Sulle droghe

di Gruppo di UR





Essendo stato fatto cenno nel vol. II, p. 140, a quelle che nell'ermetismo alchemico sono state chiamate le «acque corrosive », per molti punti di contatto e per alcuni particolari giudichiamo utile pubblicare le istruzioni riservate circa un uso superiore delle droghe, di un gruppo col quale siamo stati in contatto. Per il lettore, un punto da rilevare è la differenza assoluta delle esperienze considerate, e del loro orientamento, rispetto all'uso diffusissimo profano che della droga sta facendo l'ultima generazione, con effetti che possono solo essere di degradazione e di autodistruzione.

Per qualsiasi specie di droghe, compresi i semplici eccitanti, non per un uso profano ma per finalità superiori, bisogna considerare anzitutto la cosiddetta equazione tossica personale. Essa è stata definita come «la reazione funzionale psico-fisica ad una data sostanza di un dato individuo, che decorre diversamente che in altri individui, non solo per quantità ma anche per qualità ». La causa profonda di queste differenze è rimasta ignota. Le ricerche tossicologiche ritengono non definibile il modo dell'azione delle droghe e degli stupefacenti, quanto ai loro effetti, perché se sono in gioco reazioni chimiche, non appare, con ciò, piu chiaro il meccanismo di azione di tutte queste sostanze. Così si deve seguire l'idea, che si tratti essenzialmente di stimoli, i quali possono interessare strati assai diversi dell'essere, provocando reazioni che dipendono dalla struttura di tali strati nell'individuo di cui si tratta.

Nella misura in cui all'individuo sia dato di agire su questi strati, cioè di predisporli nell'uno o nell'altro senso o di avviare lo stimolo verso l'uno o l'altro di essi strati, l'equazione tossica personale diverrà variabile, ossia ci si può attendere, o un genere speciale di effetti che in altri non si produrrebbero affatto, ovvero effetti diversi da quelli che si avrebbero nello stesso individuo per effetto dell'una o dell'altra droga, quando egli affrontasse in modo passivo queste esperienze. In ciò devesi vedere il principio fondamentale di ogni impiego non profano delle droghe. Nell'uso non profano delle droghe è dunque da considerarsi:

1) la predisposizine naturale dell'individuo;

2) la preparazione, che crea un orientamento ben determinato, il quale a sua volta condizionerà la direzione di efficacia delle sostanze usate e il decorso delle esperienze;

3) il canale costituito dall'aggregazione dell'individuo ad una catena o tradizione, aggregazione che può provocare l'innesto di una corrente psichica specifica, ed anche esperienze d'ordine superiore se si tratta di droghe che, o per la loro natura, o per la loro alta dose, ograzie ad un loro uso particolare portano oltre i contenuti e le reazioni della coscienza e della subcoscienza soltanto individuale.



Per entrare in dettagli, è necessario la suddivisione corrente delle droghe in:

1) eccitanti;
2) euforici;
3) inebbrianti;
4) allucinogeni;
5) narcotici.

Gli eccitanti leggeri piu noti in Occidente sono il caffè e il tè. Per chi vi è abituato, è evidente che il loro uso non ha un qualsiasi interesse. Se non vi si è abituati e se quindi si è in grado di avvertire distintamente un effetto, questo effetto non è nocivo, ma utile per la concentrazione mentale lucida. Fra gli eccitanti rientra il tabacco. Per esso si deve ripetere quello che si è detto or ora: l'abitudine, nella vita profana, ne paralizza l'utilizzabilità. Invece l'uso saltuario di tabacco forte e autentico (per esempio sigari tipo Brasile o Avana), se lo si sopporta, può provocare uno stato di ebbrezza attiva nel quale si mantengono tutte le facoltà intellettuali e volitive. Fra gli indigeni di America succhi altamente concentrati di tabacco a digiuno erano e sono usati per scopi iniziatici e come preparazione a visioni dei neofiti in ritiri sui monti. Ma si conosce poco piu di questa vaga indicazione.

Gli euforici portano più oltre la stessa azione degli eccitanti, senza ancora provocare particolari cambiamenti di stato. Vi si possono annoverare la simpamina, il pervitin, l'aktedron ed altri preparati del genere. Dipende dall'equazione tossica personale quale di queste sostanze può produrre un vero stato euforico, i cui effetti positivi possono essere una piu alta presenza lucida a sé stessi e una dinamizzazione delle facoltà psichiche e anche dell'intelletto. Il discepolo non deve però lasciare che questi vantaggi si sprechino, non approfittandone per scopi comuni.

Quando la sostanza non corrisponde all'equazione tossica personale, cioè non si addice alla propria costituzione, l'effetto euforico è minimo e viene in risalto il risultato negativo (da attendersi però, come successiva ripercussione, anche negli altri casi, cioè nei casi positivi); l'impossibilità a prendere sonno nelle 24 ore consecutive all'uso. Già riguardo la categoria degli euforici si deve mettere in guardia, perché si delinea la possibilità di quella deviazione dell'esperienza, che in massimo grado si presenterà nell'uso delle droghe vere e proprie, degli stupefacenti e degli allucinogeni. Si tratta del pericolo di una euforia che investe il corpo di sensazione, suscitando un piacere, un senso diffuso di voluttà come tono di ogni sensazione. Questo pericolo si presenta in modo precipuo nell'uso della morfina, della cocaina e dell'eroina, sostanze le quali, se nel loro uso non si arriva ad alte dosi, possono ancora rientrare nella categoria degli euforici. Nel considerare questo pericolo si entra anche nel campo di ciò che dipende dall' atteggiamento particolare del soggetto e dalla sua facoltà di controllare e di dirigere tutta l'esperienza. Infatti a lui è dato - se ha l'abitudine al controllo sottile di sé - di impedire che l'azione delle droghe investa essenzialmente o esclusivamente il corpo di sensazione, risolvendosi nella euforia di piacere.

Non è possibile tracciare una netta linea di separazione fra euforici e inebbrianti. Gli insegnamenti tradizionali antichi hanno considerato molte forme di ebbrezza sacra e profana. La verità è che non esistono ebbrezze sacre opposte a ebbrezze profane, ma una ebbrezza è sacra oppure profana a seconda del modo con cui il discepolo l'assume e la esperimenta, a seconda del piano su cui la lascia agire. Sembra però che la diversa costituzione dell'uomo moderno escluda quelle forme di una ebbrezza capace di condurre fino all'estasi, che nell'antichità e nelle "orge" dei Misteri erano state considerate. Si allude sempre a ebbrezze provocate da sostanze e da bevande.

Le due ultime categorie delle droghe sono gli allucinogeni e i narcotici. Essi hanno in comune la proprietà di interrompere la coscienza normale di veglia. Coi narcotici, fra i quali si possono far rientrare gli anestetici, questa interruzione può corrispondere alla pura e semplice perdita della coscienza, alla produzione del sonno profondo e della letargia. Altrimenti lo stato risultante è la liberazione della fantasia dai sensi fisici, sullo stesso piano di tutto quello che accade nel sogno. Le droghe in senso proprio hanno il carattere prevalente di allucinogeni; ma vi si può aggiungere un effetto parallelo euforico, con la variante predominante e pericolosa dell'indicato sentimento di voluttà ed anzi di beatitudine. Questo è il caso soprattutto per gli estratti di canapa, pel principio attivo delle solanacee, per l'oppio e l'hashish. Però a questo proposito sono state egualmente constatate reazioni diversissime del soggetto, reazioni che non è possibile né prevedere né spiegare in modo positivo. Una di queste droghe, che è stata usata anche dagli indigeni americani a scopi magici, perché si pensava che potesse far entrare in rapporto con la divinità o con gli dèi, è il peyotl. Da esso attualmente è stato ricavato l'anhalonium lewini, di cui anche Aleister Crowley ha fatto largo uso.
Gli effetti abituali (normali nell'uomo comune) sono descritti come «uno speciale risveglio di un piacere di una qualità particolare, unito alla percezione di fantasmi sensibili o della più alta concentrazione della vita interiore più pura, sebbene con aspetti assai speciali, superiori alla realtà, mai immaginati, tanto che il soggetto crede di essere trasportato in un mondo diverso e nuovo dei sensi e dello spirito ». Questa descrizione indica le due facce possibili dell'esperienza. Effetti dello stesso genere sono prodotti dal mescal, di origine egualmente americana, da cui viene prodotta farmaceuticamente ed è in commercio la mescalina. Come effetti, sono indicati visioni, allucinazioni e sensazioni anormali del corpo, però la coscienza restando chiara e attiva, e l'attività del pensiero svolgendosi nel modo normale. Con la mescalina sono stati. fatti anche esperimenti controllati perché il soggetto mentre vive queste esperienze può mantenersi in rapporto e comunicare con altri. Ciò apre delle possibilità, quando sia ad assistere un Maestro. Questi dovrebbe però avere cognizioni circa il dosaggio della droga. Essa non è facile da trovare senza prescrizioni mediche. Inoltre per essa, e per tutte le altre dello stesso genere, vi è da rilevare che praticamente è quasi impossibile trovarle direttamente preparate dalle sostanze (sono piante); si trovano delle preparazioni chimiche sintetiche, nelle quali diversi elementi sottili delle droghe vengono distrutti e non agiscono nel senso che a noi interessa. Il decorso nel, caso del mescal, è il seguente:
Si provano dapprima sensazioni anormali del corpo: grande leggerezza o pesantezza, sentimento di volare o di sprofondare. Poi si hanno dei fenomeni visivi, con figure prevalentemente geometriche. Piu oltre si presentano delle immagini e dei panorami, in genere con colori fantastici. Tutte queste fasi debbono essere osservate e lasciate dietro di sé. Segue una fase di visioni simboliche, piene di un significato o palese o nascosto. Per questo stato, valgono le stesse cose che si diranno più oltre parlando degli effetti dell'etere all'ultimo stadio. Però i più perdono la coscienza prima di raggiungere quest'ultimo stadio, che è quello essenziale per fini spirituali. L'uso delle droghe ad effetto esclusivamente di allucinogeni, come sarebbero l'oppio e l'hashish, è assolutamenta da sconsigliare al discepolo, per un uso iniziatico. L'effetto della dinamizzazione della fantasia è così diretto e violento, che lo spirito cade in una condizione (avvertita o - ancor peggio - inavvertita) di passività, divenendo il semplice spettatore di una fantasmagoria. Per le droghe che hanno questa azione, il pericolo spirituale è costituito dalle deviazioni già dette, dall'attivazione vampirica del corpo di sensazione. Se non si ha una preparazione ascetica e iniziatica molto sviluppata, e convalidata (messa alla prova) in modo severo, è difficile che lo spirito sappia resistere alla tentazione di cedere, di identificarsi e di immergersi nelle sensazioni di piacere estatico e di beatitudine. Da noi, questo viene considerato come uno stato regressivo e solamente dissolutivo, il quale conduce ad un livello spirituale piu basso di quello del profano.

Il pericolo ora indicato è minore nell'uso dei narcotici. in senso proprio, perché essi in genere non destano quelle sensazioni. Essi possono anzi a tutta prima provocare delle reazioni vive di ripulsa e stati organici assai sgradevoli. La facoltà di dominare queste reazioni e di vincere questi stati è però già una garanzia per la presenza, nel soggetto, di una forza, che dà affidamento per un susseguente decorso positivo e non deviato dell'esperienza. La difficoltà principale nell'uso dei narcotici è, naturalmente, quella di mantenere la coscienza. Si deve però notare che anche nell'uso dell'anhalonium lewini e del mescal (o mescalina) si presenta una difficoltà dello stesso genere. Infatti a noi risulta che pochi riescono a raggiungere lo stato in cui, dopo sensazioni fisiche anormali, le visioni, le allucinazioni, ecc. si producono esperienze iniziaticamente interessanti. Spessissimo si perde la coscienza prima di arrivare a tanto. Si interrompono anche i rapporti eventuali con chi può assistere. Questa difficoltà è poi quasi insuperabile per i più, nel caso del cloroformio. Inoltre è difficile somministrarsi il cloroformio, da sé. L'una e l'altra cosa, a cagione della sua azione non graduabile e poco regolabile.

Per esperienze individuali può servir meglio l'etere. La sostanza si può facilmente trovare. È consigliabile la qualità raffinata che si usa non per, semplice anestetico ma per la narcosi in chirurgia. La tecnica da usare è progressiva, e si può regolare da sé. Il tempo piu propizio è la sera, a distanza dai pasti (a digestione compiuta), a letto. La prima fase, in un primo periodo di esperienze, è l'inspirare lentamente e profondamente l'etere dalla boccetta per una narice tenendo chiusa l'altra narice con un dito, e espirando l'aria per la bocca. La seconda fase, in un secondo periodo di esperienze, è l'inspirare lentamente e profondamente con la bocca l'etere e l'espirare l'aria col naso. Dal punto di vista fisico, bisogna avere un controllo dell'organismo, perché molto spesso al principio nei piu si producono stimoli improvvisi e violenti pi nausea e di vomito. È importante restare assolutamente immobili, perché ogni movimento favorisce i conati di vomito. Questi conati possono e debbono venire arrestati sul sorgere. In seguito, non si manifesteranno più, a meno che il soggetto sia assolutamente refrattario per la sostanza. In tal caso si dovrà rinunciare all'etere. Bisognerà calcolare che, nei primi tentativi, ad un certo momento si perderà la coscienza e si cadrà nel sonno. A poco a poco si acquista la facoltà di conservare sempre piu a lungo, per gradi, la coscienza. Condizioni interne: Occorre disporre di una particolare forza di concentrazione, di raccoglimento e di vigilanza sulle sensazioni, oltre ad un atteggiamento assolutamente attivo. Il secondo requisito è la chiave di ogni decorso iniziatico dell'esperienza, anche per prevenire i pericoli della sua deviazione e, in generale, del servaggio dalla droga. L'atteggiamento attivo è simile a quello di chi, pronto, aspetta per spiccare un salto. Perciò non si deve attendere semplicemente che le sensazioni e i mutamenti della coscienza si manifestino, ma come un ragno che sta attento al centro della rete, occorre afferrarle subito e farvi corrispondere un atto della propria coscienza. In secondo luogo, l'atteggiamento di attività significa non lasciarsi sorprendere e sopraffare dalle sensazioni, per quanto intense, inaspettate, seducenti e meravigliose che siano; al loro presentarsi, all'aprirvisi, vi si deve unire una forza propria. Per esempio, se la sensazione ha la carica cinque, per l'aggiungervisi dell'Io (che, però, ciò facendo non deve alterarla né interromperla) la carica dovrà essere, diciamo, sette. Si avrà così un vantaggio di due di fronte allo stimolo. Questa è, anzitutto, la condizione affinché non si passi al regime delle sensazioni passive nelle quali viene attivato soltanto il corpo di sensazione, con regresso della volontà, come nel corso normale dell'azione degli stupefacenti sul profano. È, in secondo luogo, la condizione per mantenere l'indipendenza dalla droga. È stato verificato che quando il discepolo ha seguito per davvero questa linea, non è, diventato lo schiavo delle sostanze. Appunto perché si cerca soltanto uno stimolo, ma il fatto volitivo resta predominante, egli ha potuto anche fare a meno di esse ad un dato momento, evitando il pericolo dell'abitudine e altre conseguenze negative. Cosi sarà sempre lui a decidere quando usare le sostanze e quando no. Si tenga però ben presente il pericolo, quando non si tiene la linea. Noi lo sottolineiamo.

Il decorso delle esperienze con l'etere (e con sostanze analoghe, anche del tipo allucinogeno), è innanzi tutto una apertura della sensibilità e della cenestesia, un senso di leggerezza estatica e di dilatazione, e un particolare suolo di risonanza che si unisce alle percezioni (dato che per un buon tratto si resta ancora in contatto col mondo esterno). Si passa ad una coscienza interna, in cui i processi mentali sono galvanizzati. Poi i processi mentali sono neutralizzati, divengono discontinui, si presentano pensieri, idee o immagini isolate che di solito hanno una intensità particolare. Bisogna stare assai attemi, nel senso di mantenere la neutralità interna, o impassibilità intellettuale, di fronte a questi pensieri perché essi possono presentare una parvenza fallace di evidenza e verità, la quale non riguarda affatto il loro contenuto, ma dipende esclusivamente dallo stato generale in cui ci si trova e in cui essi appaiono alla mente. È come un colore che può aggiungersi ad ogni cosa. Portando oltre questa fase, si possono anche verificare allucinazioni visive o uditive, a seconda della predisposizione del soggetto (immagini o voci). Anche queste hanno un carattere accidentale, secondario. Sono prive di un significato spirituale. Ma vi è chi si arresta là. La fase successiva è una più alta libertà estatica, sgombra da contenuti psichici. Essa corrisponde allo stato di sonno nell'uso comune. Di solito il punto di passaggio è contrassegnato da un sentimento di terrore o di angoscia. Si crede che se si fa un solo passo piu avanti, si morirebbe. Anche immagini o voci possono rafforzare questa sensazione. Occorre avere una intrepidezza e voler andare assolutamente avanti, «succeda quel che succeda ». Se la coscienza tiene fermo fino a questo stato (dopo il punto morto), questo è lo stato in cui possono prodursi fenomeni d'importanza iniziatica, se lo sperimentatore ha il circolo esorcistico di protezione, per crisma di catena, o per naturale dignità, o per acquisita dignificazione. Devesi tener presente che lo stato ora indicato è uno stato psichico di vuoto. Il vuoto attira forze, influenze, « archetipi» dell'inconscio e del regno intermedio, non materiale ma non divino. È già una valida garanzia se la coscienza si è mantenuta, se si è conservata e non dissolta come coscienza dell'Io, fino a questo stato; ciò sta a dire che delle tre condizioni protettive anzidette una è presente. Allora lo stesso principio «Io» può avere una virtù esorcistica, con la sua sola presenza. Ma, in più, la condizione attiva deve conservarsi, non nel solo senso di presenza a sé e di affermatività coraggiosa, ma anche come facoltà di invocazione: orientarsi verso l'alto, desiderare profondamente la trasfigurazione. Se, in questo stato, la soluzione negativa (dovuta alla mancanza del circolo esoterico protettivo con virtù esorcistica) è una fantasmagoria visionaria che si incontra con tutte le fantasie teosofiche, nella soluzione positiva la realizzazione essenziale può proprio essere la dischiusura iniziatica dell'Io, l'esperienza della seconda nascita. La grandissima diversità delle disposizioni individuali non permette di indicare ad estranei schemi generali, per tutto ciò che può verificarsi, e che è possibile, in via di principio, in questo stato. Non potendo esservi una guida in queste esperienze, perché, a differenza di quelle col mescal o con l'anhalonium, non si può avere a fianco un Maestro o assistente con cui restare in rapporto, ognuno deve cercarsi la via da sé e organizzare da sé l'esperienza, seguendo le proprie intuizioni e secondo la sua responsabilità, in ripetuti tentativi. L'uso dei simboli viene da noi considerato. Nel passaggio a questo stato di superiore libertà, la proiezione di un simbolo può essere un appoggio. Il simbolo può fare anche da base per la dischiusura iniziatica della coscienza dell'Io, se viene scelto così da avere questa funzione. La tradizione a cui il discepolo appartiene per regolare aggregazione, ovvero la linea coltivata nella propria seria e lunga via individuale basandosi su affinità elettive adeguatamente verificate, indicheranno, caso per caso, quale simbolo si presti a questa funzione. In più, lo stato accennato rappresenta, in genere, quello in cui può prodursi la dischiusura illuminativa o inspirativa del contenuto di ogni simbolo in genere, grafico (visivo), verbale o concettuale: ideogrammi e pentacoli. Si vuol dire che chi ha padroneggiato adeguatamente questo stato, se, trovandosi in esso, proietta un dato simbolo (s'intende: sempre di quelli veri, non arbitrari, delle tradizioni sacre iniziatiche o della nostra catena), di esso può rivelarglisi il senso occulto sintetico e intuitivo, in un atto della luce intellettuale, al difuori di ogni elemento discorsivo concettuale e interpretativo. I simboli, in questa dimensione, sono realtà metafisiche. Hanno dunque un contenuto sia conoscitivo, sia magico. Come le esperienze dell'iniziazione e della teurgia, così anche questi stati, provocati artificialmente, della coscienza possono dunque avere un potere anche evocatorio. Con essi si può tendere a realizzare un rapporto con delle entità negli stessi termini descritti nel fascicolo sulla teurgia di catena. L'individuo che opera da sé, anche se protetto dall'orientamento del suo spirito e da un crisma di catena, non si avventurerà però alla leggera in questo dominio, perché non potrà mai avere la sicurezza che il suo circolo magico non abbia archi di minore resistenza. Così i Maestri esortano a perseguire esclusivamente la ricerca della luce intellettuale e della dischiusura iniziatica dell'Io quando si usano droghe, sulla linea dei narcotici e degli allucinogeni. Si dovrà tenere presente che tutte le condizioni indicate per l'atteggiamento dello spirito (attività, lucidissima vigilanza, conversione attiva del contenuto delle sensazioni, ecc.) valgono anche per l'uso non profano di sostanze di un genere diverso, di inebbrianti, ecc., l'azione delle quali non porta fino al distacco dalla coscienza. Giunti ad un dato punto dell'esperienza con l'etere (punto soddisfacente o non ancora soddisfacente), si deciderà di smettere. Basterà questa decisione, la quale revoca il decreto di presenza a sé della coscienza, a che segua subito un sonno profondissimo senza sogni. È un sonno benefico.

Ripercussioni: Bisogna guardarsi bene, si ripete, dal contrarre un'abitudine, con l'uso di questa o di qualsiasi altra droga. Per ottenere degli effetti, e già per allenarsi e superare le prime difficoltà, è naturale che occorra un dato periodo di pratica serrata. Ma saranno sempre periodi determinati, per i quali a volta a volta ci si deciderà, lasciando passare intervalli di tempo. Per poco che si sia concesso margine all'assorbimento passivo degli stati estatici da parte del corpo di sensazione, nel caso di un'abitudine anche parziale alla droga la ripercussione sarà uno stato o sentimento di estraneità al mondo, di insofferenza quasi fisica per la vita ordinaria. Per questo, vi sono casi frequenti di eteromani profani che si sono uccisi. Nel campo delle ripercussioni positive: la mattina e il giorno successivo alla pratica si potrà esperimentare una specie di animazione e di apertura inspirante delle esperienze esterne; nelle cose, nelle persone, nei paesaggi, nei fenomeni naturali potrà essere percepito direttamente un significato profondo e evidente; si rivelerà il loro essere vero. Per ottenere percezioni di questo genere, esse essendo assai facilmente soffocate dal modo ordinario di sentire, bisogna mantenersi aperti nello spirito, e isolati, cioè senza commercio diretto con gli altri. Specialmente nei primi esperimenti, il periodo scelto è bene trascorrerlo in campagna, non vedendo quasi nessuno, parlando il meno possibile, evitando le letture e non tenendo il pensiero applicato. Solamente quando si è rafforzata la sensibilità sottile i benefici di cui si è parlato (frange di ripercussione) potranno ottenersi, più attenuati, anche nella vita di città. Però essi a poco a poco svaniscono, e qui vi è di nuovo il pericolo di asservirsi alle droghe per rinnovarli.

Il discepolo non deve dimenticare che l'oggetto di queste istruzioni è sempre un'« acqua corrosiva ». Con questo vogliamo dire che la presenza di un nucleo interno essenziale, il quale non si lascia sommergere (tanto evitare la tossicomania) ed è in condizione di mantenersi, è, qui, un ovvio presupposto. Ciò non impedisce che l'uso di tutte queste sostanze (a differenza dei semplici eccitanti) ha come conseguenza inevitabile una disgregazione nei riguardi della compagine psichica complessiva. Solo quel nucleo non è leso. In altri termini, si ha l'effetto opposto a quello a cui può condurre la via di una integrazione crescente di tutti i principi sottili, psichici e psico-fisici intorno al nucleo dell'Io. Tutto ciò che si fosse realizzato in questo diverso senso va perduto, è distrutto con l'uso delle droghe. Così il discepolo deve riflettere, e considerare che, se per motivi seri, si è deciso per l'uso della tecnica delle droghe, egli deve attendersi che per mesi, talvolta anche per anni, si possano stabilire condizioni negative per tutto quello che egli può realizzare seguendo l'altra via (integrazione psico-fisica); e dovrà pazientare, a questo riguardo, prima di ritrovarsi al punto di partenza. Seguire invece esclusivamente la tecnica delle acque corrosive eleggendola a sistema di tutta la propria via e di tutta la propria vita, è l'altra possibilità, la quale è però cosi rischiosa, da potersi prospettare solo a individualità con una qualificazione, una costituzione e un sistema magico di sicurezza più che eccezionali.

Tratto da Gruppo di UR Introduzione alla Magia quale Scienza dell'Io - Vol. III

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