ritorno all'"habeas corpus" e la liberazione degli ultimi prigionieri politici tolsero ogni impulso al desiderio di fare dei penitenziari l'oggetto di una battaglia politica.
La questione di Coldbath Fields tuttavia non fu dimenticata e venne ripresa nuovamente nel 1807 da Alexander Stephens, membro di un circolo di radicali whig di cui faceva parte anche Burdett e che si riuniva nella casa di John Horne Tooke per simposi politici (63). Stephens cominciò a interessarsi di Coldbath Fields mentre serviva come presidente di giuria del Middlesex. Nel luglio 1807, dopo aver finito di esaminare la lista delle imputazioni, la giuria fece il solito giro nelle prigioni della contea. Stephens naturalmente sottopose Coldbath Fields a un'esame particolareggiato e trovò che gli abusi denunciati fin dal 1798 erano ancora frequenti: le pagnotte della prigione erano inferiori al peso fissato, diversi poveri erano ancora rinchiusi in celle singole in attesa di ulteriore esame dell'imputazione di furto, in violazione alla raccomandazione della commissione del 1800, i debitori erano reclusi indiscriminatamente con vagabondi e delinquenti. Stephens ascoltò inoltre alcune denunce secondo le quali il figlio di Aris avrebbe avuto rapporti con alcune detenute (64).
Nel corso dell'ispezione, Stephens udì grida e suppliche provenire da una delle celle; ordinato che fosse aperta, vi trovò un francese impazzito ridotto a uno stato pietoso, il cavaliere du Blin. Ex aiutante di campo del generale Dumourier, era stato arrestato nel maggio del 1807 quale spia e messo in isolamento. Dopo tre mesi di solitudine totale aveva cominciato a perdere la ragione. Si stracciava gli abiti e scriveva messaggi confusi sui loro brandelli, tentando di farli uscire dalla prigione. Gridava di udire la moglie e i figli torturati nella cella sotto la sua. Il caso du Blin sollevò ancora una volta un dibattito sull'isolamento.
Stephens stese una petizione in cui elencava le sue scoperte e ne inviò copie all'opposizione whig, al ministro degli Interni e ai magistrati del Middlesex. Ottenne anche l'appoggio dell'amico Richard Phillips, un influente editore che allora ricopriva la carica di sceriffo di Londra; questi conosceva personalmente la situazione nelle prigioni avendo trascorso diciotto mesi nel carcere di Leicester, durante gli anni Novanta, per aver venduto il "Rights of Man" di Paine. Phillips confermò le accuse di Stephens inviando ai magistrati del Middlesex una lettera in cui dichiarava che l'insufficienza delle pagnotte date ai detenuti era stata verificata davanti a lui alla Guildhall. I magistrati risposero, come ci si poteva aspettare, che Phillips era stato «ingannato» (65); i prigionieri non erano mai stati derubati sulla loro razione, anche se in alcuni casi qualche pagnotta poteva pesare meno del dovuto. Questa volta tuttavia l'appoggio ufficiale all'amministrazione carceraria e ai magistrati era notevolmente meno entusiastico che nel 1800. Quando Sheridan presentò la petizione di Stephens alla Camera dei Comuni, il governo ammise che «vi era stata negligenza in alcuni settori» e lo stesso Wilberforce confessò che, «pur avendo avuto molti benevoli effetti», il sistema di isolamento «poteva dar luogo ad abusi» (66). Tutti i gruppi alla Camera approvarono la nomina di una seconda commissione d'inchiesta. Al pari della precedente, anche stavolta la commissione riuscì ad evitare qualsiasi censura dei giudici o del direttore, esaminando le accuse contro di loro in un senso puramente letterale, ma confermò nondimeno la verità delle argomentazioni di Stephens. La commissione riconobbe che du Blin aveva perso la ragione durante l'imprigionamento, sebbene decidesse di interpretare il fatto come una prova della suscettibilità del temperamento gallico sotto eccessive tensioni, piuttosto che dare la colpa all'isolamento; raccomandò quindi che fosse trasferito al manicomio di San Luca. Confermò, come la precedente commissione, che debitori, vagabondi e delinquenti minori non erano tenuti separati, mentre le persone in attesa di giudizio continuavano a essere lasciate in segregazione. I prigionieri venivano rinchiusi nelle celle al calar della notte, ma potevano muoversi liberamente nei cortili e nei corridoi durante il giorno. La commissione rilevò che i detenuti erano sporchi, oziosi, dissoluti e sboccati. Confermò che il figlio di Aris aveva imposto le proprie attenzioni ad alcune prigioniere, ma sostenne curiosamente che il padre non poteva essere ritenuto responsabile della condotta del figlio all'interno del carcere (67). Risultava chiaramente che la vecchia subcultura carceraria, diffusa prima del 1775, era riaffiorata in un'istituzione apparentemente «moderna», con tutto il complesso di rapporti corrotti fra personale di custodia e detenuti.
Non vi sono prove che dimostrino che il rapporto del 1808 abbia ricevuto maggior attenzione di quello del 1800. Aris riuscì a sopravvivere anche a questa seconda imputazione di corruzione e incompetenza, come aveva fatto con la prima; i magistrati lo lasciarono al suo posto perché non avevano a disposizione un sostituto.
Anche se la gestione del carcere non mutò, gli attacchi sferrati contro di esso nel corso di tanti anni ebbero un effetto permanente. I penitenziari e la Bastiglia finirono per essere indissolubilmente legati nell'immaginazione popolare. Nel 1811 il "Dictionary of the Vulgar Tongue", una raccolta di espressioni del gergo popolare londinese, riportava "Steel" come termine usato dai poveri per designare le case di correzione e in particolare Coldbath Fields. "Steel" o "Stile" era un'abbreviazione di Bastille (68), come "Stone Jug" era un termine gergale per designare Newgate (69) e entrambi restarono attaccati alle istituzioni; nel 1850 dei giornalisti osservarono che alcuni ragazzi poveri appena rilasciati da Coldbath Fields si riferivano al carcere con il nome di "Stile" (70). La persistenza di questi termini indica quanto a fondo avesse agito la campagna di Burdett nella coscienza dei poveri. In effetti il termine Bastiglia divenne un grido di battaglia dell'opposizione popolare alle istituzioni totali del Diciannovesimo secolo. Negli anni Trenta essa fu applicata dai poveri alle case di correzione parrocchiali, oggetto di odio profondo. Quando fu inaugurata Pentonville nel 1842, un piccolo giornale radicale la definì con il termine di Bastiglia (71). La lotta contro le «Bastiglie» ebbe inoltre l'effetto di aprire gli occhi ai sostenitori della riforma carceraria. Nel 1808 Richard Phillips, sceriffo di Londra, scrisse all'anziano G. O. Paul, chiedendogli di ispezionare le prigioni di Londra e formulare proposte di riforma. Paul respinse l'offerta di Phillips in una lettera con cui rivelava quanto il suo antico entusiasmo fosse diminuito e scrisse di essere convinto che gli assessori di Londra avrebbero continuato a ignorare le sue raccomandazioni come avevano ignorato quelle di Howard. Riferendosi alle agitazioni verificatesi a Coldbath Fields, egli continuava:

«A proposito della voce popolare della Metropoli, se Howard fosse stato ancora vivo, come me, alla fine del Diciottesimo secolo, avrebbe dovuto sopportare l'umiliazione di vedere le proprie idee e i propri progetti, al pari dei miei, fatti oggetto di volgari libelli e, come me, anch'egli sarebbe stato costretto a difendersi da accuse di crudeltà e insensibilità a proposito di quelle stesse azioni attraverso le quali egli credeva religiosamente di fare il proprio dovere di cristiano e di perseguire la politica di un filantropo illuminato» (72).

Paul concludeva con stringatezza: «Sono stanco di fatiche inutili». La seconda generazione di riformatori, emersa dopo le guerre napoleoniche come sostenitrice dell'opera di Elizabeth Fry fra le prigioniere di Newgate e della lotta per la costruzione di un penitenziario nazionale a Millbank, restò fortemente influenzata dalla reazione contro l'isolamento. Essa si oppose infatti al regime di solitudine e si preoccupò di rassicurare un'opinione pubblica scettica di essere favorevole al contatto fra prigionieri e ai gruppi di lavoro nelle case di correzione. Per placare l'ansia popolare nei confronti delle proprie proposte, coniò l'eufemismo «reclusione separata» (73). Questo sforzo di rivestire le idee di Howard con un linguaggio più accettabile non ottenne un successo consistente. La resistenza all'isolamento rimase forte e fu una delle principali ragioni per cui la proposta di un penitenziario venne accolta tanto lentamente in Inghilterra dopo gli anni innovatori del decennio 1780-1790.

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