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Marx e la pena 4. "Il mistero svelato del «punto di vista»".

«Rodolfo non rimane fermo al suo elevato» (!) «punto di vista... egli non teme la fatica di occupare con libera scelta i punti di vista che stanno a destra e a sinistra, in alto e in basso». Szeliga.

Uno dei misteri principali della critica critica è il «punto di vista» e la valutazione del punto di vista del punto di vista. Per lei, ogni uomo, così come ogni prodotto spirituale, si trasforma in un punto di vista.
Niente è più facile che scoprire il mistero del punto di vista, se si è penetrato il mistero generale della critica critica, consistente nel riscaldare nuovamente il vecchio cavolo speculativo.
Sia anzitutto la critica stessa a esprimersi per bocca del patriarca, del signor Bruno Bauer, sulla sua teoria del «punto di vista».

«La scienza... non ha mai a che fare con questo individuo singolo o con questo punto di vista determinato... Indubbiamente, essa non mancherà di fare ciò, e supererà il limite di un punto di vista, se ne vale la pena e se questo limite ha realmente un significato umano universale; ma essa considera questo limite come pura categoria e determinatezza dell'autocoscienza e parla quindi solo per coloro che hanno l'ardire di elevarsi all'universalità dell'autocoscienza, cioè per coloro che con tutte le loro forze non vogliono rimanere in quel limite» («Anekdota», vol. 2, p. 127)

Il mistero di questo ardire baueriano è la "Fenomenologia" di Hegel. Poiché, qui, Hegel pone al posto dell'uomo l'autocoscienza, la realtà umana più diversa appare solo come una forma determinata come una determinatezza dell'autocoscienza. Una semplice determinatezza dell'autocoscienza è, però, una «pura categoria», un semplice «pensiero», che io quindi posso sopprimere anche nel «puro» pensare e posso superare mediante il pure pensare. Nella "Fenomenologia" di Hegel i fondamenti materiali, sensibili, oggettivi, delle diverse figure alienate dell'autocoscienza umana sono lasciati sussistere e tutta quanta l'opera distruttiva ha avuto come risultato la filosofia più conservatrice, dato che si crede di avere superato il mondo oggettivo, il mondo sensibilmente reale, appena lo si è trasformato in una «cosa del pensiero», in una semplice determinatezza dell'autocoscienza e appena si può quindi dissolvere l'avversario, diventato etereo, nell'«etere del pensiero puro». La "Fenomenologia", quindi, si conclude conseguentemente con il porre, al posto di tutta la realtà umana, il «sapere assoluto»: il sapere, perché questo è l'unico modo di esistere dell'autocoscienza e perché l'autocoscienza rappresenta l'unico modo di esistere dell'uomo; sapere assoluto, appunto perché l'autocoscienza sa soltanto se stessa e non è più disturbata da un mondo oggettivo. Hegel fa dell'uomo l'uomo dell'autocoscienza, anziché fare dell'autocoscienza l'autocoscienza dell'uomo, dell'uomo reale, vivente quindi in un inondo reale, oggettivo, dell'uomo condizionato da questo mondo. Hegel pone il mondo sulla testa e quindi può anche risolvere nella testa tutti i limiti, con il che naturalmente essi continuano a sussistere per la cattiva sensibilità, per l'uomo reale. Inoltre, egli considera necessariamente come limite tutto ciò che rivela la limitatezza dell'autocoscienza universale, tutta la sensibilità, tutta la realtà, tutta l'individualità, degli uomini e del loro mondo. Tutta la "Fenomenologia" vuole dimostrare che l'autocoscienza è la sola realtà e tutta la realtà.
Negli ultimi tempi il signor Bauer ha ribattezzato il sapere assoluto chiamandolo critica, e la determinatezza dell'autocoscienza chiamandola "punto di vista", che è parola dal suono più profano. Negli «Anekdota», i due nomi rimangono ancora insieme, e il punto di vista è ancora spiegato mediante la determinatezza dell'autocoscienza.
Poiché il «mondo religioso in quanto mondo religioso» esiste solo come il mondo dell'autocoscienza, il critico critico - teologo ex professo - non può affatto arrivare al pensiero che ci sia un mondo in cui coscienza ed essere sono distinti, un mondo che continua a sussistere, se io sopprimo semplicemente la sua esistenza pensata, la sua esistenza come categoria, come punto di vista, cioè se io modifico la mia propria coscienza soggettiva senza mutare la mia propria realtà oggettiva, la mia propria e quella degli altri uomini. L'identità mistica, speculativa, di essere e pensiero, si ripete, perciò, nella critica, come l'identità egualmente mistica di prassi e teoria. Di qui la rabbia della critica contro la prassi, che vuole essere anche qualcosa di diverso dalla teoria e contro la teoria che vuole anche essere qualcosa di diverso dalla dissoluzione di una categoria determinata nell'«universalità illimitata dell'autocoscienza». La teoria della critica si limita a dichiarare che tutto ciò che è determinato è un'opposizione rispetto all'universalità illimitata dell'autocoscienza, e che quindi è un nulla; così per esempio lo Stato, la proprietà privata, eccetera. E' necessario all'opposto dimostrare che Stato, proprietà privata, eccetera, trasformano gli uomini in astrazioni, o che sono prodotti dell'uomo astratto, anziché essere la realtà degli uomini individuali, concreti.
E' chiaro di per sé infine che, se la "Fenomenologia" di Hegel, nonostante il suo peccato originale speculativo, dà in molti punti gli elementi per una reale caratterizzazione dei rapporti umani, il signor Bruno e soci forniscono invece solo la caricatura priva di contenuto, una caricatura che si accontenta di estrarre da un prodotto spirituale, o anche da rapporti e movimenti reali, una qualsiasi determinatezza, di trasformare questa determinatezza in una determinatezza del pensiero, in una categoria, e di far passare questa categoria come il punto di vista del prodotto, del rapporto e del movimento, per potere quindi, con sapienza presuntuosa, dal punto di vista dell'astrazione, della categoria universale, dell'autocoscienza universale, guardare giù trionfalmente verso questa determinatezza.
Come per Rodolfo tutti gli uomini si collocano nel punto di vista del bene o in quello del male e sono giudicati secondo queste due rappresentazioni fisse, così, per il signor Bauer e soci, tutti gli uomini si collocano nel punto di vista della critica o in quello della massa. L'uno e gli altri trasformano però gli uomini reali in punti di vista astratti.


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